Nobile Marco ,
Recensione: JOHN J. COLLINS, The Apocalyptic Imagination. An Introduction to Jewish Apocalyptic Literature , 2. Ed. ,
in
Antonianum, 75/3 (2000) p. 555-556
.
Nonostante che ormai da anni la questione dell’apocalittica occupi un posto di primo piano negl’interessi degli studiosi e che conseguentemente sia stata prodotta una letteratura sterminata, manuali come quello che presentiamo, sintetico e rigoroso, sono sempre benvenuti. Ne è prova la seconda edizione nella quale esso appare: la prima risale al 1984. Naturalmente un qualche ritocco di un certo rilievo era necessario, anche se sostanzialmente le idee del C. sono rimaste le stesse. Oltre all’aggiornamento nelle note e nella bibliografia, egli ha pensato bene di riscrivere completamente il capitolo riguardante Qumran; inoltre, mentre nella prima edizione l’argomento circa il cristianesimo primitivo veniva trattato nell’epilogo dell’opera, attualmente esso è diventato un vero e proprio capitolo dedicato esclusivamente al tema.
Il saggio del C. ha del genere letterario “introduzione” la chiarezza sistematica e la sinteticità magistrale, frutto di molti anni di competente ricerca sul campo, di cui testimoniano le sue molte pubblicazioni.
Si tratta innanzi tutto di definire l’apocalittica, argomento spinoso che ancora divide gli studiosi. Così, il C. parte dalla descrizione di base data dai risultati delle ricerche della “Society of Biblical Literature Genres Project” pubblicati in Semeia 14 (1979), per poi sviluppare le sue posizioni in tutto il primo capitolo. La definizione, piuttosto descrittiva, suonava così: “(L’apocalittica è) un genere di letteratura rivelativa con una cornice narrativa, nella quale un essere ultraterreno comunica ad un destinatario umano una rivelazione che dischiude una realtà trascendente sia di ordine temporale, in quanto ha di mira la salvezza escatologica, sia di ordine spaziale, in quanto implica un altro mondo di natura soprannaturale”. Il C. accetta questa definizione di base solo come necessario e corretto avvio del discorso; in realtà, essa è parziale e non copre l’intera problematica connessa. Difatti, vi può essere della letteratura che non ha i caratteri suesposti, come quella di Qumran, e tuttavia è siglabile come “apocalittica” in senso lato. Inoltre, la questione apocalittica non può ridursi al solo discorso letterario, ma va estesa bensì all’eventuale sfondo storico-culturale che potrebbe averla fatta nascere. È qui che il C. però, criticando la posizione di K. Koch circa l’esistenza di un presunto movimento apocalittico, esprime la sua opinione personale secondo la quale dietro alla “passione” apocalittica vi possono essere stati più gruppi rappresentativi e diversi tra loro (vedi ancora Qumran e il cristianesimo della prima ora); ma ciò non basta: anche il riscontro storico preciso sarebbe discutibile e comunque rimarrebbe sempre aleatorio, in quanto, a detta dell’Autore, l’apocalittica è una funzione dello spirito umano, applicabile come contenuto e impiegabile come strumento in ogni epoca in cui si registri un bisogno di consolazione e di speranza. A quest’ultimo risultato egli giunge partendo dalla valorizzazione del processo diacronico della letteratura apocalittica (in questo egli accetta in parte il criterio metodologico di P. Sacchi) (pp. 10-11).
È con questa bussola orientativa che il C. espone ordinatamente le varie opere “apocalittiche”: la letteratura enochica primitiva (con un’appendice sui Giubilei), Daniele, oracoli e testamenti, il Libro delle Similitudini o Parabole (Enoc 37-71), opere successive alla guerra del 66 d.C.: 4 Ezra, 2 Baruc, Apocalisse di Abramo, letteratura apocalittica della diaspora ebraica di epoca romana.
I due capitoli ai quali si è accennato, quello su Qumran e quello sul cristianesimo primitivo, sono di estremo interesse e di certo completano in modo più incisivo e aggiornato quanto esposto nel primo capitolo, d’indole piuttosto generale e troppo “critico-letteraria”. Per quanto riguarda Qumran, il C. spiega adeguatamente la caratterizzazione “apocalittica” della comunità dissidente, anche se la letteratura prodotta non risponde a quei canoni “letterari” discussi nel primo capitolo; a loro volta, anche i fenomeni storici e letterari del primo cristianesimo vengono descritti nella loro ambivalenza di fenomeni di derivazione giudaica da un lato e di “attualizzazione cristiana” dall’altro.
Una essenziale bibliografia, aggiornata al 1997 e alcuni indici utili coronano questo valido strumento di studio.
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