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San Bonaventura, Itinerarium mentis in Deum: la recezione nel secolo XX (giornata di studio in due sessioni - 26 settembre e 27 ottobre 2009)

 
 
 
Foto Serafini Marcella , San Bonaventura, Itinerarium mentis in Deum: la recezione nel secolo XX (giornata di studio in due sessioni - 26 settembre e 27 ottobre 2009), in Antonianum, 85/2 (2010) p. 336-343 .

In occasione del 750 anniversario (1259-2009) dell’’“Itinerarium mentis in Deum” di San Bonaventura, la provincia Toscana dei Frati Minori, in collaborazione con le Facoltà di Filosofia e Teologia della Pontificia Università Antonianum e con la Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani, ha organizzato un incontro di studio sul tema “San Bonaventura, Itinerarium mentis in Deum: la recezione nel secolo XX”. L’incontro si e tenuto in due sessioni diverse: una di carattere teologico, il 26 settembre 2009, presso il Santuario della Verna; l’altra di carattere filosofico il 27 ottobre presso la Pontificia Università Antonianum.

La scelta della prima sede ha una evidente motivazione storica: nel 1259 Bonaventura, ministro generale dell’’Ordine, si reco al monte della Verna, dove Francesco aveva ricevuto le stimmate; meditando tale evento, elaborò l’Itinerarium, in cui narra come l’uomo, prevenuto dalla grazia di Dio, possa passare dalle realtà esteriori a quelle interiori per elevarsi a quelle superiori.

Il significato di tale opera e stato ribadito anche da Papa Benedetto XVI il 6 settembre 2009, in occasione della visita a Bagnoregio in onore di san Bonaventura.

La prima sessione dell’’incontro e stata introdotta da una comunicazione della prof.ssa Barbara Faes, del Consiglio Nazionale Ricerche, che ha illustrato l’importante opera di edizione critica delle opere di san Bonaventura iniziata da p. Fedele da Fanna negli anni 1871-80 con il paterno sostegno del ministro generale p. Bernardino da Portogruaro. Quest’ultimo infatti aveva avvertito l’esigenza di promuovere e rinnovare profondamente gli studi all’interno dell’’Ordine, per formare, attraverso la lettura diretta dei testi te ologico e filosofici medievali, frati spiritualmente preparati e religiosamente motivati. Le vicende di p. Fedele da Fanna, legate a questa prima Edizione dell’’Opera Omnia di Bonaventura e alla fondazione del Collegio di Quaracchi, sono state recentemente riproposte nella ristampa anastatica della biografia di p. Vittorino Meneghin ofm, Il p. Fedele da Fanna dei frati minori (1838-1881), curata dalla stessa Barbara Faes per le Edizioni Porziuncola (2009).

La relazione del prof. Andrea Bellandi, della Facolta Teologica dell’’Italia Centrale, ha avuto per oggetto “La presenza dellItinerarium mentis in Deum negli studi inerenti san Bonaventura di Joseph Ratzinger”. L’argomento ha offerto l’occasione per presentare il volume dell’’Opera Omnia, appena edito dalla Herder, contenente tutti gli scritti di Ratzinger inerenti san Bonaventura.

E comunemente noto l’influsso che Agostino ha esercitato nella vita del teologo, sacerdote e uomo di fede J. Ratzinger; meno noto e l’apporto della riflessione bonaventuriana nel pensiero dello studioso bavarese. Non sono molti gli scritti dedicati da Ratzinger al santo francescano: tutti risalgono al primissimo periodo della sua attività accademica e riguardano la complessa questione del rapporto tra rivelazione, scrittura e tradizione; i rimandi di Ratzinger all’Itinerarium sono pochissimi e quasi tutti all’interno della ricerca giovanile concernente la filosofia della storia (di cui e recentemente uscita una nuova edizione a cura di L. Mauro; cfr. J. Ratzinger, San Bonaventura.

