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Informazione sulla pubblicazione:
Recensione: NORBERT LÜDECKE, Die Grundnormen des Katholischen Lehrrechts: in den päpstlichen Gesetzbüchern und neueren Äußerungen in päpstlicher Äutorität

 
 
 
Foto Sardi Martino , Recensione: NORBERT LÜDECKE, Die Grundnormen des Katholischen Lehrrechts: in den päpstlichen Gesetzbüchern und neueren Äußerungen in päpstlicher Äutorität , in Antonianum, 73/2 (1998) p. 386-388 .

Il presente volume è un lavoro ampio e profondo realizzato nel 1996 per ricevere la promozione di Dr. theol. Habil., dopo il Dottorato di Diritto Canonico, presso la Katholische-Theologischen Fakultät der Universität Würzburg. Questo lavoro si prefigge di trattare la “funzione di insegnare della Chiesa” ricavandone quella che può essere definita la norma fondamentale dell’insegnamento ufficiale della Chiesa cattolica. Il tema è di attualità perché l’argomento lo troviamo raramente trattato e necessitava quindi di un approfondimento specifico. Il contributo di Norbert Lüdecke, Professore di Diritto Canonico presso Universität Frankfurt am Main, è molto valido per un lavoro scientifico nel campo di munus docendi della Chiesa cattolica.

Questo tema si inserisce nel rinnovamento del Codice di Diritto Canonico del 1983, specialmente nel libro III, la funzione di Insegnare della Chiesa. La Chiesa ha il compito di insegnare. Quest'impegno non è semplice, ma nasce dal profondo del suo essere. Così il Codice di Diritto Canonico ha stabilito che la Chiesa ha il “dovere e diritto nativo” di insegnare e predicare il Vangelo a tutte le genti.

La Chiesa ha il dovere e diritto nativo di insegnare, ciò significa che dalla sua natura e dal suo nascere deve impegnarsi in questo dovere-diritto. Se la Chiesa non insegna, essa è malata, e a questo problema non può rimanere indifferente, in quanto deve prendere sul serio questo dovere-diritto.

Il libro è diviso in due parti, la prima parte spiega la “Die grundlegende Bestimmungen der päpstlichen Gesetzbücher zum Lehrrecht”, la seconda tratta del “Neuere lehrrechtlich relevante Verlautbarungen in päpstlicher Autorität”. La reflessione in generale sul munus docendi nel Codex Iuris Canonici e nel Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium mostra che l’autore è uno specialista nel campo del Diritto Canonico. In questo libro, si trova anche un’analisi della professione di fede (p. 416-451), e questo tema è una novità per lo studio della legge della Chiesa cattolica.

Anche se il concetto della funzione d’insegnare della Chiesa nel Codex Iuris Canonici è lo stesso che nel Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, il tema dell’evangelizzazione delle genti (titolo XIV) nel Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium non fa parte del titolo XV, Magistero Ecclesiastico;  e la professione di fede, che nel Codex Iuris Canonici è come una parte integrale della funzione d’insegnare della Chiesa, non si trova nel Codice dei Canoni delle Chiesa Orientali. Ciò non vuol dire che per gli orientali la professione di fede non è importante, essa, infatti, è sempre il fondamento della vita e dell’impegno della Chiesa per compiere il suo mandato in questo mondo.

L’impegno della Comunità ecclesiale più discusso nella storia della Chiesa e nella codificazione del Codex Iuris Canonici del 1983 si trova nel canone 747, § 2: “È compito della Chiesa annunciare sempre e dovunque i principi morali anche circa l'ordine sociale, e così pure pronunciare il giudizio su qualsiasi realtà umana, in quanto lo esigono i diritti fondamentali della persona umana o la salvezza delle anime” (cf. CCEO, can. 595, § 2). Questo canone tratta del compito fondamentale della Chiesa: 1) annunciare sempre e dovunque i principi morali, 2) annunciare sempre e dovunque quanto riguarda l’ordine sociale, 3) pronunciare giudizi su qualsiasi realtà umana, specialmente quando si tratta dei diritti fondamentali della persona o la salvezza delle anime.

