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Recensione: Werner H. Schmidt, Exodus, Sinai und Mose

 
 
 
Foto Nobile Marco , Recensione: Werner H. Schmidt, Exodus, Sinai und Mose , in Antonianum, 60/4 (1985) p. 689-690 .

Con questo suo studio, l'A. fa il punto sulla ricerca più recente riguar­dante i temi di fondo del pentateuco. Esso s'inserisce nella tormentata vi­cenda dell'interpretazione dei primi cinque libri dell'AT con una duplice opzione, necessarie per limitare l'ampiezza del lavoro, più approfondita­mente sviluppato nel commentario all'Esodo dello stesso S. per la collana « Biblischer Kommentar ».

In primo luogo, l'A. investiga sulla relazione che può esservi e fino a che punto essa possa sussistere fra le fonti pentateucali e la storicità dei fatti da esse riportati. In secondo luogo, per omogeneizzare ed arti­colare i vari temi biblici tra loro, egli sceglie la figura di Mose come il filo conduttore attorno a cui si galvanizzano gli eventi dell'Esodo.

Lo studio comincia con la storia della ricerca attorno a Mosè, che si confonde con la storia della critica pentateucale stessa, e prosegue con la disamina dei fatti biblici nella successione del libro dell'Esodo: Israe­le in Egitto (e. 2), infanzia e vocazione di Mosè (e. 3), l'uscita dall'Egitto (e. 4), la rivelazione del Sinai (e. 5), guida nel deserto (e. 6). L'ultimo capitolo, il settimo, è dedicato alla consistenza del rapporto tra Mosè e i Madianiti (tribù beduine della penisola arabica), con i quali egli aveva contratto parentela sposando Sippora, figlia del loro sacerdote letro. E' uno dei capitoli più interessanti del libro, perché l'elemento madianitìco, oltre a dare consistenza alla storicità, a volte addirittura negata, di Mosè, porta anche luce sul culto preisraelitico al « Dio della Monta­gna », Jahwè.

Come al solito nei testi di questa collana, gli studi sono un aggiorna­mento intenso e complesso che rende impraticabile la discussione detta­gliata. Così anche per questo libro dobbiamo limitarci a dire che il me­rito maggiore, oltre a quelli di dettaglio, è proprio la panoramica aggior­nata che esso offre sulla problematica storico-letteraria del libro del­l'Esodo, anche se non si registra niente di radicalmente nuovo nel versante esegetico costituito dal mondo storico-critico di lingua tedesca. Le nuove acquisizioni sono talvolta solo spostamenti di tendenza o oscilla­zioni pendolari d'orientamento che, poi, fanno attestare su posizioni pre­cedenti. E' l'A. stesso che lo afferma e lo dimostra quando, nel presen­tare i risultati della sua ricerca, si domanda: « Kehrt in dieser berech-tigten, im Einzelfall allerdings schwer zu vollziehenden Unterscheidung nicht M. Noths Aufteilung zwischen dem Grundbestand der Uberlieferung und ihrer "Auffiillung mit Erzahlstoffen" in eingegrenzter Form wieder? » (p. 127).

Già, difatti, proprio questo è il punto di arrivo fermo e il problema di partenza della critica pentateucale classica, fin dai tempi di Wellhausen, Gunkel, Meyer, Gressmann, ecc.: dato che la letteratura veterotestamen­taria è perlopiù frutto della posteriore entità « Israele » e non offre, né può offrire dettagli immediatamente attendibili sulle lontanissime ori­gini, rimane all'esegeta storico-critico l'immane compito di saper discer­nere nel mare delle concrezioni letterarie successive, i nuclei autenti­camente storici.

Ma anche se di fronte a tali difficoltà, lo scienziato non può lasciare posto al pessimismo, come dice l'A. (p. Vili).



 
 
 
 
 
 
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