La teologia della storia, Edizioni Porziuncola, Assisi 2008). Secondo Bellandi, invece, l’influenza del Maestro medievale sull’impianto teologico dello studioso bavarese e stata più ampia di quanto i riferimenti diretti potrebbero far pensare. La prima parte della relazione e stata rivolta a sintetizzare i maggiori contributi che tale lavoro ha portato nella formazione teologica di Ratzinger; la seconda parte e stata orientata a dimostrare come la prospettiva teologica e spirituale presente nel testo bonaventuriano sembri riecheggiare nelle coordinate fondamentali della riflessione di Ratzinger. Lo studio del concetto di rivelazione, espressa dal Dottor Serafico in consonanza con la teologia del suo tempo, ha condotto il teologo Ratzinger a riscoprire un concetto di rivelazione nuovo e inedito: il carattere dinamico, storico, della Rivelazione, che non coincide con i contenuti, ovvero con la S.Scrittura. Di conseguenza, la nozione di rivelazione e sempre più ampia del solo scritto: non può esistere un mero ‘sola Scriptura’, ma alla Scrittura e legata la Chiesa, quale soggetto destinatario della Rivelazione, e dunque la tradizione. Tali conclusioni, cui Ratzinger pervenne nella sua ricerca, vennero considerate inaccettabili dal relatore della tesi e il giovane ricercatore fu costretto, per ottenere l’abilitazione, a presentare il lavoro in forma ridotta, cioè espunto delle prime due parti e limitato alla terza, che prende direttamente in esame la teologia della storia del Dottore francescano. Nella sua autobiografia (La mia vita, trad.it. San Paolo, Cinisello Balsamo 1997) Ratzinger si sofferma ampiamente su tali vicende.

Tale ricerca ha costituito un punto di riferimento per la comprensione dell’’idea di rivelazione. Nel suo lavoro il giovane teologo dimostrava per la prima volta che il Santo francescano si era confrontato minuziosamente con Gioacchino da Fiore, cercando di accogliere quanto poteva essere utile e integrandolo nell’insegnamento della Chiesa, segno di grande disponibilità al dialogo. Un particolare aspetto della teologia della storia bonaventuriana su cui Ratzinger si sofferma e il cristocentrismo, inteso come forza operante nella storia attraverso l’azione dello Spirito. La relazione Cristo-Spirito, caratteristica anche dell’’Itinerarium, allontana il Doctor Seraphicus dalla visione storica gioachimita. Contenuto della speranza salvifica attesa all’interno della storia e la pace, termine ricorrente nell’Itinerarium. Nel capitolo conclusivo dell’’opuscolo, Bonaventura, sotto l’influsso della teologia di Dionigi l’Areopagita, coglie, ad avviso di Ratzinger, un concetto di rivelazione più ampio di quello codificato dalla teologia tridentina. L’idea medievale di rivelazione, infatti, non si rivolge esclusivamente al passato, ma apre al presente e proietta al futuro, implicando correlativamente un’accoglienza di fede e di amore nel soggetto cui si rivolge. Tale comprensione ampia di rivelazione è stato il contributo particolare di Ratzinger durante le discussioni conciliari che hanno portato alla redazione della Costituzione dogmatica “Dei Verbum”.

Dalla mistica dell’’Areopagita deriva a Bonaventura anche l’idea della precedenza dell’’amore sulla conoscenza, con una coerente immagine della teologia.

Spesso, nei suoi interventi, Ratzinger ha ribadito lo stretto rapporto tra fede, esperienza spirituale e teologia, alla luce dell’’asserto metodologico che esclude la possibilità della conoscenza vera di un oggetto senza una qualche partecipazione affettiva del soggetto conoscente. Ciò richiama il tema della, ovvia, connessione tra teologia e santità, evidente nell’impostazione stessa dell’’Itinerarium, che tenta di descrivere l’immedesimazione con l’esperienza di Francesco, totalmente assorbito dall’amore del Crocifisso.

L’intervento di Paolo Martinelli ha evidenziato alcune influenze dirette dell’’Itinerarium nell’opera di von Balthasar (in particolare per quanto riguarda il rapporto tra esperienza spirituale e teologia, sensi spirituali e bellezza). All’interno dell’’opera enciclopedica di Von Balthasar e possibile individuare una certa attenzione nei confronti dell’’esperienza spirituale di San Francesco e di temi francescani; Bonaventura e, tra i Francescani, l’autore più citato in tutta la trilogia, in particolare dove si fa riferimento ai sensi spirituali, alla cristologia e al rapporto fra Trinità e creazione. Nel II volume dell’’“Estetica Teologica” Bonaventura e considerato ‘creatore di stili’, cioè di una modalità originale di far corrispondere esistenza e rivelazione. Persino Tommaso, in genere molto citato, e in questo caso trascurato da von Balthasar, che nel parlare di ‘stile teologico’ preferisce il Dottor Serafico; nel II volume dell’’Estetica Teologica si trovano anche riferimenti espliciti all’Itinerarium.

