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Recensione: NANDO SIMONETTI, Principi di Teologia della pace nel magistero di Benedetto XV.

 
 
 
Foto HARSÁNYI Pál Ottó , Recensione: NANDO SIMONETTI, Principi di Teologia della pace nel magistero di Benedetto XV., in Antonianum, 82/3 (2007) p. 576-580 .

L’A., Frate minore della Provincia abruzzese di S. Bernardino da Siena, pubblica interamente in questo volume la sua dissertazione per il conseguimento del titolo accademico di Dottorato in Teologia morale presso l’Accademia Alfonsiana a Roma. Nel momento della difesa pubblica di questa tesi non si sapeva ancora che l’argomento trattato, tra pochi mesi, avrebbe acquistato un’importanza ancora maggiore con l’elezione del papa Benedetto XVI.

Il nuovo Pontefice durante la sua Prima udienza generale del 27 aprile 2005 ha menzionato la figura del Papa Benedetto XV quale stimolo a scegliere il suo nome, riallacciandosi al suo predecessore, leggiamo nella Prefazione del volume. L’intento originale dell’A. era di intraprendere una ricerca storico-teologica sul “Papa sconosciuto”, titolo usato da John Francis Pollard nel 1999 (The Unknown pope: Benedict XV (1914-1922): and the pursuit of peace, G. Chapman, London). Leggendo il libro risulta che l’A. ha abbinato con successo la sua lena per gli argomenti storici con l’indagine teologico morale sull’argomento assai attuale della pace. La ricerca mira a delineare i punti salienti della teologia della pace nel magistero di Benedetto XV. Il metodo usato delimita il lavoro alla formazione del Papa Della Chiesa, alla ricostruzione del contesto storico e ai documenti del Pontefice durante la prima guerra mondiale e nell’immediato dopoguerra. Di conseguenza il vasto argomento di pace e guerra non viene trattato sistematicamente nella Tradizione e nella riflessione teologica attuale anche se si trovano numerosi riferimenti al noto concetto della teoria sulla guerra giusta.

La ricerca ha una struttura tripartita corredata da un’Appendice, la quale pubblica per la prima volta le due bozze dell’Enciclica Pacem, Dei munus, e da una bibliografia quasi esauriente sull’argomento trattato. Il primo capitolo contestualizza il magistero di Benedetto XV con l’intento di inquadrare il carattere teologico e pastorale della sua sollecitudine per la pace. Nel capitolo secondo e terzo l’A. passa in rassegna le Encicliche e i discorsi emanati durante il primo conflitto mondiale e nell’immediato dopoguerra. Il predecessore del Papa Della Chiesa, san Pio X è morto proprio nel momento storico in cui scoppiò la guerra tra l’Intesa (Francia, Inghilterra e Russia) e i Poteri centrali, quali la Germania, la Monarchia austro-ungherese e l’Italia, che poi passò all’Intesa. L’elezione di Benedetto XV è stata commentata da John Zeender in un modo eloquente: “uno dei più preparati per il suo alto ufficio di tutti i Romani Pontefici degli ultimi due Secoli”.

Il primo capitolo presenta la formazione diplomatica e pastorale del Pontefice nonché il contesto storico in vista di delineare la sua teologia della pace. Il filo rosso dell’intera ricerca è il pensiero teologico il quale può essere facilmente relegato al secondo piano prestando un’attenzione maggiore alla sua azione diplomatica e politica. Dalla ricostruzione della riflessione sulla guerra e sulla pace che ha influenzato il magistero di Benedetto XV risulta, in primo luogo, il collegamento fra l’allontanamento da Dio e la guerra. Il “diritto nuovo”, promosso dalla Rivoluzione Francese, viene associato a questo allontanamento. Questa impostazione ateista della società ha contribuito a un clima materialista che cerca di separare la Chiesa dallo Stato e nel quale veniva sempre meno l’ideale di fraternità. Per comprendere meglio il Papa Della Chiesa è utile conoscere anche il magistero di Leone XIII. Nella visione del papa Pecci gli argomenti sopra menzionati vengono visti in un contesto legato al potere temporale del Papa, dove egli ha una responsabilità ben determinata per la pace. Benedetto XV, invece, aveva una profonda sensibilità pastorale. Riguardo al concetto della guerra giusta risulta una sua validità, secondo la ricezione di Taparelli, mentre il pacifismo si evidenzia come un’ideologia sporadica.

