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Miscellanea: Profezia e compimento del « mistero » nel matrimonio cristiano

 
 
 
Foto Conti Martino , Miscellanea: Profezia e compimento del « mistero » nel matrimonio cristiano, in Antonianum, 71/2 (1996) p. 325-336 .

SUMMARY: - Starting from n. 9 of the Letter of John Paul II, dated the 2nd February 1994, addressed to families, the author deals with the relationship existing between the prophecy and the accomplishment of the « mystery » in Christian marriage. The great mystery, spoken of by St. Paul in Eph 5,32, moves itself between the prophecy and the historical fulfilment of the ideal model. In conformity with God's design, Christian marriage has its « prophecy » in the nuptial alliance between man and woman (Gen 2,24), its « accomplishment » in the loving alliance between Christ and the Church (Eph 5,32), and its « historical fulfilment » in the conjugal alliance between husband and wife (Eph 5,22-23). The study puts in evidence the ori-ginality of the Pauline teaching, which manifests itself above ali in the christological and the ecclesiological foundation of the Christian marriage.

Rivolgendosi alle famiglie per annunziare loro la « verità » sul matri­monio, Giovanni Paolo II privilegia il testo di Ef 5,22-33. Questo testo con­sente al Papa di sintetizzare il tema della vita familiare con la parola « grande mistero » (Ef 5,32). Dal « codice familiare » della lettera agli Efe­sini (Ef 5,21-6,9), traspare infatti la fede della Chiesa nel « grande miste­ro » dell'eterno amore, già presente prima nella creazione, rivelato in Cri­sto e affidato alla Chiesa.

Trattando del « grande mistero », il Papa al n. 19 della Lettera alle fa­miglie mette in evidenza che, secondo il progetto di Dio, il matrimonio ha la sua « profezia » nell'alleanza sponsale tra uomo e donna di Gen 2,24 (Ef 5,31), il suo compimento nell'alleanza d'amore tra Cristo e la Chiesa (Ef 5,32) e la realizzazione storica del modello ideale Cristo-Chiesa nell'allean­za sponsale tra marito e moglie (Ef 5,22-33).

Illustrando il « grande mistero », di cui parla san Paolo in Ef 5,32, il Papa si muove dunque tra profezia, compimento del mistero e realizzazio­ne storica del modello ideale. Questi tre elementi, presenti sia nel testo paolino che nella Lettera di Giovanni Paolo II, sono così intimamente con­giunti e compenetrati l'uno all'altro, che si illuminano reciprocamente.

È questo il primo documento, a partire dal Concilio Vaticano II, nel quale si fa ricorso a Ef 5,32 per illustrare il senso del matrimonio e della vi­ta familiare. L'importanza di Ef 5,21-33 nell'economia della Lettera alle fa­miglie risulta anche dal fatto che il Papa parla di « grande mistero » (Ef 5,32) non solo nel n. 19, intitolato « Il grande mistero », ma anche nei nn. 9 e 10, che trattano rispettivamente della « genealogia della persona » (n. 9) e del « bene comune del matrimonio e della famiglia » (n. 10).

Si deve notare che questo concetto non è entrato né nell'Esortazione Apostolica Familiarìs Consortio dello stesso Giovanni Paolo II del 22 no­vembre 19811, né nei nn. 47-52 della Costituzione Pastorale Gaudìum et Spes del Concilio Vaticano II, che affrontano il problema della dignità del matrimonio e della famiglia2.

Altro testo biblico, al quale fa riferimento il Papa nella Lettera alle fami­glie, è Gen 2,24. Su quattro volte, che ritorna nella Lettera, solo nel n. 19 è in stretto rapporto di dipendenza da Ef 5,32; nei nn. 7 e 18, il testo di Gen 2,24 è in rapporto con Mt 19,6, cioè con il carattere indissolubile dell'alleanza sponsale propria del matrimonio cristiano, mentre nel n. 8 della stessa Lette­ra, Gen 2,24 ricorre due volte da solo per inculcare l'unità dei due (marito e moglie), cioè la scelta consapevole e libera che dà origine al matrimonio, e il divenire dell'uomo e della donna nel matrimonio « una sola carne ».

