Guida Marco ,
Recensione: FEDERAZIONE S. CHIARA DI ASSISI DELLE CLARISSE DI UMBRIA SARDEGNA, Chiara di Assisi. Una vita prende forma. Iter storico ,
in
Antonianum, 81/1 (2006) p. 170-175
.
Questo volume – in continuità con il fondamentale Chiara di Assisi e le sue fonti legislative. Sinossi cromatica (Secundum perfectionem sancti evangelii. La forma di vita dell’Ordine delle Sorelle povere, 1) a cura della Federazione S. Chiara di Assisi delle Clarisse di Umbria – Sardegna, Edizioni Messaggero, Padova 2003 – è frutto di un significativo progetto delle sorelle clarisse della Federazione di Umbria – Sardegna per offrire uno studio sistematico e rigoroso della forma vitae di Chiara d’Assisi approvata da Innocenzo IV nel 1253. Il presente lavoro descrive ed analizza il complesso iter storico che portò alla formazione e alla definitiva approvazione della Regola di Chiara, nel suo rapporto dialettico con Francesco e la sua fraternità, con le coeve esperienze religiose femminili, con l’Ordine Minoritico, con i papi e la Curia Romana. Sono le stesse autrici a dichiarare il fine della loro ricerca: «Il nostro lavoro, frutto di un cammino fatto insieme, cerca di ricostruire l’iter storico della Regola di Chiara del 1253, raccogliendo in un unico volume contributi normalmente contenuti in riviste specializzate o in letteratura non sempre accessibile a tutte le sorelle, nel tentativo mai compiuto di una rigorosa ricerca storica e di una sintesi nostra» (10).
Nel primo capitolo, Francesco d’Assisi: la novità del Vangelo (11-17), è presentato il contesto di risveglio evangelico nel quale nacque e si sviluppò la scelta di vita penitenziale di Francesco, ripercorsa soprattutto attraverso quanto egli ricorda nel suo Testamentum.
Il secondo capitolo, Per divina ispirazione: l’avventura evangelica di Chiara (19-29), nell’introdurre all’esperienza cristiana di Chiara presenta, seppur
brevemente, il fenomeno del cosiddetto “movimento religioso femminile”. Si passa così alla conversione di Chiara per opera di Francesco, a proposito della quale «le fonti giocano su un rimando reciproco, dove a muovere il primo passo è ora Francesco, ora Chiara, rivelando solo sobriamente l’intimo svolgimento di quelle conversazioni» (22). È descritto successivamente l’iter che portò Chiara dalla Porziuncola a San Damiano – sua stabile dimora per quarantadue anni –, passando per il monastero di San Paolo delle Abbadesse e per Sant’Angelo di Panzo: questo «passaggio […] è certamente un percorso geografico, ma insieme simbolico di una ricerca che non ha quadri di riferimento organicamente definiti» (25). La vicinanza alla città, connessa al vivere a San Damiano, sarà un elemento peculiare dell’esperienza clariana che «rispecchia così una caratteristica dei primi insediamenti francescani, tutti situati in prossimità dei centri abitati» (25).
Il terzo capitolo, Primi anni a San Damiano (31-40), si sofferma ad analizzare la forma vivendi consegnata a Chiara da Francesco e inserita successivamente nel cuore della forma vitae clariana. Questo «processo redazionale […] fu lento e graduale» (35) e la costante che l’accompagnò fu indubbiamente il proposito di Chiara e delle sue sorelle di vivere in povertà. Ed è a questa opzione di fondo che si collega la questione ancora aperta del Privilegium paupertatis, a cui le autrici dedicano particolare attenzione ripercorrendo le tappe del dibattito riguardante l’autenticità di questo privilegio attribuito a Innocenzo III e successivamente riconfermato da altri pontefici. Le clarisse ipotizzano che «Chiara nel Testamento si riferisca all’approvazione [da parte di Innocenzo III] di un propositum vitae che solo nel 1228 riceverà la forma di una concessione o privilegio» (40), e concludono che la questione «rimane del tutto aperta e in attesa di ulteriori approfondimenti, inserendosi nel discorso più ampio delle fonti clariane e dei loro rapporti reciproci» (40).
Nel quarto capitolo, Il legato pontificio Ugolino dei conti di Segni (41-50), si tratta del ruolo svolto dal cardinale Ugolino nell’organizzare le nascenti forme di vita delle mulieres religiosae nell’Italia centro-settentrionale, come legato pontificio prima e come pontefice (Gregorio IX) negli anni 1227-1241. Il cardinale, concedendo il privilegio di esenzione a questi nuovi insediamenti di donne religiose, getta le basi per la fondazione di un ordine femminile autonomo rispetto ad un ordine maschile e soggetto direttamente alla Sede Apostolica.