Nel capitolo secondo vengono analizzati i pronunciamenti di Benedetto XV durante il primo conflitto mondiale. Nella prima fase della sua azione di pace, culminante nell’Esortazione del 28 luglio 1915, il Pontefice rivolge insistenti appelli ai governanti per la cessazione del conflitto con termini forti come il “suicidio dell’Europa civile”. La seconda fase del suo tentativo di promuovere la pace consta di proposte concrete nelle quali il Papa passa dalla mera esortazione alla concreta applicazione dei principi di giustizia e carità. Per esempio nella Nota del 1 agosto 1917 sono proposte concrete insieme con un tentativo di mediazione diplomatica ritenuto opportuno. L’A. nota che tra gli inviti alla pace pronunciati dalla Nota si evidenzia un aspetto importante secondo il quale alla forza materiale delle armi sottentri la forza morale del diritto. In questa visione la pace viene distinta nitidamente dalla semplice tregua.

Il terzo capitolo tratta il magistero del Papa Della Chiesa nell’immediato dopoguerra. In questo periodo, senza dubbio, il pronunciamento più notevole è l’Enciclica Pacem, Dei munus del 23 maggio (Pentecoste) 1920, la quale auspica una pace vera. Il contesto storico dopo il conflitto, al contrario a quest’ultimo richiamo, presenta una riconciliazione effimera dei governi e delle convenzioni forzate di pace rappresentate, tra l’altro, dai trattati di Versailles, commenta un articolo de La Civiltà Cattolica nel 1920. Di fronte a queste sfide emerge la voce del Papa che parlava della pace non come una “vuota filantropia”, bensì come un dono di Dio, come profonda carità cristiana unita dall’operosa beneficenza esterna, in breve, pace giusta e duratura. Benedetto XV non ha sviluppato né il principio della guerra giusta con un metodo speculativo né ha rifiutato gli appelli a questo concetto, ma ha cercato di superarlo con il suo insegnamento sulla pace, la giustizia e la carità. Una maturità evangelica antepone, a questo riguardo, la logica della riconciliazione e il perdono ad ogni altra soluzione. Il Papa Della Chiesa vede la vera causa dei conflitti bellici nell’allontanamento da Dio e dalla Chiesa alimentato dal liberalismo e, di conseguenza, il ritorno al Cristo attraverso la Chiesa è la risposta autentica alla sfida della guerra.

Prima di tratteggiare i principi della teologia della pace vengono presentate alcune chiavi di lettura. Il periodo storico preso in esame è marcato da una transizione che si fa vedere in una secolarizzazione della società e del pensiero. L’allontanamento da Dio, menzionato prima come una delle cause della guerra, risale al liberalismo e ha come conseguenza il separatismo. Nel terzo capitolo l’A. ribadisce il carattere “religioso” dell’azione di Benedetto XV. Nella sua personalità l’azione religiosa ed azione politica non sono contrapposte, bensì la dimensione spirituale e pastorale ha prevalenza sull’aspetto politico. Quest’ultimo parte dall’impostazione spirituale dalla quale attinge alla sua finalità.

Si nota un’evoluzione ecclesiologica tra le bozze dell’Enciclica della pace e il testo definitivo. Dalla visione tradizionale della Chiesa il Papa passa a un modello in cui essa appare come segno e strumento del ritorno a Cristo. La Chiesa guida questo ritorno in un modo che gli uomini ricercando dei beni terreni non trascurino quelli eterni, quindi, emerge una visione escatologica che non trascura la realtà terrena ma la trasforma.

Nella sua visione antropologica benché si notino alcuni elementi tradizionali, ad esempio la differenza delle classi sociali, Benedetto XV ha preferito il valore della fraternità. Quest’ultimo riferisce alla filiazione divina la quale, alla luce di Sant’Agostino, diventa ispiratore della fraternità dei popoli. L’A. evidenzia i due concetti chiave del pensiero del Papa, quali il pragmatismo e la transizione. La società in cui la Chiesa del suo tempo vive è profondamente mutata e la stessa giustizia non appare più sufficiente ai fini della pace. Benedetto XV, da un lato, saggiamente rende conto dei necessari cambiamenti e, dall’altro lato, cerca di riportare una mentalità evangelica, ispirata alle Beatitudini.

Gli elementi teologici riguardanti la pace nel pensiero del Papa Della Chiesa fanno sì che la teologia della pace è un argomento centrale di tutta la riflessione teologica che deve essere elaborata dentro un’ampia visione ecclesiologica ed antropologica. Lo stesso concetto di pace non può essere ridotto semplicemente ad un’assenza di guerra, ad una quiete, bensì la pace è figlia e frutto della fede senza la quale si rende vana ogni aspirazione pacifica. La pace autentica racchiude il riconoscimento di Dio come Creatore, la superiorità dei valori spirituali sul mondo materiale e l’amore sincero e operoso dei nostri simili. La pace è un dono meraviglioso di Dio che richiede obbedienza a Lui sorretta dalla Vergine, invocata in quanto Regina della Pace, attributo introdotto da Benedetto XV nelle Litanie lauretane.

