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Recensione: Rocca G., L'« Opus Dei ». Appunti e documenti per una storia

 
 
 
Foto Boni Andrea , Recensione: Rocca G., L'« Opus Dei ». Appunti e documenti per una storia , in Antonianum, 61/1 (1986) p. 191-193 .

Questo lavoro, come afferma l'Autore, è nato nell'ambito del Dizio­nario degli istituti di perfezione (DIP), un'opera in fase di pubblicazione, che con le voci di carattere generale (storia, spiritualità, aspetti teolo­gici, giuridici e sociologici della vita di consacrazione), dedica un'appo­sita voce ad ogni istituto di vita consacrata, vivente od estinto.

Al momento di elaborare la voce dell'« Opus Dei », primo istituto seco­lare giuridicamente riconosciuto e modello di tutti gli altri istituti seco­lari, l'Autore si è reso conto che l'interesse della documentazione rac­colta era tale da superare di gran lunga le vicende dell'Opus Dei in quanto tale, per coinvolgere tutta l'evoluzione che in questi ultimi tempi ha toccato la vita di consacrazione  (istituti religiosi e istituti secolari).

Che la documentazione raccolta per l'elaborazione di una singola voce acquisisca un interesse di così vasta portata depone certamente a favore della serietà e dell'impegno del Dizionario degli istituti di perfe­zione, ma nello stesso tempo si  ha  anche  il  dovere  di  osservare che un'opera come questa, occasionata da una tale circostanza, potrebbe anche non avere avuto tutto lo spazio necessario per la sua maturazione psico­logica e scientifica.

Nell'ottica di questo realismo, l'Autore è pienamente consapevole dei limiti del suo lavoro (si tratta di appunti per una storia), ma è altret­tanto consapevole della necessità, più volte avvertita dagli autori che si sono interessati dell'Opus Dei, di colmare un vuoto culturale sulla cono­scenza di « una istituzione certamente significativa del nostro tempo e, mediante essa, [di] altri aspetti della vita della Chiesa» (p.  128).

L'Opus Dei, in quanto « istituzione significativa del nostro tempo » è una realtà di interesse ecclesiale, ed in quanto tale, è più che legittimo il desiderio di conoscere più in profondità « la portée réelle de l'Ouvre dans l'Église au curs de cette seconde moitié du XXC siècle » (Chr. Gaisse, «Scripta theologica », Revue d'histoire  ecclésiastique,  79  [1984]  539).

In quanto ecclesiale, una istituzione è di appartenenza e di interesse di tutta la Chiesa. E' un fatto positivo che l'interesse ecclesiale di una istituzione ecclesiastica venga colto anche aldifuori di quella stessa isti­tuzione. La storia dimostra che col passare del tempo, le testimonianze più valide sulle istituzioni ecclesiastiche (ordini e congregazioni reli­giose) sono le testimonianze raccolte da posizioni di osservazione e di ascolto non direttamente coinvolte nelle vicende del protagonismo.

Anche se con qualche perplessità di interpretazione, sulla base di una sufficiente documentazione, in gran parte inedita, l'Autore porta avanti il suo lavoro trattando dell'Opus Dei come pia unione di fedeli (Cap. I), come società di vita in comune senza voti (Cap. II), come isti­tuto secolare (Capp. Ili, IV, V, VI), come prelatura personale (Cap. VII, Vili). Il capitolo nono del lavoro viene consacrato ad una valutazione generale di tutto l'iter, certamente non facile e non privo di difficoltà, percorso dall'Opus Dei.

L'esperienza dell'Opus Dei dimostra ancora una volta come le istanze di ordine evangelico non siano di facile accoglimento da parte dei « marchingegni » del diritto. Partendo dalla posizione giuridica di pia unione, canonizzata dal Codice del 1917 (can. 708), questa istituzione è pervenuta alla sua attuale configurazione di prelatura personale, realiz­zando una intuizione che il suo Fondatore ebbe probabilmente fin dal lontano 1928, quando era cappellano della prelatura nullius palatina di Madrid (pp. 13, 118). Non sarebbe errato dire che l'Opus Dei è stato coinvolto ed ha coinvolto tutto il travaglio che ha comportato l'acco­glimento nell'ordinamento giuridico della Chiesa degli istituti secolari e delle prelature personali (Conc. Ecum. Vat. II, PO, 10 e CIC 1983, cann. 294-297).

Con l'apparato critico che la distingue e con una raccolta in appen­dice di ben 53 documenti, non si può negare che quest'opera non costi­tuisca un valido contributo per la conoscenza di una istituzione eccle­siale, il cui interesse si allarga alla vasta area della consacrazione di vita, per la comprensione della realtà ecclesiale in questo ultimo scorcio della sua storia bimillenaria.



 
 
 
 
 
 
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