Secondo von Balthasar, la teologia di Bonaventura scaturisce da una esperienza fondamentale: quella dell’’origine trascendente della rivelazione, che ha la sua sorgente in Dio. Da ciò deriva il supremo gaudio, che e l’esperienza di Dio come bellezza, sperimentato da chi e radicato nell’amore. Qui emerge il tema bonaventuriano del rapporto tra teologia, santità e spiritualità, diffusa nelle opere di von Balthasar: e la consapevolezza dell’’unità del sapere teologico, in stretto collegamento con l’esperienza presente nei Padri e negli autori medievali; la separazione e successiva. Per quanto riguarda i sensi spirituali, von Balthasar privilegia l’Itinerarium; l’interesse per Bonaventura e legato all’intenzione di ribaltare il metodo del manualismo e del neotomismo partendo dalla bellezza. L’Itinerarium sembra testimoniare la bontà di questa intuizione, segno del fascino di Dio ma nello stesso tempo di un atteggiamento che non rinuncia al vero: l’approccio estetico non e una scorciatoia alla fatica del pensiero, ma innalza i sensi e l’esperienza umana.

Il giorno 27 ottobre e stato dedicato agli influssi dell’’Itinerarium in due autori di formazione filosofica: Guardini e Stefanini. Silvano Zucal, dell’’Università di Trento, ha parlato della presenza di Bonaventura in Romano Guardini. Il prof. Zucal si e occupato nelle pubblicazioni di Rahner, Guardini, von Balthasar, Bonhoeffer, ma per quanto riguarda l’attività di ricerca assume un particolare rilievo l’interesse più che decennale per Romano Guardini. E anche membro del comitato scientifico per la pubblicazione dell’’Opera Omnia di Guardini in lingua italiana presso l’Editrice Morcelliana; l’ultimo volume e dedicato proprio agli scritti su Bonaventura.

Guardini dedica a Bonaventura due lavori: la tesi di laurea del 1915 e quella di abilitazione alla docenza del 1922; ritorna inoltre su Bonaventura in altri due saggi. Nelle monografie emerge un carattere tipico di Guardini: il tentativo di entrare in relazione empatica con gli autori. Bonaventura e il primo autore trattato da Guardini ma anche l’unico cui egli ha dedicato un approccio sistematico. Ciò che di Bonaventura lo affascinava era la capacità di tematizzare a livello teoretico una profonda sensibilità esistenziale; il Dottore francescano era per lui un maestro spirituale, un teologo e solo indirettamente un filosofo: la sua filosofia gli appariva infatti per la gran parte una teologia nascosta. Guardini era affascinato dal profilo spirituale di Bonaventura quale uomo di preghiera, oltre che logico e artista, architetto del pensiero e dell’’espressione. Per il pensatore italo-tedesco, Bonaventura non e mai un teorico impersonale, ma traduce nelle opere l’impronta della propria mitezza e interiorità, nella convinzione che la teologia abbia origine e culmine nella preghiera. Bonaventura, sottolinea Guardini, ha una sensibilità mistica: fa derivare la conoscenza dalla preghiera e dalla relazione con Dio; la teologia pertanto risulta essere una sintesi di teoria e prassi, il cui scopo e quello di rendere gli uomini migliori rivolgendosi al loro cuore. Si tratta di una scienza affettiva che non deriva dal puro pensiero ma dalla virtù, che coinvolge pensiero, volontà e cuore per condurre ad una conoscenza che migliora l’esistenza.

