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Recensione: Klaus Berger, Formgeschichte des Neuen Testaments

 
 
 
Foto Herman Z.I. , Recensione: Klaus Berger, Formgeschichte des Neuen Testaments , in Antonianum, 61/2-3 (1986) p. 495-497 .

K. Berger è noto nel mondo esegetico. Ultimamente aveva pubblicato presso la stessa Casa editrice un volume (inserito poi nell'UTB 658) sui nuovi sentieri e tentativi per fare l'esegesi neotestamentaria (cf. Exegese des Neuen Testaments. Neue Wege vom Text zur Auslegung, 1977), il cui scopo era « Impulse aus Nachbardisziplinen der Theologie kritisch fur konkrete Exegese des Neuen Testaments zu verarbeiten » (ibid. p. 5). Il presente volume vorrebbe esserne una continuazione nel senso di portarne concretamente avanti il programma metodologico « nach seiner form-geschichtlichen Seite hin fiir alle Texte des Neuen Testaments » (p. 8).

Un'impresa non da poco conto. Riformare la Formgeschichte di Di-belius-Bultmann che aveva formato generazioni di esegeti è un intento finora senza precedenti, almeno dal punto di vista sistematico. C'è di più. Non si tratta solamente di riformare un metodo collaudato (benché in molti particolari zoppicante e insoddisfacente), ma di ampliarlo radical­mente. Dibelius-Bultmann hanno infatti ridotto il discorso esclusivamente ai vangeli e per di più quelli sinottici (il primo parlava della Formgeschi­chte des Evangeliums, il secondo della Geschichte der synoptischen Tra-dition). Berger per contro intitola semplicemente Formgeschichte des Neuen Testaments.

Si ha l'impressione di trovarsi di fronte ad una sintesi, diciamolo subito ben riuscita, del metodo deduttivo di Dibelius (= dall'organizza­zione della chiesa primitiva ricostruire le forme letterarie che scandivano il suo quotidiano) e quello induttivo di Bultmann (= partendo dalle forme letterarie scoprire la loro portata teologico-vitale per le prime comunità cristiane). Sarebbe tuttavia troppo poco parlare solo di una sintesi. Si tratta anche di un superamento quantitativo: mentre Dibelius distingueva grosso modo otto forme basilari della tradizione sinottica e Bultmann quattro-cinque, Berger — tenendo conto di tutto il NT — ne elenca un centinaio.

L'A. da buon metodologo incomincia col definire i termini: a) Form­geschichte = Gattungskritik (identificazione dei generi letterari in base a precisi criteri) + Gattungsgeschichte (storia dell'uso dei generi letterari nel contesto culturale del vicino e medio Oriente nonché di quello europeo); b) Form è l'insieme di aspetti stilistici, sintattici e strutturali di un testo, ossia la sua configurazione linguistica (« seme sprachliche Gestalt »); e) Gattung, il genere è un gruppo di testi con caratteristiche simili, anche se diversificate (« verschiedener d.h. nicht nur formaler Art», p. 9).

Il corpo del libro è costituito dall'approfondita analisi dei diversi generi (Gattungen), raggruppati in quattro categorie principali: 1) Sammelgat-tungen (pp. 25-116), suddivise a loro volta in a) Analogische und bildhafte Texte (per es. paragone, metafora, parabola, allegoria...); b) Sentenzen; e) Reden (discorsi nei vangeli e negli Atti, discorsi d'addio); d) Chrie / Apoftegma (sentenze, gnomi, azioni di qlc. secondo un preciso schema, per es.: x fu interrogato su y e disse, o fece, z; nei vangeli e Atti Berger ne trova 67 esempi); e) Argumentation; f) Formgeschichtliche Aspekte des Umgangs mit der Schrift im NT (i generi letterari e i procedimenti rab­binici; l'uso e il sito vitale delle citazioni veterotestamentarie nel NT e nel giudaismo). - 2) Symbuleutische Gattungen (pp. 117-220), cioè i testi che hanno in comune l'appello, l'esortazione, con lo scopo « den Horer zum Handeln oder Unterlassen zu bewegen» (p. 18). Berger ne elenca 27 tipi riscontrabili nel NT che vanno dalla semplice esortazione alla vera e propria argomentazione symboleutica. - 3) Epideiktische Gattungen (pp. 221-359), ossia i testi descrittivi (cose, persone, storie) per lasciare un'immagine impressiva nel lettore con lo scopo di invitarlo ad un certo tipo di reazione; Berger ne trova nel NT 38 diverse categorie che vanno dalla semplice descrizione di una figura (per es. Me 9,3) fino a sviluppare veri e propri generi letterari (epistolario, « vangelo », « gli Atti degli apostoli », biogra­fia ecc.). - Infine 4) Dikanische Gattungen (pp. 360-365), praticamente sei pi di testi apologetici che vogliono convincere il lettore di un certo fatto (dikanikos appartiene infatti al vocabolario giudiziario).

Tre ampi indici, soprattutto quello delle citazioni neotestamentarie, fanno del volume un utilissimo strumento di lavoro. E' troppo modesto l'augurio dell'A. secondo cui il libro dovrebbe soprattutto aiutare a porsi, durante il lavoro personale con i testi NT, « sinvolle Fragen » (p. 8). Ogni esegeta si accorgerà facilmente che Berger ha dato alla luce pagine pionie­ristiche, il cui peso nel ripensamento e nella riforma della Formgeschichte si tocca con mano. Il problema è solo che ci vorranno anni, come è il caso di libri del genere, di prassi e di collaudo, per valutarne giustamente il contributo preciso nel travagliato mondo dei metodi esegetici.

Il libro, o meglio, il manuale, di Berger merita di essere pubblicato al più presto nell'UTB (con dovuti miglioramenti tipografici; cf. soprat­tutto p. 64-25) per poter essere a disposizione di un più largo pubblico ed entrare, di conseguenza, pienamente nel cantiere esegetico. Un suggeri­mento finale. Berger fa spesso riferimento al suo lungo « articolo »: Hellenistische Gattungen und Neues Testament, in Aufstìeg und Niedergang der rómischen Welt (= ANRW) II, 23,2, Berlin 1984, 1031-1432 + Reg. Si tratta infatti di un ampio lavoro che ha preparato e in maniera deter­minante condizionato la presente Formgeschichte. Pochi lettori l'avranno a disposizione, per cui i continui riferimenti ad esso all'inizio dei paragrafi, e spesso nel testo stesso, rimangono vani. Forse è troppo chiedere che l'A. nelle prossime edizioni compili una specie di simbiosi dei due volumi; si potrebbe augurare almeno che Hellenistische Gattungen und NT sia pub­blicato come un volume a parte da mettere a fianco della Formgeschichte. Le sarà compagno fedele nel lungo e, ne siamo certi, felice cammino nei meandri, spesso insidiosi, del paesaggio esegetico.



 
 
 
 
 
 
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