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Recensione: Josep Perarnau I Espelt, Ramon Llull i la seva teologia de la inmaculada concepción

 
 
 
Foto Cecchin Stefano , Recensione: Josep Perarnau I Espelt, Ramon Llull i la seva teologia de la inmaculada concepción, in Antonianum, 82/1 (2007) p. 183-186 .

Lo studio presentato in questo volumetto in lingua catalana dal professor Josep Perarnau i Espelt, esperto conoscitore di Raimondo Lullo e docente presso la “Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani” della Pontificia Università Antonianum, si può leggere in una versione simile in lingua italiana nel volume La “Scuola Francescana” e l’Immacolata Concezione. Atti del Congresso Mariologico Francescano (Assisi 4-8 dicembre 2003) (Città del Vaticano 2005) pp. 273-301.

L’intento dell’autore è quello di  presentare la dottrina dell’Immacolata Concezione professata dal beato Raimondo Lullo a partire dalla sua singolare teologia della “ricreazione”. L’argomento della redenzione, improntato da Giustino (+165) con il parallelismo Eva-Maria e approfondito da Ireneo di Lione (+202) con la teoria della “ri-capitolazione” o “ri-circolazione”, viene proposto da Lullo con il concetto di “ri-creazione” dove Cristo e Maria sono i nuovi Adamo ed Eva, per i quali Dio ri-crea la natura umana decaduta a causa del peccato. Questa ricreazione è opera esclusiva di Dio, che agisce per bontà verso le sue creature e la realizza tramite la seconda Persona della Trinità. Così che l’Incarnazione si manifesta come il primo atto della ri-creazione, al cui vertice vi sarà la passione e morte del Cristo, tanto che la “ri-creazione” sarà maggiore della “creazione” perchè l’uomo, creato senza essere degno di possedere né la gloria né la pena e a causa del peccato divenuto degno della pena, grazie alla ri-creazione divenne degno di possedere la gloria. Dopo il peccato, dunque, Dio – per il suo grande amore – non vuole che l’uomo rimanga schiavo della colpa, e allora invia il Figlio perché ri-crei quanto era decaduto. Solo Cristo, infatti, per il fatto di essere Dio e Uomo, poteva restaurare l’umanità mediante l’Incarnazione e la Passione.

A questo punto l’autore nota che l’umanità di Cristo – per potersi unire alla divinità – non poteva assolutamente contrarre la colpa del peccato originale. Ed è a partire da questa constatazione che emerge la questione della Concezione Immacolata di Maria. Nel libro Arbre de ciència, Lullo si chiede se «Nostra Signora fu concepita nel peccato originale», e risponde che «peccato e virtù sono contrari», quando la Vergine fu concepita fu «il tempo in cui iniziò la virtù» che è contraria al peccato, pertanto anche la sua concezione fu senza il peccato. Secondo la teologia cosmica dell’epoca, tutta la storia ruota intorno alla venuta del Cristo, e Maria nasce proprio nel tempo di questa venuta, in cui tutto è proteso alla “ri-creazione”. In quel tempo, nel quale inizia la virtù, è logico che il dominio spetti alla bontà divina contro ogni male, anche quello del peccato originale.

Esplicato il motivo della Concezione Immacolata, il prof. Perarnau si sofferma sulle teorie di Tommaso d’Aquino, Alberto Magno, Bonaventura e Riccardo di Mediavilla, per evidenziare la posizione di Lullo sulla “santificazione” di Maria. E qui iniziano una serie di equivoci. Secondo Perarnau, il breve paragrafo dell’Arbre de ciència risulterebbe «importante nella storia della dottrina positiva sull’Immacolata Concezione perché, forse per la prima volta, si pone il problema nei suoi termini reali, quelli della ‘conceptio’, e non quelli della ‘sanctificatio’» (p. 17). E asserisce poi che «Non so quale sarà stato il rapporto fra questa posizione teologica ‘concezionista’ e il fatto che, a partire degli ultimi anni del XIII secolo e l’inizio del XIV, la celebrazione della festa dell’8 dicembre nelle diverse chiese diocesane o monastiche passa, a poco a poco, o a non esistere o dal denominarsi In festo sanctificationis BMV (titolo conservato, per esempio, nella liturgia dell’Ordine Domenicano) a intitolarsi In festo Conceptionis BMV» (p. 17). La nota esplicativa riporta solo testimonianze storiche della chiesa catalana. Ma in realtà, chi conosce la storia della festa, sa bene che fin dall’inizio (VII secolo) la festa fu sempre denominata della “Concezione”, prima “di Anna” in Oriente e poi “di Maria” in Occidente. La problematica era sorta proprio a causa della colletta della festa del Pontificale di Leofric (+1072) - usato dalla Chiesa inglese - in cui si diceva esplicitamente: “onoriamo la veneranda concezione” e “concedi a questa tua presente famiglia il patrocinio di colei la cui concezione si venera”. Bernando di Chiaravalle interviene contro i canonici di Lione (Epist. 174) proprio perché l’8 dicembre celebravano la festa della concezione di Maria e così “veneravano” una “concezione” che per la dottrina del peccato originale non poteva essere venerata. La sostituzione del titolo “Festa della santificazione di Maria”, come testimoniano gli studi di storia della liturgia, ebbe inizio con i Certosini nel loro capitolo del 1334, seguiti poi dai Domenicani verso la fine del sec. XIV (cf. C. Maggioni, La «Tutta Santa» nelle testimonianze liturgiche, in Signum magnum apparuit in caelo. L’Immacolata, segno della Bellezza e dell’Amore di Dio [Città del Vaticano 2004] p. 46).

