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Recensione: BEATE EGO, ARMIN LANGE, PETER PILHOFER (Hrsg.), Gemeinde ohne Tempel. Community without Temple. Zur Substituierung und Transformation des jerusalemer Tempels und seines Kults im Alten Testament, antiken Judentum und frühen Christentum

 
 
 
Foto Nobile Marco , Recensione: BEATE EGO, ARMIN LANGE, PETER PILHOFER (Hrsg.), Gemeinde ohne Tempel. Community without Temple. Zur Substituierung und Transformation des jerusalemer Tempels und seines Kults im Alten Testament, antiken Judentum und frühen Christentum , in Antonianum, 75/3 (2000) p. 558-559 .

Il presente volume è la raccolta dei contributi di un simposio tenuto a Greifswald dal 15 al 19 marzo 1998 sul tema “Comunità senza tempio”. L’argomento e il simposio stesso hanno una breve storia dietro di sé, cominciata quando alcuni studiosi delle università tedesche di Amburgo, Lipsia e Tubinga hanno preparato un piano d’incontri attorno al “Libro dei Giubilei”. L’esperienza di tale collaborazione, realizzatasi a Lipsia, ha avuto una sua prosecuzione nel simposio di Greifswald, dove gli studiosi, evidentemente tutti presi dall’atmosfera creatasi con il dibattito sul Libro dei Giubilei, si sono cimentati a rispondere su una questione estremamente importante sia dal punto di vista storico-letterario che da quello teologico: come ha elaborato il giudaismo quella situazione storica verificatasi già fin dal 587 a.C., in forza della quale Israele, come entità politico-religiosa, si è trovato a vivere senza tempio? Come si può constatare, la questione coinvolge tutti i processi storici e intellettuali di un giudaismo che non è passato indenne sotto l’influsso dei fattori esterni e dei dominatori di turno, ma che ha tuttavia mantenuto paradossalmente e genialmente la sua identità, proprio adeguandosi alla nuova situazione di fatto, trascendendone le istanze verso una risposta variegata, ma sempre altamente spirituale.

L’oggetto della ricerca è stato dai curatori sapientemente suddiviso in sei sezioni: 1) Antico Testamento; 2) contesto ambientale (Umwelt); 3) epoca ellenistico-romana; 4) Qumran; 5) la Sinagoga e la letteratura rabbinica; 6) il Nuovo Testamento e la Chiesa antica.

Gli articoli, pur di varia natura per le differenze di soggetto e per la diversità dei modi di trattarlo, ora in modo globale, ora invece sotto un angolo particolare, riescono tuttavia a coprire bene l’arco spazio-temporale nel quale si disegna lo sviluppo della tematica in questione e il ventaglio degli argomenti da essa suscitati è esaurito in modo soddisfacente.

La prima sezione (AT), sulla scorta di testi quali Ez 8-11, Ger 7,1-8,3, Is 66,1, l’opera cronistica e il Salterio, registra la graduale ma inarrestabile trasformazione della identità israelitica concentrata tradizionalmente sul tempio di Gerusalemme, verso una relativizzazione di tale rapporto (la mobilità che le ruote della Merkavà ezechielica conferiscono alla presenza divina, altrimenti immobile sul Sion, la polemica cultuale del Geremia deuteronomistico, il cronistico sdoppiamento del servizio a Dio, non più esclusivamente espresso dal culto templare, bensì anche dall’ubbidienza alla Torà, la “sapienzializzazione” dei Salmi, cioè la loro fuoriuscita dal puro ambito cultuale). Naturalmente, talora qualche contributo dà l’impressione di essere nutrito nel suo argomentare di categorie proprie del “razionalismo” occidentale moderno, per cui si può avere anche un qualche ragionevole dubbio su certe razionalizzazioni (vedi ad es. I. Willi-Plein) di un fenomeno così lontano, anche culturalmente, e complesso come quello in questione. Una nota isolata, ma intelligente è quella attorno all’apporto del Qohelet, visto come colui che ha trasferito lo scetticismo naturalistico greco dalla filosofia al campo religioso.

Le sezioni seguenti registrano in modo puntuale questo processo di relativizzazione, che non può identificarsi semplicemente con un’acquiescenza a situazioni di fatto (i templi esterni di Elefantine e di Leontopoli in Egitto e quello interno del Garizim), bensì con una vera e propria creazione di nuovi valori. Difatti, mentre continuava a crescere il ruolo conferito alla Torà, supportato da una concezione teologica adeguata, perlopiù sapienziale (vedi il contributo di B. Ego), contemporaneamente l’idea stessa di tempio si rifrangeva in una molteplicità di visuali che verranno a caratterizzare la specificità dei vari gruppi della galassia giudaica, in particolare della comunità di Qumran. Il processo sfocerà in una tale spiritualizzazione del tempio, attestata sia nel Nuovo Testamento sia nel rabbinismo sinagogale, che di tempio non si avrà più bisogno, perché sarà stato sostituito da qualcos’altro (Niebuhr, Schreiner, Böttrich).

Il volume è corredato, oltre che dalle utili bibliografie particolari per ogni contributo, anche da indici e da sette foto. Il tutto rende quest’opera uno strumento opportuno e utile nel campo degli studi intertestamentari.

 

 



 
 
 
 
 
 
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