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Recensione: JAMES H. CHARLESWORTH, HERMANN LICHTENBERGER, GERBERN S. OEGEMA, Qumran Messianism. Studies on the Messianic Expectations in the Dead SeaScrolls

 
 
 
Foto Nobile Marco , Recensione: JAMES H. CHARLESWORTH, HERMANN LICHTENBERGER, GERBERN S. OEGEMA, Qumran Messianism. Studies on the Messianic Expectations in the Dead SeaScrolls , in Antonianum, 74/4 (1999) p. 725-728 .

Il volume che presentiamo è una raccolta di studi che fa il punto al momento attuale attorno alla presenza del tema messianico nella letteratura di Qumran. Un volume monografico di notevole valore, perché oltre al contributo offerto da esperti del ramo, a cominciare dai curatori dell’opera, viene messa anche a disposizione degli studiosi una selezione aggiornata di testi originali e traduzioni sulle idee messianiche che circolavano prima della grande guerra antiromana del 70 d.C.

A parte l’introduzione al libro di Charlesworth, gl’interventi sono di varia origine (anche questo si rivela un dato utile ai fini della raccolta). Tre articoli riproducono le relazioni lette dai curatori nelle sessioni di Praga (1995) e di Birmingham (1996) per conto del Gruppo Seminariale della Studiorum Novi Testamenti Societas (=SNTS): Charlesworth, “Challenging the consensus communis regarding Qumran messianism (1QS, 4QS MSS)”; Oegema, “Tradition-Historical Studies on 4Q252”; J. Zimmermann, “Observations on 4Q246 – The “Son of God””. Del Charlesworth è stato inserito anche il saggio rivisto per questa edizione: “Messianology in the Biblical Pseudepigrapha”, così come è stato incluso di Oegema il capitolo: “Messianic Expectations in the Qumran Writings: Theses on their Development”, tratto dal suo libro The Anointed and His People. L’indice conta inoltre : “Messianic Expectations and Messianic Figures During the Second Temple Period” (tradotto dall’originale tedesco) (H. Lichtenberger); “Jesus, Messianism and the Dead Sea Scrolls” (J.J. Collins); “Are the “Son” Texts at Qumran “Messianic”? Reflections on 4Q369 and Related Scrolls” (C.A. Evans); “Reflections on the Relationship Between Qumran and Samaritan Messianology” (F. Dexinger); “Messianic Passages in the Dead Sea Scrolls” (M.G. Abegg – C.A. Evans). Infine, Abegg, Evans e Oegema hanno approntato una bibliografia sul tema.

Come si può arguire dai titoli dei contributi, il tema è affrontato in tutti i suoi aspetti i più vari e talora contraddittori, ma sempre altamente interessanti e, dal punto di vista argomentativo, fondati.

Un criterio al quale i curatori si sono voluti attenere è quello di analizzare quei testi qumranici dove appare il termine masîah con o senza l’articolo. Naturalmente è un criterio imperfetto; del resto, lo stesso Charlesworth sottolinea nella sua introduzione come non ogni frammento nel quale appare la parola “messia”, debba essere inteso in senso messianico; viceversa, com’egli afferma nell’esame degli Pseudepigrafi, alle pp. 27-28 , altre denominazioni possono essere cariche di connotazioni messianiche, come il Figlio dell’Uomo, l’Uomo, il Giusto, il Pastore, l’Agnello, ecc.

Il Lichtenberger rende conto di tale molteplicità figurativa (pp. 9-20), analizzando quei testi ove si hanno tre soggetti a caratterizzazione messianica : “il profeta e i messia di Aronne e d’Israele” (cf. 1QS 9.10-11).

Ancora il Charlesworth, tuttavia, problematizza in modo sottile e disincantato alle pp. 120-134  l’interpretazione di testi, quali 1QS e 4QS MSS, che hanno creato l’opinio communis circa la presenza di una monolitica e perdurante teologia messianica a Qumran. La disamina dell’autore può sembrare spietata e troppo cavillosa, ma è una necessità di rigore esigito dallo stato dei testi stessi, i quali non sono omogenei e talora sono frutto di una rielaborazione o ritocchi avvenuti nel tempo. Non solo. Un sano rigore scientifico che evita le etichettature facili, dopo ogni scoperta archeologico-epigrafica, permette di enucleare l’autentica originalità di Gesù di Nazaret, a fronte del suo ambiente sempre meglio conosciuto. Vari sono del resto  oggi gli autori che ridimensionano la pretesa comune di un chiaro e omogeneo messianismo sia nell’AT che nella letteratura intertestamentaria (Klausner, van der Woude).

Oegema  (pp. 53-82), nell’analizzare i vari testi qumranici nei quali è dato di trovare attese messianiche, va nello stesso senso. Egli mette in risalto la molteplicità dei sensi, nel tempo e in riferimento a persone e gruppi, di parole talora identiche, come “re”, “sacerdote”, “profeta”, “messia”: questa era la situazione storica del periodo maccabaico e dell’era asmonea.

Un’interessante disamina parallela è quella di Dexinger circa la messianologia samaritana (pp.83-99). Anche qui troviamo la stessa cautela metodologica. L’autore tiene a distinguere la concezione del Tahev (= “il messia” o più letteralmente “colui che ritornerà”) come profeta futuro, dalle interpretazioni escatologiche di Dt 18,18, che offre la base per la concezione samaritana.

Un po’ di equilibrio rispetto all’atteggiamento minimalista che caratterizza il libro, lo porta il saggio di J.J. Collins (pp.  100-119), il quale offre maggiori speranze di ottenere indizi di messianologia, utili per il raffronto con il NT in genere e con la cristologia in specie, proprio grazie alla pubblicazione di testi apparsi dal 1991 in poi: il frammento della Regola della Guerra 4Q285 (vi si parla di una figura messianica regale o davidica di cui si farà eco l’Apocalisse), 4Q246 (il messia come figlio di Dio) (in questo il Collins è contro l’opinione di J. Fitzmyer, il quale nega il carattere messianico del titolo), 4Q521 (un messia in veste profetica).

Una posizione similare è mantenuta dall’articolo di C.E. Evans (pp. 135-153), il quale analizza quattro testi, 1Q28a, 4Q174, 4Q246, 4Q534, più un testo di recente pubblicazione, 4Q369, e ne evince la presenza di indizi messianici.

Dei frammenti di 4Q252 si occupa invece l’ Oegema (pp. 154-174). In tale testo, egli, pur rilevandovi la figura di un davidide, ne nega il valore messianico.

Con lo studio di 4Q246 da parte dello Zimmermann (pp. 175-188) si torna a posizioni più possibiliste.

Un inventario dei passaggi messianici e una congrua bibliografia concludono quest’opera che può ritenersi una solida base di partenza per qualsiasi futura indagine cristologica che voglia confrontarsi innanzi tutto con le premesse storiche e bibliche del tema.

 



 
 
 
 
 
 
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