L’incontro con Bonaventura durante gli anni di formazione ha costituito per Guardini un’influenza decisiva, fornendo al suo pensiero un’impronta platonico-agostiniana, che resterà costante. In un saggio del 1930, “Un filosofo del basso Medioevo, Bonaventura”, Guardini offre un suggestivo ritratto: Bonaventura e considerato protagonista di quella corrente agostiniana che mostra tanto interesse per il cuore, per cui filosofia e teologia hanno il loro centro nell’amore. Punto di partenza per Bonaventura, anche per le sue tesi filosofiche, e l’interesse spirituale; a proposito della domanda sulla possibilità della conoscenza, Bonaventura e debitore di Agostino: la conoscenza si ha per illuminazione, pertanto la conoscenza della verità e una illuminazione interiore. Per tale motivo in Bonaventura abbondano i riferimenti al tema della luce: l’esperienza della verità e un’esperienza di luce. Poiché l’idea e in Dio, la conoscenza e anche contatto con Dio nello spirito, e verità e valore, essere afferrati dal valore e dalla bellezza, perciò ha a che fare con l’amore; tale consapevolezza e implicita nell’espressione ‘lumen mentis’. Di conseguenza, nel pensiero bonaventuriano la conoscenza non e una sfera autonoma: ha le sue premesse negli atteggiamenti, nella vita, nell’essere e nell’agire. C’e un ordine il cui significato e insito nell’esistenza stessa e trova espressione nella gerarchia ontologica, nei gradi dell’’essere e in ogni oggetto, che assume valore simbolico. Le cose sono in relazione tra loro: tutto si muove in direzione dell’’eterno, verso l’assoluto; c’e in Bonaventura una duplice tensione, dal basso verso l’alto e dall’alto verso il basso: la pienezza della luce divina scende; reciprocamente c’e tensione del ritorno all’Uno, un eros cosmico che trova il suo culmine nella conoscenza umana. L’Itinerarium rappresenta questa tensione che conduce verso l’alto, verso Dio; la conoscenza e pertanto ascesa dello spirito: si ripete anche nell’uomo il movimento di discesa della luce e tensione al ritorno. Il movimento cosmico e quello interiore umano, quello metafisico e quello mistico, sono rappresentazione della bellezza e dell’’amore.

Il Verbo, in quanto luce che illumina, fonda l’essere e la conoscenza; Egli è similitudo del Padre, ratio aeterna, lux mentis. La luce dell’’anima influisce non solo nella conoscenza ma anche nella vita pratica, nel volere, decidere e desiderare. Tramite la luce, gli ideali della virtù diventano desiderabili, la decisione diventa sicura, consapevole, perche attinge a Dio. La dottrina della redenzione affrontata da Bonaventura e una tematica che attraversa l’itinerario di Guardini. Nell’Itinerarium la Redenzione e un tutt’uno con l’Incarnazione; di questa Bonaventura mostra l’assoluta necessita, motivata in base alla caduta umana. Cristo si e fatto scala riparatrice e soccorritrice, come afferma nel Prologo, mediatore di grazia e carità che risana l’anima. Cristo, che ha creato e salvato l’uomo, santifica l’umanità; questa e la dimensione esemplare di Cristo, per cui la vita cristiana e imitazione di Cristo, diventare suoi discepoli. La via che conduce a Dio e l’amore al Crocifisso, come insegnano s. Paolo e s. Francesco. La cristologia di Guardini e profondamente ispirata da Bonaventura: e scuola di amore che dona l’impulso ad amare in modo autentico. Cristo ha ripristinato la gerarchia intima dell’’anima, cioè l’essere ordinata verso Dio, in quanto unisce celeste e terreno ed e immagine di Dio. Stephan Oppes, docente di Metafisica nella Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Antonianum e membro del Comitato Scientifico della Fondazione Luigi Stefanini (autore su cui ha gia pubblicato vari studi), ha parlato sul tema “Gli studi di Luigi Stefanini su l’Itinerarium mentis in Deum”.

Nel 1926 Stefanini pubblicava una prima traduzione italiana dell’’Itinerarium inserita in un volume in cui Bonaventura e Platone venivano affiancati e messi a confronto sul problema religioso e morale. L’operazione aveva una duplice finalità: da una parte corrispondeva a una scelta di ‘immagine’ che va compresa nel contesto storico e culturale del tempo; si discuteva infatti in quel periodo se in Bonaventura vi fosse filosofia o meno. Stefanini si inserisce nel dibattito con un’operazione molto significativa: introduce il Dottor Serafico in un discorso teoretico come uno dei pensatori più significativi di tutta la scolastica. Si trattava di una iniziativa particolarmente importante per la storia della filosofia, anche perche il testo aveva un valore divulgativo.

La seconda finalità, e quindi operazione significativa di Stefanini, consiste nell’accostamento di Platone e Bonaventura, quale testimonianza del riproporsi del problema religioso, evidenziato da Platone nell’Eutifrone e in alcuni passi della Repubblica. Nel contesto culturale italiano degli anni ’20, dominato da tendenze liberali neo-hegeliane e anticristiane, l’operazione culturale e filosofica di Stefanini consisteva nel proporre l’Itinerarium come occasione per discutere problemi teoretici e morali. Per Stefanini sarebbe stato molto più facile parlare del problema di Dio (in un contesto hegeliano Dio si può ricondurre all’Assoluto), ma egli non accetto tale riduzione. Due anni dopo Stefanini pubblicava una raccolta di scritti sul problema religioso; nell’In troduzione distingueva otto punti di riflessione; Oppes si sofferma su alcuni (l’esistenza di Dio, il tema dell’’ontologismo e il mistero). Queste due opere vanno considerate nel contesto del pensiero di Stefanini e nel suo divenire: in particolare appartengono alla fase del cosiddetto “idealismo cristiano” (espressione particolarmente problematica ad avviso dei Padri di Gallarate).

