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Informazione sulla pubblicazione:
Lezioni pubbliche sulle origini del Diritto dei Francescani

 
 
 
Foto Armijos Jorge , Lezioni pubbliche sulle origini del Diritto dei Francescani, in Antonianum, 75/2 (2000) p. 413-418 .

La “Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani” e la “Facoltà di Diritto Canonico” del Pontificio Ateneo Antonianum anche quest’anno hanno organizzato 4 giorni di lezioni pubbliche dal titolo Le origini del diritto dei francescani. Le lezioni (svoltesi dal 14 al 17 febbraio 2000, dalle ore 17.00 alle ore 19.00, presso il Pontificio Ateneo Antonianum) sono ormai una consolidata iniziativa che da anni riscuote buon successo di pubblico tra studenti e studiosi di varia provenienza.

Il programma previsto e svolto, di cui diamo qui di seguito un dettagliato resoconto, si è interessato del diritto dei francescani delle origini nel contesto del diritto delle famiglie religiose del sec. XIII (Prof. Antonio García y García, Salamanca). Ci si è, poi, soffermati sull’evoluzione interna dell’Ordine francescano (Prof. Romain G. Mailleux, Antonianum) per analizzare più da vicino le “Costituzioni” delle origini dell’Ordine come “fonti” per l’evoluzione della storia del movimento francescano (Prof. Cesare Cenci, Antonianum). Infine, è stata considerata l’opera di un grande giurista francescano del Trecento: Bartolo da Sassoferrato (Dott. Andrea Bartocci, Roma).

L’iniziativa si inscrive, ulteriormente, nel considerare quale contributo il francescanesimo delle origini abbia offerto a campi diversi in diretta correlazione col mondo del diritto. Uno dei risultati più interessanti è costituito dal fatto che l’odierna linea storico-letteraria, predominante nel campo degli studi francescani, ne rimane arricchita e viene stimolata ad allargare il suo orizzonte di indagine.

Le lezioni, con un ampio spazio concesso alla discussione, sono state moderate dal Prof. Nikolaus Schöch, Decano e professore della Facoltà di Diritto Canonico dell’Antonianum, e ben coordinate dal Prof. Alvaro Cacciotti, professore della Facoltà di Teologia e Preside della Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani dell’Antonianum.

Lunedì 14 febbraio

Prima lezione: Prof. Antonio García y García (Salamanca): “La riforma della Chiesa nel diritto canonico alto-medioevale”.

Nelle due prime giornate, il relatore ha tracciato un quadro storico-giuridico sul diritto francescano nel basso medioevo, di grande influsso nella vita della Chiesa, sottolineando i testi legali riformisti che già verso il sec. XV erano contenuti nelle collezioni del Corpus Iuris Canonici. Commenta sostanzialmente le costituzioni del Concilio Lateranense IV (1215), le quali dimostrano un programma di riforma senza paragoni fino alla riforma tridentina (1545-63), e in questo modo si può dire che le riforme di Papa Innocenzo III costituiscono il culmine legislativo del movimento chiamato “riforma gregoriana”. I contenuti di questa riforma si possono sintetizzare nell’ordine seguente: riforma dell’episcopato, del clero secolare, della vita monastica, del popolo cristiano e del diritto processuale. La riforma dell’episcopato tratta delle elezioni episcopali, stabilendo che le diocesi non possono restare vacanti per più di tre mesi, dichiarando invalide le elezioni fatte dai laici. Si regolano anche le differenti forme di elezione per tutti gli uffici ecclesiastici. In tutto questo si esigono delle qualità e capacità necessarie, evitando la pluralità di benefici. Si reprime la simonia a tutti i livelli ed in tutti gli aspetti. I vescovi metropoliti devono celebrare annualmente il concilio provinciale e gli altri vescovi diocesani devono celebrare con la stessa frequenza il sinodo diocesano, con lo scopo di correggere gli eccessi. Riguardo alla riforma del clero secolare si prevede la correzione degli abusi da parte dei chierici, stabilendo la creazione di scuole di formazione intellettuale del clero in ordine alla “cura animarum”. Per quanto riguarda la riforma del popolo cristiano, questa versa anzitutto sul matrimonio, riducendo i gradi di consanguineità e affinità dal settimo al quarto grado, superando la confusione tra il computo romano e quello germanico. Sono vietati i matrimoni clandestini; si determinano le qualità dei testimoni e si proibiscono d’ora in poi “testes de auditu” nella cause matrimoniali. I fedeli giunti all’uso di ragione devono confessarsi e comunicarsi per Pasqua. Gli ordini mendicanti si dedicano assiduamente a svolgere il ministero della penitenza con grande successo tra i fedeli; i medici devono avvertire gli ammalati di ricorrere prima al confessore per guarire la malattia spirituale per poi guarire la malattia corporale. La riforma della vita monastico-religiosa (costituita soprattutto dai cistercensi, canonici regolari, premostratensi) riguarda i capitoli monastici e le visite monacali, sono vietate nuove “religioni”, e si condannano i movimenti ereticali.                 