Quanto alla Familiarìs Consortio, la citazione di Gen 2,24 ritorna due volte in rapporto con Mt 19,5.6, cioè con la verità del « principio » (n. 13)3, e con l'indivisibile unità della comunione coniugale, cioè con l'essere non più due, ma una sola carne (n. 19)4, una volta da sola (n. 14), trattando dei figli come dono del matrimonio5, e una volta in un confronto globale tra Gen 1-2, Ef 5 e Mt 19, parlando del bene prezioso del matrimonio e della famiglia: « voluti da Dio con la stessa creazione (Gen 1-2), il matrimonio e la famiglia sono interamente ordinati a compiersi in Cristo (Ef 5) e hanno bisogno della sua grazia per essere guariti dalle ferite del peccato e ripor­tati al loro « principio » (Mt 19,4), cioè alla conoscenza piena e alla realiz­zazione integrale del disegno di Dio (consilii divini) »6.

Affrontando la lettura del n. 19 della Lettera allefemiglie, metterò in evidenza la « profezia » del progetto creativo di Dio, insito nell'alleanza spon­sale tra uomo e donna di Gen 2,24, il compimento del mistero nell'alleanza d'amore tra Cristo e la Chiesa secondo Ef 5,32, e la realizzazione storica del modello ideale Cristo-Chiesa nel matrimonio cristiano secondo Ef 5,22-33.

1 - L'alleanza tra uomo e donna nel progetto creativo di Dio

Il rinvio a Gen 2,24 nella Lettera alle famiglie segue un duplice filone: la rilettura fatta da Gesù in occasione della disputa sul « divorzio » (Mt 19,1-9) e quella fatta da san Paolo nella lettera agli Efesini per mettere in evidenza il compimento del patto d'amore tra Cristo e la Chiesa (Ef 5,31-32).

1.1 - Carattere indissolubile dell'alleanza coniugale

Il carattere indissolubile del matrimonio è sottolineato dal Papa nei nn. 7.8.18 della Lettera alle famiglie. Dopo aver ricordato che la famiglia è la prima e fondamentale espressione della natura sociale dell'uomo, che la famiglia è una comunione di persone e che la famiglia prende inizio dalla comunione coniugale, intesa come « alleanza » nella quale l'uomo e la donna « mutuamente si danno e si ricevono » (GS 48), il Papa rinvia al libro della Genesi, il quale ci apre a questa verità quando, riferendosi alla costitu­zione della famiglia mediante il matrimonio, afferma: « L'uomo abbando­nerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne » (Gen 2,24). In polemica con i farisei, che sulla base del codice mosai­co ammettevano e giustificavano il divorzio (Dt 24, l)7, Gesù ribalta quelle posizioni rifacendosi al progetto di Dio, espresso nella creazione: « a princi­pio non fu così » (Mt 19,8)8, e come « testimonianza biblica » rinvia a Gen 2,24: « Il Creatore da principio li creò maschio e femmina » (Gen 1,27) e dis­se: « Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua mo­glie e i due saranno una carne sola (Gen 2,24) » (Mt 19,4-5). E conclude: « Quello che Dio ha congiunto l'uomo non lo separi (Mt 19,6) » (n. 18).

