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Recensione: Pontificia Universitä Lateranense - Institutum Utriusque - Iuris, 77 Diritto Romano Canonico quäle diritto proprio delle comunitä cristiane dell 'Oriente Mediterraneo - IX Colloquio Internazionale Romanistico Canonistico

 
 
 
Foto Brogi Marco , Recensione: Pontificia Universitä Lateranense - Institutum Utriusque - Iuris, 77 Diritto Romano Canonico quäle diritto proprio delle comunitä cristiane dell 'Oriente Mediterraneo - IX Colloquio Internazionale Romanistico Canonistico , in Antonianum, 70/2 (1995) p. 314-315 .

Gli studi sulle comunità dell'Oriente Mediterraneo sono sempre affascinanti, a motivo dei vincoli intercorrenti tra quelle culture e quella latina, di un fascino ed un'attrazione che nulla perdono ma sono anzi rinvigoriti dal rigore della ricerca scientifica.

È con questo spirito che ci si avvicina agli atti del IX Colloquio Internazionale Romanistico canonistico dedicato alla presenza del diritto romano canonico nel di­ritto proprio delle comunità cristiane dell'Oriente Mediterraneo.

Il volume, di oltre 600 pagine, contiene - fra relazioni e comunicazioni - tren­tatre contributi che illustrano il tema sotto varie angolazioni.

La presentazione di questi contributi deve essere fatta da uno specialista in diritto romano, che li potrà inserire nel contesto dei risultati raggiunti oggi dagli studi in quella disciplina, ed evidenziarne le novità; comunque, al mio orecchio, sono parsi tutti molto interessanti.

Da parte mia, ho tuttavia prestato particolare attenzione ad alcune ricerche che toccano la vita presente delle chiese di lingua araba, o, in genere, la recente co­dificazione orientale.

Ho così rilevato l'interessante ipotesi di Danilo Ceccarelli Morolli, che i rife­rimenti dei canoni pseudo-niceni alla Chiesa Etiopica vadano piuttosto intesi in ri­ferimento a quella della Nubia, ove il cristianesimo fiorì per tutto il primo millen­nio, e definitivamente islamizzata soltanto al tempo di Salah-al-Din (il Saladino, sec. XIII).

È anche interessante l'analisi delle fonti dei testi sui quali i giudici ecclesiastici maroniti basavano le loro sentenze in materie civili, di Hanna Alwan.

Particolare rilievo assumono poi, sotto questa angolazione, due studi, uno sto­rico-sociale e l'altro giuridico.

Il primo è di Samir Khalil Samir, sullo statuto giuridico dei cristiani di lingua e cultura araba, cittadini di uno stato islamico.

L'Autore parte da uno sguardo storico, che riconosce la liberalità iniziale della normativa vigente, che risale agli albori dell'Islam, ma ne evidenzia l'attuale anacro­nismo e l'incongruenza con la mentalità odierna e con le conquiste sociali cui è ar­rivata l'umanità (e qui l'Autore avrebbe potuto citare tutte le dichiarazioni delle Nazioni Unite di cui gli stati in questione sono membri a tutti gli effetti). L'Autore passa poi ad alcune riflessioni e considerazioni, mostrando la sua piena conoscenza della società che descrive, ed alla quale egli appartiene.

Termina evidenziando ciò che lo induce a ben sperare per l'avvenire, ma senza nascondersi le difficoltà che si ergono in questo cammino di necessaria riforma.

L'altro importante contributo è di Dimitri Salachas, profondo conoscitore del­le antiche fonti canoniche: egli tratta degli influssi romani sul Codex Canonum Ec-clesiarum Orientalium rilevando, a proposito di alcuni punti comuni ai due codici, quello latino e quello orientale, che spesso essi sono dovuti all'influsso degli antichi canoni orientali sul diritto latino.

L'Autore evidenzia poi alcuni punti nei quali il CCEO, pur usando la stessa terminologia del CIC, se ne distanzia in modo notevole e sostanziale, e tra questi mi piace sottolineare quello relativo all'interpretazione della legge, che pone il CCEO nella piena continuità delle antiche tradizioni orientali: sin dalla pubblica­zione dei primi schemi di questo codice alcuni orientali ed orientalisti, teologi e non, avevano infatti mosso e continuano a muovere alla Santa Sede l'accusa di aver imposto alle Chiese Orientali Cattoliche, con il CCEO, un violento distacco da quelle tradizioni. Queste pagine di Salachas dovrebbero indurre ad una lettura più serena del can. 2 e del can. 6 del CCEO, con il conseguente superamento di certe opposizioni preconcette.

Si tratta, dunque, per il settore nel quale ho circoscritto queste righe, di due studi che dicono un'importante parola, fors'anche definitiva, su due questioni mol­to dibattute, e penso che quanti trattano uno di questi due argomenti non li pos­sano d'ora in poi ignorare.



 
 
 
 
 
 
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