I monasteri indipendenti devono celebrare un capitolo ogni tre anni, secondo l’esperienza dei cistercensi. In questi capitoli verranno eletti i monaci visitatori, i quali dovranno visitare tutti i monasteri maschili e femminili in nome del papa, allo scopo di correggere tutto quanto sia necessario e anche talvolta rimuovendo i superiori. La stessa norma si applica anche ai canonici regolari.

Particolarmente il c. 13 del Concilio Lateranense IV proibisce la fondazione di nuovi tipi di ordini religiosi, esigendo dagli ordini che sorgeranno nel futuro di osservare una delle regole già approvate.

Nel campo della predicazione, i parroci non erano sufficientemente istruiti per compiere l’impegno della predicazione. A questo scopo sorge l’Ordine di San Domenico di Guzmán in Toulouse, la Congregazione di S. Marco di Mantova e il movimento francescano.

Riguardo al diritto processuale, il Concilio Lateranense IV, in undici costituzioni, offre alla Chiesa una vera riforma del diritto processuale. Ad esempio, la nuova forma “per inquisitionem” del c. 8, l’iniziativa dipende da una persona pubblica incaricata dell’indagine, nominata dal superiore ecclesiastico competente, di modo che il controllo della giustizia si concede alla gerarchia. Inoltre si prescrive la forma scritta per il processo. Questo sistema processuale deve avviare l’indagine dei crimini commessi non solo da parte dei sudditi ma anche dei prelati. Ci sono delle riforme anche sulle normative riguardanti il diritto penale, come la forma di scomunica e l’interdetto.

Altri aspetti delle riforme lateranensi riguardano il congruo sostentamento dei chierici, i visitatori ecclesiastici, la prescrizione, la legislazione sulle decime e i rapporti tra il potere ecclesiastico e le autorità secolari.

Martedì 15 febbraio

Seconda lezione: “La legislazione delle clarisse. I privilegi dei religiosi in India” dello stesso Prof. Antonio García y García. Riguardo al primo tema della relazione, egli spiega che S. Chiara ha dovuto accettare come base della sua regola quella di S. Benedetto, ma siccome tanto Francesco come Chiara insistevano sulla osservanza della povertà, nel 1216 ottiene dal Papa Innocenzo III il Privilegium paupertatis; più tardi la Regola ugoliniana (1218-19) sottolinea il privilegio della povertà in modo breve; Gregorio IX accetta la insistenza di Chiara sulla rigorosa povertà, concedendole il Privilegium paupertatis nel 1228. Posteriormente, nel 1247 il Papa Innocenzo IV approva e promulga una Regola cercando di cogliere le varie aspirazioni delle clarisse, e tra queste, quelle dell’austerità e della povertà. La Regola di Santa Chiara del 1253, che viene approvata dallo stesso Papa Innocenzo IV, inserisce tanto le mitigazioni introdotte nella precedente Regola del 1247 come l’insegnamento di Francesco, basandosi poi sulla regola bollata promulgata nel 1223 dal Papa Onorio III per il Primo Ordine francescano. Il Testamento di Santa Chiara (1253) come quello di San Francesco, non ha obbligatorietà giuridica, ma solo valore esortativo sulla forma di vita da seguire da parte delle future generazioni in fedeltà ai più alti ideali. La Regola della Beata Isabelle de Longchamp (sorella del re S. Luigi di Francia) non ha avuto grande successo, ed è composta in base ad una sintesi eclettica delle regole precedenti. Insiste sull’ideale di Santa Chiara di essere vincolata ai frati, ma ammette la proprietà dei beni comuni, allontanandosi dal pensiero di S. Chiara. La Regola urbaniana (1263) approvata da Urbano IV, dispone che sotto la denominazione di “Ordine di Santa Chiara” vengano comprese tutte le monache che vivano qualsiasi regola approvata per le Clarisse, ammette le proprietà per il sostentamento e la dipendenza da un cardinale prottetore, che designerà dei visitatori idonei; l’amministrazione dei sacramenti si affida ai frati.