Con il rinvio a Gen 2,24, Cristo supera di fatto non solo lo scoglio del­la legislazione mosaica, motivata dalla durezza del cuore » (Mt 19,8), ma anche le conseguenze del peccato che ha creato una certa subordinazione della donna dall'uomo (Gen 3,16b), per riportare il rapporto di parità tra uomo e donna nel matrimonio (comunione sociale, comunione di persone, comunione coniugale), e ribadisce il carattere simbolico e normativo del racconto haggadico9 e halakhico10 di Gen 1-2. Come legislatore della nuova alleanza (nuovo Mosè), Cristo rivela il carattere simbolico-normativo di un fatto (del quale non si conoscono le modalità di realizzazione!), che esiste « dal principio » e che conserva sempre in sé tale contenuto. Con l'accosta­mento di Mt 19,1-9 a Gen 2,24, Gesù conferma « ora » in modo chiaro e inequivocabile il carattere indissolubile del matrimonio, quale fondamento del bene comune della famiglia (n. 7).

Richiamandosi « al principio », Gesù ritrova alle origini stesse della creazione il disegno di Dio, sul quale si basa la famiglia e, per suo tramite, l'intera storia dell'umanità. Sulla base di Mt 19,6-8 e di Gen 2,24, il Papa afferma che « la realtà del matrimonio diventa, per volontà di Cristo, vero e proprio sacramento della nuova alleanza, segnata dal sigillo del sangue redentore di Cristo ». Il Papa si rende conto che « questa stupenda verità riguardante la famiglia e il matrimonio in quanto fondamento della fami­glia, è umanamente difficile ad essere accolta e vissuta. Ma ciò non toglie che, perché umanamente difficile, non sia vera (n. 18).

Nel n. 8, con il duplice richiamo a Gen 2,24, la Lettera alle famiglie sot­tolinea « l'unità dei due », mette cioè in luce la scelta consapevole e libera che dà origine al matrimonio, rendendo marito un figlio e moglie una fi­glia. L'uomo e la donna nel matrimonio si uniscono tra loro così saldamen­te da divenire « una sola carne » (Gen 2,24). Maschio e femmina per co­stituzione fisica, pur somaticamente differenti, partecipano in modo uguale alla capacità di vivere « nella verità e nell'amore ». Questa capacità ha una dimensione spirituale e corporea insieme. È anche attraverso il corpo che l'uomo e la donna sono predisposti a formare una « comunione di perso­ne » nel matrimonio. Questa è la verità della famiglia e del matrimonio « al principio » e che, secondo il Papa, si deve realizzare « nella verità e nell'amore », mettendo in luce la maturità propria delle persone, create ad immagine e somiglianza di Dio (n. 8).

1.2 - Valore tipologico del patto sponsale uomo-donna

Il valore tipologico-profetico del patto sponsale uomo-donna in rap­porto a Cristo e alla Chiesa è sottolineato dal Papa al n. 19 della Lettera al­le famiglie. Sulla scia della lettera agli Efesini, il Papa fa una rilettura in chiave cristologica ed ecclesiale di Gen 2,24 e ne mette in risalto l'aspetto « profetico ». Secondo san Paolo il progetto salvifico di amore sponsale, ri­velato in Cristo e nella Chiesa, non è posteriore al peccato, ma risale alla prima creazione. L'Apostolo vede infatti in quel racconto una parabola dell'alleanza salvifica manifestata ora nella nuova creazione11.

Rinviando al libro della Genesi, san Paolo indica nell'unione-alleanza sponsale tra Adamo ed Eva, cioè tra uomo e donna nel matrimonio e nella famiglia, il progetto creativo di Dio: « L'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua moglie e i due saranno una sola carne » (Ef 5,31; Gen 2,24).

Il « grande mistero » dell'eterno amore è già presente nella prima creazione (Gen 2,24). Secondo il Papa non si può comprendere la Chiesa come Corpo mistico di Cristo, come segno dell'alleanza dell'uomo con Dio in Cristo, come sacramento universale di salvezza, senza riferirsi al « gran­de mistero », congiunto alla creazione dell'uomo maschio e femmina ed al­la vocazione di entrambi all'amore coniugale, alla paternità e alla materni­tà. Non esiste il « grande mistero », che è la Chiesa e l'umanità in Cristo, senza il « grande mistero » espresso nell'essere « una sola carne » (Gen 2,24; Ef 5,31-32), cioè nella realtà del matrimonio e della famiglia (n. 19). Letto nell'ottica di Ef 5,32-32, il testo di Gen 2,24 assume tutto il suo valore « eziologico », « sapienziale » e « tipologico » in rapporto a Cristo e alla Chiesa.