Secondo Stefanini la pienezza della verità e il Cristianesimo: le varie filosofie, tra cui l’Idealismo, sono espressioni parziali. La sfida che Stefanini proponeva, era il tentativo di accettare, al fine di superarlo, l’Idealismo, con l’aiuto di Platone e San Bonaventura; tale tentativo pero venne censurato. La seconda fase del pensiero di Stefanini, detta “spiritualismo cristiano”, si ricollega ad Agostino e privilegia la linea dell’’interiorità. In tale contesto, quando parla di imago (e il corrispondente italiano ‘imagine’), Stefanini fa esplicito riferimento a Bonaventura, tanto che si parla di ‘imaginismo’ quale struttura portante dell’’umanesimo francescano. Stefanini sceglie l’Itinerarium per riflettere sul fenomeno religioso: in Bonaventura infatti Dio e il punto di partenza, secondo il metodo del ‘pensare cristiano’, cioè della sapienza cristiana, che invita a cominciare dalla stabilitas fidei, proseguendo attraverso la capacita della ragione, per giungere alla soavità della contemplazione. Tali sono i momenti del metodo bonaventuriano: Dio non e qualcosa cui posso arrivare con il pensiero, ma ciò da cui parto; le prove dialettiche sono soltanto exercitationes mentis; la conoscenza di Dio e originaria (conforme all’intuizione agostiniana), l’idea di Dio e l’a-priori di ogni conoscenza. Affrontando la tematica del mistero, Bonaventura, osserva Stefanini, si ricollega alla prospettiva dei Padri anteriore alla distinzione tra filosofia e teologia operata da Tommaso d’Aquino.

Stefanini parla a tale proposito, di ‘fecondità speculativa del mistero’; e quanto Bonaventura sosteneva nel Sermo IV: partire dalla stabilitas fidei, ricca di verità per il filosofo. Non siamo piu alla filosofia quale preambulum fidei come per Tommaso, ma alla concezione unitaria dei Padri; oggi dopo gli studi di Chenu e più facile ricondurre Bonaventura alle matrici teologiche monastiche e patristiche. In questa interpretazione Stefanini e avanguardista: parla di teologia che illumina i misteri dell’esistenza umana; non c’e solo pertanto una filosofia ancilla theologiae, ma anche una teologia ancilla philosophiae.

Per quanto riguarda il ragionamento che Bonaventura adotta per provare l’esistenza di Dio - se c’e l’ente possibile allora c’e l’ente necessario – Stefanini, pur rifiutando la logica aristotelica del sillogismo, vuol mostrare che l’esistenza di Dio ha una sua razionalità. Parla a tale proposito di ‘ontologismo logico’, espressione alquanto insolita e pertanto da spiegare: in Bonaventura infatti non vi e alcuna traccia di ontologismo (conoscenza immediata di Dio), piuttosto il Maestro francescano distingue tra la conoscenza che di Dio possiamo avere ‘in via’ e quella in patria. Bonaventura parla a tale proposito di cointuizione, che e un intuire Dio appoggiandosi all’imago (torna il tema dell’imaginismo). Questa tesi rappresenta una sorta di riflesso sul piano gnoseologico del Cantico delle Creature e della fraternità minoritica francescana: in compagnia di questi fratelli intuisco l’essenza di Dio; non si tratta di visione diretta ne di sillogismo. Non e un classico ragionamento apodittico, cioè fondato sull’esperienza, ma un ragionamento anapodittico: se c’e il mondo, allora e chiaro che c’e Dio; ma questo – conclude Stefanini – e un ontologismo logico. Il relatore commenta: la visione dell’essere divino e la prima nell’ordine logico, ma l’ultima nell’ordine psicologico; tale il senso dell’ontologismo logico di Bonaventura.

Gli Atti di questo incontro (entrambe le sessioni) saranno pubblicati nella rivista “Studi Francescani”, dei Frati Minori di Firenze.



 
 
 
 
 
 
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