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Informazione sulla pubblicazione:
Recensione: Johann Maier, Kriegsrecht und Friedensordnung in jüdischer Tradition

 
 
 
Foto Nobile Marco , Recensione: Johann Maier, Kriegsrecht und Friedensordnung in jüdischer Tradition , in Antonianum, 77/1 (2002) p. 171-172 .

Questo libro, scritto dal rinomato giudaista J. Maier, è il frutto di lavori nati per convegni organizzati dall’ Institut für Theologie und Frieden, sotto l’egida dell’Ordinariato Militare Cattolico tedesco. L’A. ne ha ricavato un’opera ponderosa che dibatte una tematica importante e nel contempo delicata: come si pone il giudaismo nella sua tradizione nei confronti della guerra e della pace e che spazio lascia all’una e all’altra nella sua legislazione? Come si può notare, e come spiega l’A. nella lucida introduzione, si tratta di una questione estremamente importante, il cui dibattimento è un contributo all’accesso all’identità del giudaismo, spesso velata da una tabuizzazione di certi argomenti, per tema di dar adito a scivolamenti antisemitici. Ed è proprio qui che sta anche la delicatezza del tema da dibattere. Tuttavia, come dice ancora M., non è nascondendo una realtà storica e culturale che se ne protegge l’integrità; proprio approfondendone con lo studio la natura, invece, si può chiudere la bocca agli argomenti antisemiti, a beneficio in contraccambio della veridicità storico-culturale del fenomeno e, aggiungiamo noi (visto che M. vi accenna), di un equanime atteggiamento nei riguardi di una politica sionistica o politica tout court dell’attuale Stato d’Israele. Difatti, non si può non distinguere tra l’autodifesa descritta e formulata nella legislazione tradizionale di una comunità minoritaria orientata escatologicamente verso l’avvento del Messia e l’appoggio giuridico e ideologico che la stessa legislazione può dare ad una politica odierna d’Israele.

M. prende le mosse per il suo studio da questioni di fondo. Non si tratta di discutere se la comunità giudaica ami la pace e sia contro la guerra: ogni gruppo umano desidera per sé la pace, ma ciò è relativo alla propria collocazione storica e socio-culturale. Solo in questo contesto è possibile conoscere adeguatamente come il gruppo umano si ponga nei riguardi di tale tematica e quale spazio lasci alla sua codificazione.

In base a tale assunto di base, l’A. esamina la tradizione del giudaismo a partire dalle fonti bibliche ed extrabibliche che giungono al 100 d.C., in altri termini il giudaismo del “secondo Tempio” (prima parte). Vengono studiati testi che contemplano la normativa bellica nel quadro della legge regale (Dt 17,14-20, confrontato con 11Q19 56,12ss) o in relazione a obiettivi-prototipo (la distruzione di Amalek: Es 17,14-16; i sette popoli della Palestina: Dt 7,1-11), giù giù fino alla testimonianza di Flavio Giuseppe. Intanto, la svolta storica delle guerre giudaiche del primo e secondo secolo vede profilarsi l’affiancamento alla Torà scritta di quelle tradizioni che costituiranno la “Torà orale”, appannaggio del rabbinismo posteriore che vi annetterà la stessa qualità vincolante.

Così, la seconda parte dell’opera si occupa del tema nel quadro del rabbinismo fondativo del giudaismo e della sua letteratura: esempi dal trattato Sotà, dal Sanhedrin e dal Sifrè al Deuteronomio e il valore archetipico dato dalla tradizione della vittoria bellica cantata in Es 15, danno la possibilità di tracciare una “tipologia della guerra” che giunge fino a fissarsi, in particolari contesti, in una vera e propria concezione di “guerra santa”. Il rapporto del giudaismo con lo stesso cristianesimo, percepito come successore ed erede di Esaù-Edom-Roma, e quindi come idolatra, è segnato da tale disposizione d’animo, anche se la virulenza degl’inizi si mitigherà sempre più in senso messianico ed escatologico.

Le altre due parti dell’opera, pur proseguendo l’analisi storica del tema, scelgono come testimoni significativi rispettivamente Maimonide per il medioevo e Abrabanel per l’epoca seguente. Si tratta di due campioni dell’esegesi biblica e del diritto, di due maestri a ragione venerati dal giudaismo come autorità indiscusse. Ciascuna delle due parti dà ampio spazio alla traduzione di testi di questi due autori. Una ricca “tavola” offerta dal M. con magistrale padronanza.

Dato che nel medioevo sfocia e si consolida la fondazione normativa del giudaismo, il libro può anche terminare qui. Non vi è propriamente una conclusione in questo ampio studio, perché sembra che l’A. voglia soprattutto mostrare fatti e offrire prove, lasciando al lettore il formarsi di un’opinione. In particolare, si nota che la trattazione dei temi della guerra e della pace nella tradizione giudaica, parla soprattutto di guerra e ciò risulta talora sorprendente e un po’ inquietante. Per il momento, dobbiamo solo ringraziare M. per averci offerto un solido studio, sul quale tuttavia non si può esprimere un giudizio immediato, dato che l’oggetto d’analisi non è semplicemente un libro, ma una realtà che tocca persone e convinzioni, storia e istituzioni e, prima di formulare dei giudizi, bisogna dotarsi della sana griglia critica che il pensiero occidentale ha saputo creare, per poter studiare e riflettere sul materiale che M. magistralmente ha approntato.



 
 
 
 
 
 
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