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Recensione: RKCHIA VINCENZO, Gregorio Magno e la societā agricola. (Verba Seniorum, N.S., 8)

 
 
 
Foto Weijenborg Reinhold , Recensione: RKCHIA VINCENZO, Gregorio Magno e la societā agricola. (Verba Seniorum, N.S., 8), in Antonianum, 55/3 (1980) p. 523-525 .

In un tempo, nel quale i contadini e i lavoratori agricoli vengono fa­cilmente oppressi sia nei loro diritti come uomini sia nello spiegamento libero e redditizio del loro lavoro, è particolarmente benvenuto il presente libro, scritto da Don Vincenzo Recchia S.D.B., professore di Latino me­dioevale nell'Università di Bari, il quale presenta ai lettori moderni come esame di coscienza ciò che il Papa San Gregorio Magno (a. 590-604) ha fatto per il mondo contadino del suo tempo. Basandosi soprattutto sulle Lettere e i Dialoghi del Papa l'A. registra prima le terre sulle quali il Santo ebbe ad intervenire, quelle appartenenti alla Chiesa romana (il co­siddetto patrimonio) e le altre in possesso di altre Chiese o di certi mona­steri e simili istituti. Mentre il  Papa esorta casualmente i Vescovi ad amministrare le terre delle loro diocesi in modo evangelico e protegge ordinariamente  le   terre   dei   monasteri   contro   le   cupidigie   altrui, egli s'occupa  soprattutto  delle  terre  del patrimonio  per farle  amministrare giustamente e con apertura verso i compiti pastorali e missionari della Chiesa. Poi FA. esamina le funzioni del personale addetto al patrimonio. Egli tratta non solo dei difensori, cioè delegati del Papa per certe regioni, con il loro personale d'ufficio (notarii) e di esecuzione giudiziaria e fiscale (actionarii), ma anche dei conduttori, nominati dai defensori per la ge­stione di certe tenute, e dei contadini stessi, ordinariamente liberi ma servi della gleba, degli schiavi, braccianti e deditizi (questi ultimi in Afri­ca). Nella sua corrispondenza il Papa cerca anzitutto di alleviare gli oneri troppo gravi dei contadini, sia abolendoli, sia facilitandone il pagamento, e quelli dei conduttori, trasformando i loro contratti cinquennali, gravati da spese notariali dovuti ai defensori, in contratti di enfiteusi validi per circa 30 anni. Oltre « il riordinamento morale dell'amministrazione a van­taggio dei coloni » (p. 142), il Papa crea condizioni favorevoli al bene delle anime per mezzo del personale amministrativo, composto per lo più non di laici, ma di chierici tonsurati « dediti all'ascesi personale e al servizio della Chiesa » (p. 143). Talvolta offre perfino facilitazioni agrarie ai Giudei per farli convertire (p. 32) o loda il potere imperiale per aver costretto degli scismatici a lavorare nelle terre della Chiesa (p. 75-81).

Secondo l'A. Gregorio « ignora il concetto di dominium, inteso come signoria piena e indipendente della persona sulla cosa posseduta, pro­prio del diritto romano» (p. 152). Appoggiato sulla S. Scrittura il Santo avrebbe insegnato: « Della terra godono per primi quelli che la lavorano, nella misura in cui la lavorano. Accanto ad essi, nella giusta proporzione secondo Vordo dispensationis, i possessores e i poveri, la parte dell'uma­nità senza possesso e senza capacità di guadagnare » (p. 153).

Il presente libro, basato su una profonda conoscenza non solo delle opere gregoriane, ma anche della letteratura afferente, dà sufficienti spunti alla riflessione per giustificare appieno il contributo, con il quale il C.N.R. ha sostenuto il lavoro del Prof. Recchia. Esso è fornito di una biblio­grafia utilissima e di quattro indici ugualmente profittevoli: dei luoghi biblici addotti, dei testi di Gregorio citati, dei nomi e delle cose princi­pali, e delle materie.

Per mostrare l'interesse in noi suscitato da questa raccolta ben ordi­nata di informazioni utilissime su San Gregorio e l'agricoltura facciamo alcune osservazioni critiche. In primo luogo, dove l'A. parla della « schola defensorum» come di una scuola fondata a Roma dal Santo (p. 34-35; 148), si tratta a nostro avviso piuttosto di una « schola » nel senso post-classico di una classe curiale di chierici, esistente almeno dalla fine del secolo IV. Poi FA. cita (p. 104) la lettera IX.199 (11,188) di Gregorio al difen­sore della Sicilia, come se questa riguardasse l'estratto del catasto romano ecclesiastico, affidato al difensore. Infatti però si tratta del catasto ro­mano stesso, poiché il difensore, ricevuta una precedente lettera di Gre­gorio, ma non avendo voluto eseguirla sotto pretesto di non aver ricevuto insieme la notizia del relativo cambiamento avvenuto nel catasto ro­mano, viene rimproverato dal Papa per questo ritardo nell'esecuzione dei suoi ordini. Di più Gregorio parla della notizia suddetta come non an­cora «caraxata [cancellata; da charassò: charakizó] », ma l'A. cambia la parola erroneamente in « cataraxata [stracciata] », come se fosse da « kaatarrégnymi ». Si trovano per altro poche scorrezioni in questo libro. Per esempio l'A. parla alle p. 12, 47, 89, 181 di « exatio », benché si tratti di « exactio ».

Riguardo al concetto di « dominium », che Gregorio avrebbe sostituito «con quello di possesso e godimento» (p. 153), fino al punto che «il dominio sulle creature irrazionali, non mai sugli uomini, è attribuito al genus humanum in nome della naturalis aequàlitas » (p. 152), si deve osservare che il Papa nella lettera 1,9 parla nondimeno di un « dominio rei apud possessorum, sicut hactenus possessum est, videlicet permanente » (1,11,7); che egli nella lettera IV,21 proibisce ai Giudei « Christianum man-cipium in suo retinere dominio », concedendo implicitamente ai Cristiani di retinere il dominio sui loro schiavi (11,256,3); che secondo la lettera V,28 un certo Cicerione, servo della chiesa di Miseno, deve riconoscere «il giogo del dominio» di essa su lui (1,309,1).

In fine ci avrebbe piaciuto, se l'A. avesse espresso qualche riserva propria, dove riferisce che Gregorio « sostenne una battaglia vigorosa » contro i Donatisti (p. 77) e che il Papa approvò la loro deportazione (p. 79), e se non avesse parlato di « soprusi legittimati dalla consuetu­dine» (p. 85).



 
 
 
 
 
 
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