Non si tratta, dunque, di uno slittamento dalla posizione teologica a quella liturgica, ma è avvenuto esattamente il contrario: la festa liturgica della Concezione ha creato in Occidente il problema teologico dell’opportunità di celebrare questa festa.

Dopo aver messo in luce alcuni aspetti della dottrina di Guglielmo di Ware (+1300/5), priva di una decisa presa di posizione esclusivista a favore della dottrina immacolatista (cosa impensabile per un “magister” universitario), l’autore si sofferma sulla Disputatio Heremitae et Raimundi super aliquibus dubiis quaestionibus Sententiarum magistri Petri Lombardi, opera scritta da Lullo tra il 1297 e il 1298 e nella quale troviamo espressa in modo chiaro la sua dottrina sulla Concezione Immacolata di Maria. Il testo viene pubblicato in appendice (pp. 28-30).

L’argomento inizia già con la domanda Utrum beata Virgo contraxerit peccatum originale, che è una variante a quelle precedenti quo domina nostra fuit concepta, fuit concepta in peccato originali? Perarnau nota che, in questo caso non si parte dai genitori che concepiscono nel peccato, ma dal problema se Maria contrae il peccato nella concezione. Il problema era già stato proposto in questi termini da Eadmero. In ogni caso, la dottrina immacolatista di Lullo si fonda primariamente sull’Incarnazione del Verbo divino, che non è un fatto semplicemente biologico, ma una realtà che stà al centro dell’Economia della salvezza. In questo evento ci deve essere una “proporzione” da parte di Dio e da parte della madre, che collaborano insieme affinché vi sia una «proportio inter Deum Filium et beatam Virginem in assumendo carnem». Perciò Maria fu predisposta ad accogliere il Figlio di Dio nel massimo grado possibile per una creatura. La carne che avrebbe assunto il Verbo non poteva, quindi, avere nessuna imperfezione dovuta dal minimo contatto con ogni forma di peccato. Vi è dunque una “concordia” tra Padre e madre nell’evento dell’incarnazione che sarà l’inizio della “ri-creazione”. A questo proposito si deve notare che Lullo si discosta da quella che a partire da Alessandro di Hales (+1245) diverrà una costante della Scuola Francescana: il peccato originale come causa della incarnazione di Cristo. Lullo, sulla linea presa da Tommaso d’Aquino e Bonaventura, ammette che, grazie al peccato dell’uomo, Dio ha voluto riparare - “ri-creare” - l’umanità inviando suo Figlio. Per la sua missione di collaboratrice a quest’opera di “ri-creazione”, la “santificazione” della Vergine non avvenne prima di essere concepita, né al momento dell’unione dell’anima con il corpo, ma fu santificata nel momento in cui nei suoi genitori avvenne il distacco del seme. Anche la genetica di Lullo è legata alla concezione aristotelica che l’anima umana non viene infusa nel corpo nel momento stesso della concezione, ma alla fine di un processo, nel quale la materia seminale è successivamente informata dalle forme inferiori all’anima umana. Lullo cerca allora di risolvere la questione posta dai grandi teologi del tempo – non si può celebrare la concezione biologica di Maria, perché in essa non vi era stata la santificazione originata dall’infusione dell’anima – riproponendo la santificazione della carne di Maria all’inizio stesso della sua concezione biologica, come già avevano fatto gli autori inglesi a partire da Eadmero. In questo argomento, Lullo rimane ancorato alla questione della “santificazione del seme” e quindi alla concezione del peccato originale come “infectio carnis”, problema superato completamente da Giovanni Duns Scoto. È naturale, pertanto, che la soluzione presentata da Lullo non possa convincere le scuole teologiche che l’avevano già esclusa negli autori precedenti e che con Tommaso d’Aquino avevano chiarito che la “santificazione” di Maria non poteva essere in nessun modo disgiunta dal momento in cui le veniva infusa l’anima e quindi veniva concepita la “persona” di Maria.

Il volumetto si conclude con un interessante excursus sulla diffusione della festa della Concezione di Maria a partire da Barcellona.

Il lavoro del prof. Perarnau è un notevole contributo per chiarire e conoscere la posizione del beato Raimondo Lullo nella storia e nella dottrina del dogma dell’Immacolata concezione.