La pace si realizza in una società “mobilitata dalla carità di Cristo” e testimoniata dall’affratellamento cristiano dei popoli. La via di raggiungimento di questo fine nobile passa attraverso il dialogo dove l’armistizio viene sostituito con la forza morale del diritto. Da questa visione della pace consegue che essa costituisce l’antitesi del nazionalismo eccessivo e, allo stesso tempo, comporta il riconoscimento delle giuste aspirazioni dei popoli. Agli avvenimenti bellici soggiace una guerra presente nel cuore dell’uomo la quale è la conseguenza dell’allontanamento da Dio e dai precetti cristiani, dall’ateismo che è frutto del liberalismo e dal tradimento dei principi alla fraternità universale. Al duplice volto della guerra si oppone il duplice volto della pace che è frutto della riconciliazione cristiana. Quest’ultima si esprime non solo nel perdono ma anche nel portare beneficio ai nemici. Il servizio della pace appartiene a pieno titolo alla missione della Chiesa in quanto fa parte del mandato di pascere il gregge del Signore. Il Papa ha una coscienza alimentata dalla somiglianza e responsabilità partecipata della Paternità di Dio che non lascia tacere il Pontefice di fronte alla sfida dell’inutile strage. La sua sollecitudine per la pace è prevalentemente di natura spirituale, libera dal temporalismo e, quindi, uno strumento efficace dell’amore di Cristo per gli uomini.

L’iter storico-teologico effettuato dalla monografia lascia aperte alcune questioni come la ricezione della dottrina della guerra giusta nonché la divulgazione del pensiero pacifista. Dal punto di vista storiografico andrebbero analizzati ulteriormente il ruolo del cardinale Pietro Gasparri, stretta collaboratore del Papa, e il noto tema della Questione Romana. Anche se l’opera da un lato si inserisce tra gli studi della storia ecclesiastica del periodo del primo conflitto dall’altro lato, tuttavia, mira a delineare la teologia della pace dal punto di vista teologico morale. In una stretta corrispondenza a questo intento di base, studiando le bozze dell’Enciclica Pacem, Dei munus, si afferma che il Papa Della Chiesa, pur abbandonando i principi tradizionali della guerra giusta, concentrò la sua attenzione alla condanna della guerra in atto e attese un futuro in cui la società trasformata cristianamente si rinunci definitivamente alla forza. Potremmo aggiungere a quest’aspettativa nel contesto teologico odierno che la pace, in ultima analisi, scaturisce dal mistero pasquale. La riconciliazione tra Dio e l’umanità, operata dal Risorto, rende possibile che i cristiani possono diventare non soltanto testimoni, bensì mediatori della pace prolungando i frutti della risurrezione di Cristo nel tempo.

Mentre l’insegnamento sulla pace del Papa “sconosciuto” ha come eco il Capitolo V della Costituzione pastorale Gaudium et spes, ci sorprende il silenzio nel quale Benedetto XV è stato relegato. L’A. cita il Cardinale Tettamanzi come spiegazione di questa lacuna offerta nell’Introduzione all’edizione italiana del libro già menzionato di Polland: “la mancata realizzazione dei suoi progetti di pace, l’insuccesso del tentativo di diffondere il cattolicesimo nell’Oriente ortodosso, le gravi difficoltà legate ai rapporti con l’Italia postrisorgimentale non risolte in modo decisivo”.

L’opera recensita oltre il merito di rispondere a un bisogno nel campo della teologia della pace che è sempre attuale ha intrapreso un lavoro pionieristico pubblicando le due bozze dell’Enciclica Pacem, Dei munus, conservate nell’Archivio Segreto Vaticano.

Nell’Appendice la trascrizione accurata di questi due testi in lingua latina è corredata da alcune osservazioni. Nel terzo capitolo e nelle conclusioni generali emergono degli elementi di uno studio comparativo delle bozze e del testo definitivo.

La pubblicazione del volume è avvenuta poco dopo dell’elezione del Papa Benedetto XVI, il quale ha scelto come nodo centrale per il suo pontificato la promozione della pace e, inoltre, cerca di rafforzare il ruolo della Chiesa in Europa riallacciandosi a San Benedetto di Norcia.

 

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