Herman Z.I. ,
Recensione: MARIA HANNEMAN-DIJKSTRA, The Plot. Solution of the mystery of Jesus of Nazareth,
in
Antonianum, 54/2-3 (1979) p. 529-531
.
Questo libretto di poche pagine non avrebbe meritato un'attenzione critica, se la sua autrice non avesse preteso di aver risolto, come afferma il sottotitolo, uno dei più grandi misteri della storia: la morte di Gesù Cristo. Precisiamo subito che si tratta di uno scritto esclusivamente polemico nei confronti della Chiesa cattolica e della dottrina tradizionale sulla morte di Cristo. Ci troviamo davanti non ad un trattato scientifico, rigoroso e argomentato, ma a delle interpretazioni soggettive e parziali di una lettura dei vangeli di tipo fantascientifico.
Per l'autrice i vangeli sono ancora « una specie di biografia combinata, piuttosto inesatta e piena di contraddizioni » (p. 2). Già questo semplice assunto mostra l'ignoranza flagrante della scrittrice nei confronti dei generi letterari e dello scopo kerygmatico del vangelo. Non ci meraviglia invero il suo disappunto nel non poter « conciliare » alcune inesattezze «storiche» nelle genealogie di Mt e Le (cf. pp. 15-16). D'altro canto per l'autrice è del tutto chiaro che Gesù è nato a Betlemme di Galilea, a poca distanza da Nazareth, e non nella Betlemme dì Giudea, dato che una donna incinta non avrebbe mai potuto percorrere in pochi giorni 150 km quanto dista Nazareth da Betlemme in Giudea (p. 18). Un argomento veramente ad hominem! Così gli evangelisti già dall'inizio avrebbero falsificato i fatti (pp. 18-19). Secondo l'autrice Gesù è stato educato in una scuola rabbinica, forse quella dello stesso grande Hillel, per poter in seguito diventare «a religious teacher or rabbi» (p. 22). La parte più «originale» del nostro opuscolo è quella dove l'autrice cerca di mostrare, violentando i testi a destra e a sinistra, che Gesù stesso, dopo un certo tempo, avrebbe intenzionalmente provocato la sua morte per salvare le Scritture dell'AT di fronte alla prossima distruzione del tempio e delle istituzioni giudaiche da parte dell'esercito romano. E, per poterlo fare, Gesù si mette in contatto, nientemeno, che con Caifa e il suo grande consiglio; l'autrice lo deduce da Gv 18,14: « E' meglio che un uomo solo muoia per il popolo... » (!) In tale occasione Gesù avrebbe espresso la sua disponibilità di farsi uccidere « to save at least the Scriptures and part of the people » (p. 31). In ragione di ciò avrebbe cominciato a predicare « his disputed and controversial "new religion" » (ibid.). Le pagine che seguono, poi, (31-37) rappresentano il capolavoro di una possibile ricostruzione dell'insegnamento e della vita pubblica di Gesù, ricavata dalla confusione esemplare tra i vangeli sinottici e quello di Giovanni. Per provocare la sua morte Gesù si sarebbe proclamato il Figlio di Dio e Messia, naturalmente sempre in accordo con Caifa. Gesù stesso avrebbe mandato Giuda per informare Caifa che lo si sarebbe trovato nell'orto degli Ulivi (p. 36). Giuda fu solo tra i discepoli a sapere del complotto tra Gesù e Caifa e si tolse la vita vedendosi ingiustamente accusato di essere stato proprio lui il traditore, mentre fu solo il fedele esecutore della volontà di Gesù (p. 37). Dopo la crocifissione, il terzo giorno, secondo il piano già prestabilito tra Gesù e Caifa, il corpo di Gesù sarebbe stato prelevato dalla tomba perché si potesse diffondere la fede nella sua risurrezione (p. 38). Tuttavia, un'altra persona, con le sembianze di Gesù, avrebbe ripreso j contatti con i suoi discepoli, dando loro le ultime istruzioni. E così nacque il cristianesimo, grazie a un grande imbroglio (p. 39). L'autrice non risparmia in seguito la critica viscerale nei confronti della chiesa ricca e potente che, dopo aver tradito il messaggio di Cristo (p. 40 ss.), avrebbe inventato Satana e il peccato originale per tenere in paura e obbedienza i suoi fedeli. Ancora, la chiesa viene accusata per la diffusione dell'antisemitismo: al posto di diffamare i Giudei, il Vaticano (!) dovrebbe ringraziarli, perché « without the plot by Jesus and Caiphas non Church of Rome would existed » (p. 42).
Il pamphlet della Hanneman-Dijkstra finisce costatando che l'Antico Testamento fu l'unica cosa salvata con certezza da Gesù, grazie alla sua morte (p. 43). A parte il fatto che codesta ipotesi, alquanto curiosa, non trova nessun fondamento nella tradizione neotestamentaria, non vediamo perché sarebbe stata necessaria proprio la morte di Gesù per salvare le Scritture: la loro sopravvivenza, come ha mostrato la storia, non dipendeva dalla distruzione o meno del tempio di Gerusalemme, ma dall'attività fiorente del giudaismo della diaspora nel quale è sopravvissuto lo spirito ebraico fino ad oggi.
Non c'è bisogno di contraddire al dettaglio tutte le inesattezze di questo opuscolo, frutto di una intenzionata ignoranza e di uno sleale tendenzionismo. Ogni lettore, anche poco critico, se ne renderà conto. Noi l'abbiamo presentato solo per mostrare che un certo genere delle « vite di Gesù » non è ancora morto, malgrado l'orazione funebre tenutagli da Albert Schweitzer più di settant'anni fa.
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