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Recensione: Pietro di Giovanni Olivi, La caduta di Gerusalemme. Il commento al Libro delle Lamentazioni, a cura di Marco Bartoli

 
 
 
Foto D'Alessandro Anna , Recensione: Pietro di Giovanni Olivi, La caduta di Gerusalemme. Il commento al Libro delle Lamentazioni, a cura di Marco Bartoli , in Antonianum, 70/2 (1995) p. 306-308 .

Il volume di Marco Bartoli è, in ordine cronologico, solo uno degli ultimi la­vori su Pietro di Giovanni Olivi, grande maestro di teologia, di esegesi e di vita spi­rituale, del Mezzogiorno della Francia del XIII secolo. L'opera è, però, anche la prima - a parte il Commento al Cantico dei Cantici pubblicato nel lontano 1772 -in cui si tenta l'edizione critica di uno scritto esegetico del frate provenzale. Grazie anche al più che ventennale interesse del prof. Raoul Manselli, i cultori dell'Olivi nel corso del tempo sono aumentati ed è notevole la mole di studi pubblicata negli ultimi anni. Ma nel suo lavoro B. ripropone, giustamente, la centralità dell'aspetto esegetico nella produzione del maestro provenzale, conosciuto e studiato, finora, soprattutto sotto il profilo profetico, filosofico, teologico e, più recentemente, eco­nomico.

La scelta di B. di curare un'edizione critica del commento alle Lamentazioni, un testo della Bibbia tra i più brevi, non è casuale: essa è in realtà un'opera colma di spunti teologici e pastorali che l'Olivi riprenderà poi nelle sue opere maggiori. Sono infatti qui anticipati temi fondamentali come la contrapposizione tra Chiesa carnale e Chiesa spirituale e l'attesa della venuta imminente dell'Anticristo.

L'aspetto che B. sottolinea, e che va oltre il severo commento esegetico al libro è la grande intensità drammatica nell'esposizione dell'Olivi, la quale proviene dalla stessa esperienza personale del frate francescano, più volte condannato e spesso trasferito da uno "studium" all'altro perché considerato « scomodo ». Tale inten­sità è ancor più accentuata dalla drammaticità del testo commentato. Le Lamenta­zioni, infatti, una raccolta di cinque elegie composte in occasione del secondo asse­dio a Gerusalemme ad opera dei babilonesi nel 587 a.C, rappresentano sicuramen­te una delle pagine più intense di tutta la Bibbia e forse della letteratura antica.

Nell'introduzione al commento B. delinea, con chiarezza e grande capacità di sintesi, i tratti più importanti della vita e del pensiero di Pietro di Giovanni Olivi, uno dei maggiori intellettuali del XIII secolo, capace di unire l'impegno culturale con le battaglie spirituali e religiose del suo tempo. B. riesce a far emergere il tra­vagliato itinerario spirituale, culturale ed esistenziale della vita dell'Olivi e quanto la sua realtà fosse profondamente inserita nel mondo accademico del tempo, agi­tato da tre grandi problemi: il dibattito sull'importanza della filosofia di Aristotele, quello sulla povertà francescana e infine quello sulle idee di Gioacchino da Fiore. In questo senso il commento alle Lamentazioni è per B. un aiuto per mettere in lu­ce la particolare posizione dell'autore e cogliere le difficoltà e i disagi da lui subiti a causa della forte opposizione dei suoi avversari.

Secondo B. l'approccio dell'Olivi al testo biblico è, per molti versi, originale. Il maestro provenzale usa tutti i metodi classici dell'esegesi del suo tempo, ma orienta il testo, in maniera inequivocabile, verso una prospettiva particolare. Nel commen­to al Libro, l'Olivi segue i tradizionali quattro sensi della Scrittura: letterale, allego­rico, morale ed anagogico, ma non vi è nessun dubbio che egli preferisca e dia im­portanza soprattutto all'interpretazione letterale del testo. B. sottolinea come tale interpretazione venga continuamente forzata dall'Olivi secondo una sua particolare prospettiva. Tutta l'esposizione ruota attorno ad alcune chiavi di lettura o corri­spondenze, in cui si riscontra fortemente l'influenza di Gioacchino da Fiore e del suo metodo di lettura della Bibbia. Lo stesso Pietro di Giovanni introduce, alla fine del primo capitolo del commento, un termine molto caro a Gioacchino: la « con­cordia ».

Questa influenza si manifesta particolarmente nell'esplicitazione del testo bi­blico secondo il senso allegorico e per B. questo non è un caso: in questo modo le concordie o corrispondenze, non sempre esplicitate nel testo, ma comunque sottin­tese, danno al commento un maggiore interesse e una profonda drammaticità. Gli avvenimenti del passato, secondo il metodo della concordia, vengono infatti inter­pretati non soltanto come allegorie spirituali di eventi futuri, ma sono anche rife­ribili ad avvenimenti storici concreti. E' così che, attraverso una serie di parallelismi tra Antico e Nuovo Testamento, l'Olivi giunge a riconoscere, nei fatti espressi dalla

Bibbia, quelli a lui contemporanei. Più si va avanti nella lettura del commento al li­bro più ci si accorge che il maestro provenzale non sta parlando del VI secolo avanti Cristo, ma sta descrivendo i suoi tempi. Tra le righe, inoltre, è sempre presente la triste consapevolezza che la fine definitiva del tempo e della storia siano ormai im­minenti.

Tale consapevolezza si fonda, secondo B., su un aspetto gioachimita dell'Olivi poco messo in rilievo: l'autocoscienza del proprio carattere profetico. Sia Gioacchi­no sia Pietro di Giovanni sono due spiriti profetici, ed è quindi naturale che il se­condo dipenda dal primo per la sua ispirazione. Sarebbe, però, un errore sottova­lutare l'ingegno, la sensibilità e lo spessore del maestro provenzale, il quale non fu un semplice ripetitore delle idee del calabrese. Ne è prova il fatto, come sottolinea giustamente B., che in molti punti la teologia dell'Olivi non corrisponde a quella gioachimita. Un esempio importante riguarda la dottrina trinitaria: per Gioacchino è assolutamente centrale anche per la sua visione della storia; per l'Olivi, invece, non è poi così rilevante, essendo egli molto più legato ad una visione cristocentrica della storia.

B. conclude la sua introduzione con una puntuale descrizione dei tre codici usati per il suo lavoro a cui segue poi l'edizione critica. Ogni capitolo del Libro è preceduto dal testo biblico di cui si fa il commento. Questo testo non è presente nei codici dell'Olivi, ma è tratto da un manoscritto, conservato alla Biblioteca Lauren-ziana di Firenze e pubblicato da B., in questa occasione, per la prima volta.

Il volume di B. è quindi un ottimo lavoro per vari motivi. Pubblicando critica­mente il testo dell'Olivi, egli pone una solida base filologica, indispensabile per la costruzione di un corretto giudizio esegetico. Ripropone, inoltre, un aspetto centra­le, ma poco conosciuto, del maestro provenzale, creando così lo spunto per ulterio­ri ricerche. Infine mette in luce aspetti particolari della personalità dell'Olivi, come la tristezza e l'amarezza per le frequenti avversità che, senza farlo cedere mai alla disperazione, gli fanno spesso assumere, nel suo commento alle Lamentazioni toni profondamente drammatici.


 



 
 
 
 
 
 
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