Secondo Von Rad, che vede in Gen 2,24-25 una frase conclusiva e riassuntiva, i w. 24-25 costituiscono l'epilogo di tutta la narrazione, come il vertice verso cui era stata orientata fin dall'inizio. Essa sarebbe sorta dalla preoccupazione di dare una risposta a questioni ben determinate (carattere « eziologico » di tutto il racconto), quali: il fatto della potente attrazione dei sessi tra loro, il vincolo matrimoniale più forte di quello che lega i figli ai genitori, l'intima reciprocità di questa attrazione che non si placa finché non sarà diventata una sola carne come all'origine. Di fatto i due, uomo-figlio e donna-figlia, tornano a riunirsi di nuovo nel matrimonio e sono vo­tati a un destino comune. Questa narrazione « eziologica » consente di fat­to all'autore sacro di individuare nell'uomo e nella donna qualcosa di esi­stente, di preesistente e di costitutivo della persona umana, sia che si tratti dell'uomo sia che si tratti della donna12.

Per Westermann, che considera il v. 24 un'appendice e la spiegazione del nome (= eziologia) un tratto secondario, nel racconto della creazione di Gen 2 la comunità uomo e donna è intesa come una comunità di vita che abbraccia tutti i campi della vita, che include la maturità e la vecchiaia e giunge fino alla morte. L'essere-uomo comprende l'uomo e la donna con pari importanza e pari valore13.

La riflessione « sapienziale » guarda a Gen 2,24 da un'altra angolatu­ra. Il v. 24, in quanto versetto conclusivo, descrive in stile sapienziale, non solo il fatto della mutua attrazione dell'uomo e della donna, ma soprattutto il senso di tale attrazione, che è fondazione di una nuova famiglia: « Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola » (Gen 2,24)14.

Con il suo carattere « eziologico » ('issah-donna da '«-uomo)15 e con il valore sapienziale di Gen 2,24, uomo e donna, più che Adamo ed Eva, in­dicano l'uomo e la donna, ogni uomo e ogni donna che per vocazione da uomo-figlio e donna-figlia sono destinati a diventare una nuova realtà co-munionale: uomo-sposo e donna-sposa nel matrimonio, sono cioè chiamati a costituire una nuova realtà comunionale: la famiglia. Questa forza di at­trazione dei sessi tra di loro, insita nella natura comunionale dell'uomo-fi-glio e della donna-figlia, è più forte del vincolo che lega i figli ai genitori e allo stesso clan di appartenenza.

La sua rilettura in chiave « cristologica », consente a san Paolo di ve­dere nell'uomo-sposo di Gen 2,24 Cristo-nuovo Adamo e nell'unione spon­sale uomo-donna, il rapporto Cristo-Chiesa16. In questa rilettura, che evi­denzia il « grande mistero », Adamo è tipo di Cristo, nuovo Adamo, e nel­l'unione sponsale Adamo-Eva, tipo dell'unione sponsale Cristo-Chiesa, il popolo della nuova alleanza17. Come afferma Gilbert, i nubendi mediante il matrimonio passano dalla preminenza di una relazione filiale alla premi­nenza di una relazione coniugale18.

2 - L'alleanza di amore tra Cristo e la Chiesa

L'interpretazione tipologica di Gen 2,24 ha consentito a san Paolo di evidenziare quanto profeticamente era incluso nel testo genesiaco e indi­carlo compiuto in Cristo e nella Chiesa. È questo il « grande mistero », che lo stesso Apostolo annunzia in Ef 5,32.

