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Recensione: Carlos Ignacio Gonzalez, Cristologia. Tu sei la nostra salvezza

 
 
 
Foto Battaglia Vincenzo , Recensione: Carlos Ignacio Gonzalez, Cristologia. Tu sei la nostra salvezza , in Antonianum, 64/2-3 (1989) p. 476-477 .

Si tratta di un manuale dove la dottrina cristologica è ordinata ed esposta secondo criteri e temi diventati abbastanza usuali per le opere che si prefiggono lo scopo della sistematizzazione compilativa.

Riservando un'attenzione particolare all'aspetto soteriologico, l'autore distribuisce la materia in sedici temi, suddivisi in quattro parti.

Il titolo della Parte I: «Antico Testamento: Jahvé salva» (pp. 9-75) non sembra corrispondere perfettamente ai temi che la compongono. Infatti sia il Tema I: « Il Salvatore è il centro della fede cristiana, ma l'evento salvifico è opera trinitaria», come il Tema II: «Tutti gli uomini sperimentano il male e cercano la salvezza. Risposte delle religioni, delle filosofie e della rivelazione », avrebbero trovato una collocazione più lo­gica in una Introduzione o nella parte IV, che tratta dell'attualizzazione della fede cristologica.

La parte II: « Nuovo Testamento: Gesù è "Jahvé che salva" » (pp. 77-211) espone prima i tratti salienti della figura e della missione del Gesù dei Vangeli concludendo con gli eventi della croce e della risurrezione, ed accenna poi alle cristologie dei Sinottici, di Giovanni e di Paolo.

Nella parte III: « Cristologia e soteriologia nell'antica tradizione della Chiesa» (pp. 213-284) la rassegna sui concili cristologici non prende in considerazione il Concilio Costantinopolitano II (553). Inoltre il tema XIII dedicato alle cristologie classiche di S. Anselmo e di S. Tommaso non risulta omogeneo con il periodo indicato nel titolo della Parte.

La Parte IV: « Per annunziare Gesù Cristo oggi » (pp. 285-344) racco­glie le interpretazioni passate e recenti della dottrina concernente l'unità di soggetto e la dualità di nature del Cristo. Essa termina con il tema XVI: « Per un'evangelizzazione liberatrice in Cristo », scritto per un am­bito ecclesiale latino-americano, e che richiama uno degli obiettivi della Collana, quello cioè di aprire un dialogo teologico tra Europa ed America Latina (come si legge a p. 2).

In Appendice (pp. 345-401) troviamo la presentazione di alcune cri­stologie di matrice protestante e delle opere cristologiche di L. Boff e J. Sobrino.

Mentre va apprezzato l'intendimento di realizzare un manuale di cri­stologia che sappia raccogliere il ricco patrimonio del passato e gli apporti della riflessione più recente, il che è impresa né facile né di poco conto, va fatto anche presente che non sempre i tanti argomenti sono trattati con la necessaria chiarezza e con rigore critico. Si notano a volte una certa sommarietà e modi di esprimersi un po' generici.

Segnaliamo qualche esempio.

A p. 13 leggiamo: « Nella morte e risurrezione di Gesù Cristo anche il cristiano, guidato dal magistero della Chiesa, trova da una parte l'autentica essenza di Dio (la cui rivelazione già si era avuta parzialmente, ma arriva alla sua pienezza nella Pasqua)...». L'espressione «autentica essenza di Dio » non risulta molto precisa.

Viene spontaneo chiedersi cosa intenda dire l'autore quando a p. 102 si esprime in questi termini: « Non dobbiamo mai dimenticare che i vangeli non sono trattati occidentali e moderni di teologia, nonostante ciò offrono la più ricca teologia. Non formulano (tranne rare eccezioni) i principi teologici. Ma "dipingono" la teologia in una parabola, in un gesto di Gesù, e soprattutto nella figura di Gesù stesso... ».

In questo brano vengono contrapposte due accezioni di teologia senza le eventuali, necessarie delucidazioni; e comunque il verbo « dipin­gere » non aiuta a capire la natura della teologia evangelica.

Non riteniamo chiara né convincente la ragione per cui l'autore deno­mina come « psicologico » il motivo del rifiuto di Gesù determinato «dalla differenza di dottrina e di posizioni concrete» esistente tra lui e gli interpreti della Legge (p. 131). Il motivo in questione è davvero la causa reale della condanna a morte di Gesù, causa fondata  sui fatti.

Anche il discorso sui « limiti negli inizi della dottrina cristologica » dell'epoca patristica (pp. 216-217) andrebbe chiarito e comunque sfumato maggiormente.

La spiegazione del testo calcedonese corrispondente a DS 302 trascura il contesto dell'unità di soggetto: « Il divino e l'umano in Cristo non possono ,a causa dell'unione, né confondersi, né cambiarsi, né dividersi, né separarsi. In questo modo la sua natura divina compie le opere divine, e la sua natura umana le opere umane ».

Infine, l'autore preferisce invece dell'espressione « comunicatio dì idiomi» (!) quella di «comunione di proprietà» (p. 312). La soluzione non ci sembra del tutto chiarificatrice, per il fatto che non si tratta tanto del divino e dell'umano che entrano in comunione in Cristo (pp. 312-315), quanto del Figlio di Dio che, incarnandosi, si appropria delle proprietà della natura umana e comunica a questa quelle della natura divina.

 


 



 
 
 
 
 
 
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