Passando al tema della seconda lezione il relatore esamina il breve Exponi nobis che il Papa Adriano VI concede su richiesta dell’imperatore Carlo V, nel quale si dà la facoltà ai monarchi spagnoli di inviare nelle Indie dei religiosi probati e timorati di Dio, dotti, debitamente istruiti ed esperti per insegnare la dottrina cattolica agli indigeni. Il contenuto di questo breve ci permette di intravvedere la competenza di ciascuno e il ruolo nell’evangelizzazione dell’America da parte del Papa, della Corona spagnola, dei superiori mendicanti e dei missionari. Nessuno è obbligato ad andare nelle Indie, ma si richiede la facoltà dei rispettivi superiori e del Consiglio delle Indie. I vescovi sono al margine per l’invio missionario. Nessun documento passava nelle Indie senza passare prima per il Consiglio d’India. Si concede ai missionari autorità totale nel foro interno ed esterno, per realizzare ciò che è necessario per la conversione degli indios. Questi privilegi benchè in continuità con i privilegi di esenzione del sec. XIII, hanno anche delle differenze ed innovazioni, e l’applicazione del citato breve fu diversa a seconda della formazione, del governo delle spedizioni missionarie o dell’uso dei suddetti privilegi nell’azione missionaria.

Mercoledì 16 febbraio

Terza lezione: Prof. Romain G. Mailleux (Antonianum): Il Governo dell’Ordine: dalla centralità al decentramento.

Egli comincia la sua relazione mettendo in rilievo che il tema riguarda il governo dell’Ordine dalla sua fondazione (1209-1210) al capitolo di Roma (1239). All’inizio dell’Ordine ci si incontra con la figura del Papa Innocenzo III, al quale  ricorre Francesco con i suoi primi compagni (12) per chiedere di poter vivere il Vangelo. Ciò che bisogna esaminare in questo periodo è l’ortodossia della fede, la comunione ecclesiale ed una certa autonomia apostolica. I frati si sottomettono a Francesco come al loro prelato o capo della fraternità. Percorrendo brevemente l’itinerario vissuto nell’Ordine sin dall’inizio, si possono individuare tre grandi tappe che corrispondono alle tre grandi crisi di governo; crisi che nello stesso tempo ci dimostrano i problemi nuovi di un Ordine in rapido sviluppo: 1) 1219-1220; 2) 1229; 3) 1239. Il relatore sottolinea il circolo di itineranza missionaria dei primi tempi, poi il raggruppamento dei frati che costituiscono delle provincie e custodie sotto il Ministro generale, e gli altri sottogruppi con a capo un Guardiano. Francesco governò l’Ordine tramite i Vicari con la assistenza dei papi tramite un Cardinale protettore. Benchè le Regole del 1221 e del 1223 hanno delle lacune fondamentali riguardo al governo dell’Ordine e alle competenze dei ministri (Generale, Provinciale), il Ministro Generale appare chiaramente come il moderatore supremo e assoluto; cioè il potere assoluto o autorità ricade sul Ministro Generale. Osservando lo sviluppo dell’Ordine si può scoprire anche una certa tensione tra gli inizi e l’istituzione: i problemi che sorgono intorno alla predicazione ecclesiastica, agli addetti alle case e alla questua sono ogni volta maggiori. Poi c’è anche il passaggio di una fraternità improvvisata ad un Ordine internazionale con frati intellettuali e preparati proprio per fronteggiare le nuove sfide, soprattutto riguardanti la formazione e l’organizzazione dell’apostolato. I frati predicatori hanno avuto successo tra il popolo ma non senza provocare tensioni con i vescovi. Nel 1230-1231 nascono i principali centri di studi a Bologna, Parigi e Oxford.

Il periodo di decentramento avviene nel periodo compreso dal 1232 al 1239, incominciando con il generalato di fra Elia. Durante il suo generalato non ha riunito il capitolo fino a quando i frati denunciano questa situazione al Papa, ed è il papa che convocò il capitolo generale a Roma sotto la sua presidenza. Questo capitolo è importante non solo per il fatto della dimissione di fra Elia come Ministro Generale ma anche per il fatto del decentramento dell’Ordine. Basta esaminare le Costituzioni prenarbonensi e narbonensi per rendercene conto. Poi nei primi tempi i ministri generali sono “ad vitam” se non c’è una causa di rimozione. Ogni Guardiano raduna il capitolo per valutare il Ministro Generale e Provinciale, e con quattro Definitori esaminano i ministri e li correggono se è necessario. Se il Ministro accetta le correzioni continua nel governo, altrimenti viene deposto.

Giovedì 17 febbraio

Quarta lezione: Prof. Cesare Cenci (Antonianum): Le “Costituzioni” come fonti per studiare l’evoluzione della storia dell’Ordine dei Frati Minori Francescani esecutori di Testamenti nei secoli XIII-XIV. Il testo completo della relazione del Prof. Cenci si trova alle pagine        dello stesso fascicolo.

Il relatore sostiene che bisogna mettere in relazione le Costituzioni con la Regola, le Lettere papali e i commenti. Per quanto riguarda i frati esecutori si può notare che quando qualcuno era vicino alla morte lasciava i beni agli eredi, e perché i testamenti fossero validi richiedavano la presenza dei frati come testi (1400). Nelle esecuzioni dei testamenti c’era bisogno dei testi, i quali percepivano un certo salario. Con questi soldi si iniziano le costruzioni di chiese e conventi, provocando tensioni tra le chiese dei francescani e dei domenicani in Italia. Sono peraltro frequenti i testamenti in cui si lasciavano i frati come eredi o fideicommissari.