Su questa linea si muove Giovanni Paolo II nel n. 19 della Lettera alle famiglie, trattando del « grande mistero » e riferendolo in modo analogico all'amore sponsale tra Cristo e la Chiesa. Quanto san Paolo scrive in Ef 5,32 sul « grande mistero », anche se radicato nel libro della Genesi e in tutta la tradizione dell'Antico Testamento, riceve nella lettera agli Efesini una impostazione nuova, che troverà poi espressione nella Tradizione e nel Magistero della Chiesa.

L'unione-alleanza di amore tra Cristo e la Chiesa è insieme rivelazione e compimento di mistero: rivelazione del mistero, perché in Cristo Gesù è stata rivelata sia la piena verità sull'uomo che il mistero dell'eterno amore di Dio per l'uomo, già presente nella prima creazione; compimento del mi­stero, perché è in riferimento all'amore sponsale Cristo-Chiesa che il testo di Gen 2,24 trova la sua attuazione piena e i coniugi cristiani scoprono nel­lo stesso amore il punto di riferimento del loro amore sponsale. Alla base della nuova alleanza sta infatti la manifestazione storica dell'amore di Dio, che si è manifestato in Cristo Gesù19.

In questa prospettiva cristologica ed ecclesiale si ha la rilettura cristia­na di Gen 2,24 e la sua attualizzazione nel mistero Cristo-Chiesa20. Questo è il « grande mistero » o progetto salvifico ora rivelato in Cristo e nella Chiesa. L'immagine che domina tutto il discorso paolino sulla famiglia è in­fatti la essenziale nuzialità che lega Cristo alla Chiesa21.

Fabris scorge nel progetto di amore sponsale, che risale alla creazione, una parabola dell'alleanza salvifica che si è manifestata ora nella nuova creazione. Sulla base di questa rilettura cristiana di Gen 2,24, san Paolo può parlare del matrimonio come di « grande mistero » e riferirlo a Cristo e alla Chiesa22. Gli autori discutono sul senso da dare al « mistero » di cui parla san Paolo in Ef 5,32. Per alcuni si tratterrebbe di un senso nascosto da scoprire23, per altri di un riferimento diretto al rapporto sponsale Cri­sto-Chiesa24, per altri ancora del solo matrimonio umano-cristiano tenden­te alla crescita del Corpo di Cristo che è la Chiesa25, per altri infine di entrambi i livelli, cioè insieme dall'amore sponsale uomo-donna e dall'amore sponsale Cristo-Chiesa26.

La tendenza attuale è incline a scorgere nel « grande mistero » di cui parla san Paolo in Ef 5,32 un duplice riferimento: prima all'amore sponsale tra l'uomo e la donna, poi a quello tra Cristo e la Chiesa27. Giustamente Zedda afferma: « Citando Gen 2,24, e aggiungendo: "questo mistero è grande verso Cristo e la Chiesa" (Ef 5,31), san Paolo fa vedere che egli comprende il rapporto nuziale Cristo-Chiesa partendo dal modello Ada­mo-Eva (uomo-donna); esso avvera in pieno quello che è prefigurato pro­feticamente in Adamo-Eva e in ogni uomo-donna, cioè in ogni matrimo­nio »28. Per Dacquino la dimensione « misteriosa » del matrimonio appare davvero tale, se si pone in rapporto non più solo con la copia archetipa del­le origini, ma con quella del tipo escatologico, cioè con Cristo e la Chiesa29. Nella stessa linea si muove Loss, secondo il quale la « realtà » umana del matrimonio è figura-« tipo » del vero ed eterno matrimonio tra Cristo e la Chiesa (antitipo), cioè come una specie di prefigurazione temporanea e imitativa della realtà effettiva delle « nozze dell'Agnello »30.