L’atteggiamento della Chiesa non può, dunque, essere indifferente di fronte alla realtà umana. Così la costituzione pastorale Gaudium et Spes afferma che le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, soprattutto dei poveri e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore (cf. GS, 1). Davanti al problema di questo mondo, la Chiesa deve avere un atteggiamento chiaro, non può essere passiva. “Nella fedeltà al vangelo e nello svolgimento della sua missione nel mondo, la Chiesa, che ha come compito di promuovere ed elevare tutto quello che di vero, buono e bello si trova nella comunità umana, rafforza la pace tra gli uomini a gloria di Dio” (GS, 76). La stessa costituzione pastorale Gaudium et Spes sottolinea che la Chiesa, fondata nell’amore del Redentore, contribuisce ad estendere il raggio di azione della giustizia e dell’amore all’interno di ciascuna nazione e tra tutte le nazioni. Predicando la verità evangelica e illuminando tutti i settori dell’attività umana con la sua dottrina e con la testimonianza resa dai cristiani, rispetta e promuove anche la libertà politica e la responsabilità dei cittadini. Certo le cose terrene e quelle che, nella condizione umana, superano questo mondo, sono strettamente unite, e la Chiesa stessa si serve delle cose temporali nella misura che la propria missione richiede. Tuttavia essa non pone la sua speranza nei privilegi offertigli dall’autorità civile. Anzi essa rinunzierà all’esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso potesse far dubitare della sincerità della sua testimonianza o nuove circostanze esigessero altre disposizioni. Ma sempre e dovunque sia suo diritto predicare con vera libertà la fede e insegnare la sua dottrina sociale, esercitare senza ostacoli la sua missione tra gli uomini e dare il suo giudizio morale, anche su cose che riguardano l’ordine politico, quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e dalla salvezza delle anime. E questo farà, utilizzando tutti e soli quei mezzi che sono conformi al vangelo e al bene di tutti, secondo la diversità dei tempi e delle situazioni (GS, 76).

Così la Chiesa deve annunciare sempre e ovunque i principi morali, l’ordine sociale, e dare un giudizio sulla realtà di questa vita, specialmente sui diritti fondamentali dell’uomo e la salvezza delle anime. L’impegno della Chiesa di partecipare attivamente nella realtà umana-temporale, e di portare la Buona Novella è indispensabile. In questo senso la funzione profetica e la dottrina sociale della Chiesa hanno un valore universale. L’autore di questo libro tratta così profondamente il canone 747, § 2 del CICI e il canone 595, § 2 del CCEO (p. 168-195). L’impegno della Chiesa nel campo morale e sociale vuole sempre difendere la dignità della persona umana, che è parte inseparabile dei diritti fondamentali dell’uomo, ed è anche l’insegnamento del Romano Pontefice.

Nella seconda parte l’autore approfondisce la professione di fede, la collaborazione tra teologici e magistero, l’istruzione della Congregazione per Dottrina della Fede Donum Veritatis (24 maggio 1990), l’istruzione della stessa congregazione il Concilio (30 marzo 1992), la lettera enciclica di Giovanni Paolo II Ordinatio Sacerdotalis (22 maggio 1994), e l’enciclica dello stesso Papa Evangelium Vitae (24 marzo 1995).

Alla fine di questo lavoro possiamo chiederci: quale sarà il nuovo compito della Chiesa verso il terzo millenio nel campo della funzione d’insegnare. L’autorità ecclesiastica deve essere capace di risolvere i problemi interni della Chiesa stessa. Solo così sarà capace di dare una vera testimonianza di fede, di verità, di giustizia,  di pace e di promuovere i diritti umani fino alla fine.



 
 
 
 
 
 
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