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Recensione: Gwilym H. Jones, 1 and 2 Kings 1; Idem, 1 and 2 Kings 2

 
 
 
Foto Nobile Marco , Recensione: Gwilym H. Jones, 1 and 2 Kings 1; Idem, 1 and 2 Kings 2 , in Antonianum, 61/2-3 (1986) p. 493-495 .

Questo recente commento ai due Libri dei Re appartiene alla ormai nota collana « The New Century Bible Commentary », segnalatasi per la snellezza e per l'ampia accessibilità delle opere in essa contenute. Da tali caratteristiche, che rendono originale e meno pesante il commentario di turno, non è mai disgiunta la solidità scientifica delle introduzioni e delle interpretazioni del testo biblico.

Tali criteri si riscontrano anche nella presente opera, che, a detta dell'A., non vuole tanto essere l'ennesimo commentario che si aggiunge a quelli dell'ultimo ventennio, quanto un lavoro di aggiornamento e d'inte­grazione, resosi necessario in seguito ai molti studi e alle vistose scoperte di questi ultimi anni nel campo dei testi deuteronomistici (= dtr), di quei libri, cioè, sviluppatisi sulla scia della teologia deuteronomica: Giosuè-2Re.

La metodologia, le opzioni esegetiche e i valori del commentario in questione, trovano la loro più gradevole e sintetica esposizione nell'Intro­duzione (85 pagine), suddivisa in sei sezioni: A - La tradizione testuale; B - Cronologia; C - La compilazione deuteronomistica; D - Fonti, E - Teo­logia; F - Prospetto tematico del contenuto.

Molto interessante è la ricostruzione della storia del testo greco e di quello ebraico, affrontata nella prima sezione. Ne viene fuori un processo genetico nel quale, per ciascuno dei quattro stadi attraversati dal testo greco, vi è la corrispondenza di un quadruplice stadio del testo ebraico. Si ha, rispettivamente, per il testo greco: a) l'originaria traduzione vetero-greca, alla quale sono seguite tre recensioni, cioè b) la protolucianea; e) la cosiddetta Kaige; d) YEsapla origeniana; per il testo ebraico, invece: a) una tradizione testuale egiziana; b) una tradizione vetero-palestinese; e) una babilonese e, infine, d) il testo massoretico (= TM).

Da tale analisi, il valore del testo greco (specialmente quello lucianeo o Kaige) esce accresciuto e le eventuali varianti rispetto al TM vanno, di conseguenza, vagliate di volta in volta, dato che non sono sempre attri­buibili a idiosincrasie del traduttore, bensì a una differente Vorlage ebraica.

Riguardo al difficile problema della cronologia presentata dai due Libri dei Re (sincronismo, antedatazione o postdatazione, coreggenze) FA. ha delle risposte circostanziate. Intanto, egli pensa che, metodologicamente, sia da annettere un valore superiore ai dati cronologici della recensione lucianea, i quali dovrebbero, perlomeno, integrare quelli del TM. Riguardo alle possibilità di calcolo cronologico secondo l'anno di ante o postdata­zione (cioè il tempo prima o dopo il primo Capodanno, rispetto all'accesso al trono), il Nostro ritiene, come soluzione più semplice, che in un primo tempo entrambi, il regno settentrionale d'Israele e quello meridionale di Giuda, abbiano usato il sistema di antedatazione, e che in seguito abbiano assunto quello di postdatazione, diffuso nel Vicino Oriente antico. Per il calendario, invece, Israele deve aver adottato fin dall'inizio quello prima­verile, mentre Giuda è passato a questo tardivamente, abbandonando il primitivo calendario autunnale.

In relazione alla questione deuteronomistica, FA. condivide la posi­zione introdotta da R. Smend e sviluppata dai discepoli W. Dietrich e T. Veijola. Dietro l'opera letteraria dtr vi sarebbe un movimento teologico complesso, prolungatosi e articolatosi nel tempo, che ha dato luogo a tre redazioni principali, quella dello storico dtr (DtrH), quella cosiddetta «pro­fetica» (DtrP) e quella « nomistica » (DtrN).

Nella trattazione del tema delle fonti, il J. arriva a due conclusioni: a) i due Libri dei Re presentano un materiale selezionato e rielaborato, talora con invenzioni leggendarie, ma b) essi rimangono sostanzialmente dei documenti storici affidabili.

La teologia dei Libri dei Re, che è poi quella di tutta l'opera dtr, si presenta come la lettura di una storia nella quale, alla luce dell'idea di alleanza tra Dio e il popolo e di quella di legge come garanzia del suo mantenimento, entrano in tensione il giudizio e la salvezza; chiave di so­luzione è il ritorno a Dio, com'era già stato rilevato dal Von Rad e dal Wolff.

Come si è detto all'inizio, l'opera del J. si situa in quella letteratura ormai abbondante sull'analisi dei testi dtr. Ora, se da un lato si deve caldeggiare il progresso critico dell'analisi letteraria su questo come su altri campi biblici, dall'altro bisogna guardarsi dal cadere artificiosamente in un atomismo neodocumentario che, forte di una letteratura di sostegno, si concentri sempre più su microtesti, di modo che si scoprano ancora nuovi più scissi microtesti. Non sempre ciò è segno di progresso critico. Lo afferma anche la recensione che J. Scharbert ha fatto al libro del Veijola, Die ewige Dynastie. David und die Entstehung seiner Dynastie nach der deuteronomistischen Darstellung Helsinki 1975, in Biblische Zeit-schrift 21 (1977) 291s. Lo studioso pensa ad un... eccesso di finezza (zu scharfsinnig) nell'uso ad oltranza da parte del Veijola dell'ipotesi di più redazioni dtr.

Un'impressione del genere si ricava quando nell'Introd. dell'opera che abbiamo recensito, si distingue nettamente tra redattore storico, r. pro­fetico e r. nomistico (pp. 42-44) e più in là si dichiara che non si possono ascrivere a sacerdoti o a profeti o a scribi sapienti i rispettivi brani di natura sacerdotale, profetica o sapienziale che si trovano nell'opera dtr, dato che quello deuteronomistico è un movimento unitario che ha adope­rato elementi sia sacerdotali che profetici o sapienziali (pp. 44-46).

Proprio quest'ultimo elemento invita ad una maggiore prudenza nel moltiplicare redazioni distinte come storiche, profetiche o nomistiche.



 
 
 
 
 
 
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