Secondo questa interpretazione, che tiene conto di entrambi i livelli (quello storico e quello profetico), la realtà matrimoniale uomo-donna, che ha già avuto la sua nativa dignità nell'ordine della creazione, acquista una nuova profondità teologica nell'ordine della redenzione per il fatto che partecipa del più « grande mistero » di cui si parla nella lettera agli Efesini, cioè del disegno salvifico di Dio31. Vi è dunque una stretta connessione tra l'ordine della creazione e l'ordine della redenzione. Il collegamento tra Cristo e la Chiesa non è solo un esempio che deve essere imitato, bensì una prefigurazione che certo assume forma nella consumazione del matrimonio umano. È vero che le due cose accadono su piani diversi, ma d'altro canto non sono neppure completamente diverse l'una dall'altra32.

In questa prospettiva la citazione di Gen 2,24 ha dunque il suo « ti­po » nel matrimonio Adamo-Eva (uomo-donna) e il suo « antitipo » nel rapporto Cristo-Chiesa. Compiendosi nella pienezza dei tempi, questa ti­pologia fa del matrimonio una ulteriore realizzazione o una proiezione di tale rapporto33.

La novità dell'interpretazione di Ef 5,31-32, della quale Paolo è ben cosciente, sta dunque nella rilettura cristologica ed ecclesiale di Gen 2,24. Questo è il « grande mistero » o progetto salvifico ora rivelato in Cristo e nella Chiesa. Quella parola della Scrittura, che fa risalire all'iniziativa crea­trice di Dio il legame intimo che unisce in una sola realtà storica e perso­nale l'uomo e la donna, trova ora la sua piena attuazione nell'unione di Cristo con la Chiesa. E così il progetto di amore sponsale risalente alla pri­ma creazione, è una parabola dell'alleanza salvifica manifestata ora nella nuova creazione34.

Seguendo questo filone di pensiero, che vede in Gen 2,24 un significa­to pieno in se stesso, cioè la vocazione dell'uomo e della donna al matrimo­nio e insieme alla famiglia35, per cui l'uomo e la donna di Gen 2,24 sono Adamo, tipo di Cristo, ed Eva, tipo della Chiesa36, Giovanni Paolo II nella Lettera alle famìglie ha potuto indicare nel matrimonio, ed indirettamente nella famiglia, il « grande mistero » in riferimento a Cristo e alla Chiesa. Il « grande mistero » è proprio l'eterno amore già presente prima nella crea­zione e ora rivelato in Cristo e affidato alla Chiesa (n. 19). Egli può affer­mare che non esiste il « grande mistero » che è la Chiesa e l'umanità in Cristo, senza il « grande mistero » espresso nell'essere « una sola carne » (Gen 2,24; Ef 5,31-32), cioè nella realtà del matrimonio e della famiglia.

Il « mysterion » nel suo punto di partenza è il semplice rapporto mari­to-moglie, ma al punto di arrivo si trova ingigantito nel rapporto Cristo-Chiesa37. Citando Gen 2,24 e aggiungendo « questo mistero è grande verso Cristo e la Chiesa » (Ef 5,31), san Paolo fa vedere che egli comprende il rap­porto nuovo Cristo-Chiesa partendo dal modello Adamo-Eva (uomo-don­na). Esso avvera in primo quello che è prefigurato in Adamo-Eva e in ogni uomo-donna, cioè in ogni matrimonio e di conseguenza in ogni famiglia38.

3 - L'alleanza tra marito e moglie nel matrimonio cristiano

Se in Gen 2,24 è racchiuso il progetto creativo (profezia) dell'unione -alleanza tra l'uomo e la donna (Adamo-Eva) e in Ef 5,32 si ha la rivelazio­ne e il compimento del « grande mistero » dell'unione-alleanza di amore tra Cristo e la Chiesa (compimento del mistero), in Ef 5,22-33 si ha la realizzazione storica (attualizzazione) del modello ideale dell'unìone-alleanza tra marito e moglie nel matrimonio. Alla base della Nuova Alleanza c'è in­fatti la manifestazione storica dell'amore di Dio in Cristo Gesù39.