Nelle Costituzioni Prenarbonensi del 1239 si trova la prima proibizione dei frati esecutori, e il Guardiano di Bologna, ad esempio, nomina come teste un Domenicano. Posteriormente nelle Costituzioni Narbonensi del 1260 si omette tale proibizione, di modo che se i frati esecutori si rifiutassero, il Guardiano può nominarne un altro; così affiorano delle difficoltà che daranno luogo ai limiti posti dalle Costituzioni Assisiensi del 1279, dove si  eleggono altri a rappresentare i frati per evitare il rischio di venir citati in giudizio.

Le Costituzioni Generali Parigine e quelle toscane del 1292, più o meno, ripetono il Decreto d’Assisi. Si giustifica l’ufficio dei frati esecutori, e il Guardiano o il Custode svolgono l’incario di esecutori, di modo che nel caso di essere trasferiti sempre ci sia qualcuno che assuma questo ufficio. In queste Costituzioni non esistono più fideicommissari ma consiglieri. Soltanto in quelle toscane i frati non sono più esecutori. Posteriormente con la Decretale di Bonifacio VIII del 1298, il religioso dipende dal superiore e di conseguenza nessun religioso può accettare l’ufficio di esecutore senza l’autorizzazione del superiore. Poi con gli interventi del Ministro generale Giovanni da Morrovalle e del cardinale Napoleone Orsini si arriva alla proibizione delle Commissarie perpetue e i frati non sono più ammessi come esecutori. Ma sarà la bolla Exivi de paradiso del 1312 di Clemente V a proibire definitivamente le esecuzioni testamentarie, tutti i negozi secolari e persino quello di toccare il denaro. Questa proibizione ha un carattere e valore universale.

Quinta lezione: Dott. Andrea Bartocci (Roma): Bartolo da Sassoferrato e l’Ordine francescano nel Trecento.

Prima di addentrarsi in notizie riguardanti la preparazione dell’edizione critica del “Liber Minoricarum” di Bartolo il relatore espone due aspetti principali della biografia del Sassoferrato: 1) dalla prima infanzia alla sua morte (10 novembre 1313-14); 2) gli studi del Sassoferrato sino ad ottenere il diploma dottorale a Bologna (10 novembre 1334). Bartolo nel 1327 è a Bologna dove consegue il Baccalaureto e nel 1334 consegue il Dottorato. Nel 1338 andò a Perugia dove è avvocato generale e nel 1339 andò a Pisa, dove comincia il suo insegnamento fino al 1343. Bartolo era un maestro in geometria e scrive il suo trattato sulle figure geometriche. L’opera di Bartolo da Sassoferrato costituisce la terza parte del Digesto. Il rapporto tra Bartolo e i francescani si può evidenziare dal registro di Bartolo come membro della Confraternita dei francescani di Perugia e dal Testamento del 14 maggio del 1346. Il 13 ottobre del 1356 c’è un raduno della Confraternita e Bartolo figura in prima fila tra i membri, fatto che dà luogo a pensare che lui è stato animatore spirituale di questa Confraternita. Poi si costata che Bartolo partecipa anche attivamente alla vita di questa Confraternita.

Inoltre Bartolo lascia 2 legati per due chiese francescane e vuole essere sepolto nella chiesa francescana di Sassoferrato. In realtà, muore a Perugia il 10 luglio del 1357 all’età di 44 anni e viene sepolto nella Chiesa francescana della stessa città. La produzione letteraria di Bartolo consiste in 6 opere divise in questioni giuridiche e consigli. L’opera nell’ambito del diritto civile e canonico consta di 4 libri: 1) Istituzioni ereditarie dei religiosi; 2) i legati; 3) i francescani come esecutori di testamenti; 4) possibilità dei frati di ricevere delle eredità “ab intestato”. Bartolo mette in luce la “novitas” francescana e l’ideale evangelico riscoperto nel sec. XIII nel suo “Liber Minoricarum”, dove tratta alcune questioni giuridiche riguardanti l’eredità, le successioni, i legati per i frati. Concludendo si può affermare che Bartolo ha grande importanza nella scienza giuridica trecentesca.

Ringraziamento: Le lezioni pubbliche, caratterizzate da grande partecipazione, si sono concluse con le parole di ringrazimento del moderatore Prof. Nikolaus Schöch rivolte ai relatori e ai partecipanti Egli ha anche espresso l’augurio di rinnovare l’iniziativa nel prossimo anno accademico sempre rivolgendo l’attenzione sul diritto francescano.



 
 
 
 
 
 
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