Giovanni Paolo II nella Lettera alle famiglie guarda a questo amore, di­venuto visibile e storico nell'esperienza della Chiesa, e lo indica come fonte e modello dell'amore fedele e stabile, che caratterizza il matrimonio e in­sieme la famiglia cristiana. Solo in riferimento al progetto originario di Dio (Gen 2,24) e ora rivelato nell'amore storico di Gesù, che fonda la Nuova Alleanza della Chiesa, è dato agli sposi cristiani di realizzare pienamente se stessi secondo il modello ideale: Cristo-Chiesa40.

Su questa linea di attualizzazione di un mistero rivelato alle origini (profezia) e portato a compimento da Cristo Gesù nella Chiesa, il Papa par­la del matrimonio e della famiglia (compimento del mistero), ricordando ai coniugi che solo in Cristo possono trovare il punto di riferimento sicuro del loro amore sponsale e attualizzarlo nella loro vita matrimoniale e familiare (attualizzazione del mistero) (n. 19).

A guidare la riflessione del Papa è ancora la lettera agli Efesini. Egli richiama l'attenzione delle famiglie sul fatto che « la Chiesa professa che il matrimonio, come sacramento dell'alleanza degli sposi, è un « grande sa­cramento », poiché in esso si esprime l'amore sponsale di Cristo per la sua Chiesa: E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chie­sa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola » (Ef 5,25-26).

Nell'Antica Alleanza, Jahvé si presenta come lo sposo di Israele, popo­lo eletto: uno Sposo tenero ed esigente, geloso e fedele (Os 1-3; Is 54,5; 62,5; Ez 16,1-63); nella Nuova Alleanza, la conferma e il compimento della comunione sponsale tra Dio e il suo popolo si hanno in Cristo. In Cristo, lo sposo messianico è con noi, è con la Chiesa (Mt 9,15). In Cristo la Chiesa diventa sposa di Cristo (Mt 25,1-13)41.

Dal confronto Cristo-Chiesa, cioè dall'amore con cui Cristo ama la sua Chiesa, al fine di farsela comparire davanti tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata (Ef 5,25-27), san Paolo fa scaturire le ragioni profonde per un corretto rapporto tra gli sposi. Nel presentare i nuovi rapporti tra gli sposi (marito-moglie), san Paolo passa in continuazione dalla realtà umana della copia (esortazione) al modello idea­le Cristo-Chiesa (motivazione) (Ef 5,22-33). L'esortazione, rivolta agli sposi (marito e moglie), si riassume in due parole: le mogli devono essere sottomesse (cioè devono rispettare) ai loro mariti42, e i mariti, da parte loro, de­vono amare le loro mogli43, il tutto come al Signore (Ef 5,22), come Cristo (Ef 5,23.25.30), come la Chiesa (Ef 5,24).

Gli esegeti fanno giustamente notare che nella parte del « codice fa­miliare » dedicato alle mogli e ai mariti (Ef 5,21-33), la parenesi ai coniugi cristiani è proposta due volte: la prima in chiave cristologica ed ecclesiale (Ef 5,22-30), la seconda in forma lapidaria (Ef 5,33)44.

La prima parte (Ef 5,22-30) è composta di tre esortazioni, delle quali una è rivolta alle mogli (Ef 5,22-24) e le altre due ai mariti (Ef 5,25-27.30). Alle mogli l'apostolo ricorda che devono essere sottomesse ai mariti come al Signore (Ef 5,22), come la Chiesa è sottomessa a Cristo (Ef 5,24); nella duplice parenesi ai mariti, san Paolo comanda loro di amare le proprie mo­gli, come anche Cristo ha amato la Chiesa di un amore salvifico (Ef 5,25-27), e li esorta ad amare le proprie mogli come amano il proprio corpo (Ef 5,28-29), come Cristo fa con la Chiesa, che è il suo corpo (Ef 5,30)45. Il rap­porto Cristo-Chiesa non è solo un modello per i coniugi, ma anche una realtà vivente, nella quale tutti i cristiani sono inseriti46. Quanto Paolo ri­chiede ai mariti (amate le vostre mogli), è molto più difficile di quello che domanda alle mogli (siate sottomesse ai vostri mariti). Ai mariti Paolo chiede una dedizione totale nell'amore (Ef 5,26-30); l'amore del marito per la moglie deve essere un dono totale di se stesso, sull'esempio di Cristo che ha tanto amato la Chiesa da sacrificare se stesso per lei (Ef 5,25)47.

Nel ricordare i doveri reciproci degli sposi, prima della moglie (Ef 5,22-24), poi dei mariti (5,25-33), più che elencarli singolarmente e parlar­ne astrattamente, Paolo ne sottolinea lo spirito animatore che è essenzialmente spirito di carità, e li proietta su un modello vivo di misteriosa e fe­conda unione nuziale, quale è appunto quella che fonde in un solo « Cor­po », che è la Chiesa48.

Di fronte a questa meravigliosa esortazione motivata, il Papa fa risal­tare che l'insegnamento della lettera agli Efesini stupisce per la sua profon­dità e per la sua forza etica. Indicando il matrimonio, e indirettamente la fa­miglia, come il « grande mistero » in riferimento a Cristo e alla Chiesa, l'a­postolo Paolo può ribadire ancora una volta quanto aveva detto in prece­denza dei mariti: « ciascuno, da parte sua, ami la propria moglie come se stesso ». E poi aggiunge: « E la donna sia rispettosa verso il marito » (Ef 5,33). E conclude: « Rispettosa, perché ama e sa di essere amata. È in for­za di tale amore che gli sposi diventano reciproco dono » (n. 19).

4 - Conclusione

Concludendo la sua esortazione alle famiglie sul « grande mistero », Giovanni Paolo II dichiara: « La stupenda sintesi paolina a proposito del "grande mistero" si presenta come il compendio, la somma, in un certo senso, dell'insegnamento su Dio e sull'uomo, che Cristo ha portato a com­pimento », e costata amaramente che « il pensiero occidentale, con lo svi­luppo del razionalismo moderno, è andato via via allontanandosi da tale in­segnamento (n. 19).

Se è vero che il razionalismo moderno non sopporta più il mistero, è an­che vero che non accetta il mistero dell'uomo, maschio e femmina, né vuol riconoscere che la prima verità sull'uomo è stata rivelata in Gesù Cristo, che non tollera in particolare il « grande mistero » annunziato dalla lettera agli Efesini, e che lo combatte in modo radicale. Per il razionalismo è in­fatti impensabile che Dio sia il Redentore, tanto meno che sia lo Sposo, la fonte originaria ed unica dell'amore sponsale umano.

È esattamente questo lo scopo che si propone Giovanni Paolo II: aiu­tare la nostra generazione a ritrovare le radici e a riscoprire il « grande mi­stero », il sacramento dell'amore e della vita, che ha il suo inizio nella crea­zione e nella redenzione e di cui è garante Cristo-Sposo.

L'originalità del pensiero paolino, ripreso dal Papa nella Lettera alle fa­miglie, si manifesta soprattutto nella fondazione cristologica ed ecclesiologi­ca del matrimonio cristiano, visto come « mistero » in Cristo e nella Chiesa. È nella mutua donazione d'amore dell'uomo e della donna, che Paolo vede riprodotta l'« esemplarità » dell'amore stesso di Cristo verso la Chiesa (Ef 5,22-33), amore che era già presente nell'atto creativo di Dio (Gen 2,24).

 


 



 
 
 
 
 
 
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