Per questi monasteri di sua fondazione o regolamentazione Ugolino elabora, nel 1219, una formula vitae, da lui definita come una “legge di vita e di disciplina”, caratterizzata da uno stile di vita penitenziale vissuto nella clausura e nella povertà. È merito di questo studio aver fatto maggior chiarezza su questo testo di Ugolino: finora, infatti, si pensava che la versione del 1228 per il monastero di Pamplona corrispondesse a quella originaria del 1219. L’analisi di quattro ‘nuovi’ documenti (48-49) testimonia invece l’esistenza di una redazione precedente a quella a noi nota. Interessante è il caso del monastero di San Michele a Trento le cui monache, abbracciata la formula vitae ugoliniana, sono dispensate dall’osservanza del capitolo De possessionibus non habendis: «l’importante deroga rivela che la formula vitae di Ugolino originariamente doveva contenere questo capitolo» (49).
Ed è ancora del cardinale Ugolino che si occupa il quinto capitolo, Chiara, Ugolino e le donne povere (51-62), nei suoi rapporti con i fratres Minores e le Pauperes dominae in relazione al loro sviluppo istituzionale. Vengono analizzati – sempre alla luce dei documenti – i rapporti intercorsi tra alcuni monasteri dell’Italia centro-settentrionale e la comunità di San Damiano, unitamente al servizio della cura monialium assunto dai frati Minori. Il capitolo XI della Regula bullata (Quod fratres non ingrediantur monasteria monacharum) riprende un passo del formulario Prudentibus virginibus, utilizzato da Ugolino per i monasteri della Religio pauperum dominarum de Valle Spoleti sive Tuscia in attuazione delle norme della sua formula vitae. Ciò mostrerebbe «una possibile accondiscendenza di Francesco verso l’operato di Ugolino» (59). Data però la complessità della questione, sarebbe necessario a mio avviso rivedere in modo diacronico i rapporti di Francesco con il cardinale Ugolino, e il ruolo di quest’ultimo nella evoluzione-redazione delle Regulae, soprattutto per gli elementi giuridici presenti nella Regula bullata. C’è da notare, inoltre, che degli studi sui rapporti Ugolino-Francesco e Ugolino-Chiara le autrici citano esclusivamente un saggio della Pásztor del 1975, tralasciando importanti studi in proposito, compresi quelli abbastanza recenti della Alberzoni, che andavano quantomeno
segnalati. Questo studio ha mostrato che prima del 1226 la comunità di San Damiano entrò a far parte della religio dei monasteri esenti fondati o regolamentati da Ugolino.
Nel sesto capitolo, Con animo risoluto (63-73), le clarisse mettono in evidenza la posizione della comunità di Chiara all’interno di questa religio che prenderà il nome dal monastero di San Damiano di Assisi, chiamandosi appunto Ordo Sancti Damiani, e giungono alla conclusione che «pur essendo divenuto il riferimento per il nascente Ordine, San Damiano tuttavia non vi si riconoscerà mai pienamente» (73). Chiara e le sue sorelle, infatti, per rimanere fedeli alla promessa fatta al Signore e a Francesco di osservare la “santa povertà”, chiesero ed ottennero da papa Gregorio IX il Privilegium paupertatis (17 settembre 1228). Le autrici passano ad analizzare il capitolo VIII della Vita beati Francisci dedicato da Tommaso da Celano a Chiara e alla comunità di San Damiano. L’immagine veicolata dalla legenda – legata agli interessi del committente Gregorio IX – è quella di un monastero di pauperes dominae che osserva la formula vitae di Ugolino, pur attribuendone la fondazione a Francesco. La povertà nella narrazione del celanese assume i caratteri ascetici della rinuncia e della privazione, sminuendo così il significato clariano della sancta paupertas. Nella loro analisi di questo capitolo della Vita beati Francisci le autrici non hanno potuto tener conto – avendo già consegnato alle stampe il loro lavoro –, degli studi di Michettie di Brufani, che pure si sono interessati a questa narrazione. A conclusione del capitolo sesto del loro libro, le clarisse mostrano che Chiara non accettò con rassegnazione e passivamente le disposizioni di Gregorio IX. Emblematico del suo atteggiamento fu l’aperto dissenso che ella mostrò nei confronti delle disposizioni della Quo elongati in merito al divieto
per i frati di entrare in tutti i monasteri, a tal punto che Gregorio IX si vide costretto a rimettere il divieto nelle mani del ministro generale dei Minori.
Chiara non è sola nella resistenza per la difesa della “altissima povertà”: il settimo capitolo, Un’amicizia provvidenziale (75-89), ripercorre i rapporti intercorsi tra Chiara, Agnese di Praga e il papa: «il fitto carteggio di Agnese con Gregorio IX e il confronto epistolare con Chiara stessa, la rivelerà sostenitrice […] dello stesso ideale» (75). Desiderio di Agnese era quello di poter osservare anche nel suo monastero di Praga la forma vivendi di Francesco insieme ad alcuni capitoli della regola dell’Ordo Sancti Damiani. Gregorio IX, con la lettera Angelis gaudium del 1238, negò ad Agnese questa possibilità sostenendo che la forma vivendi di Francesco non fosse altro che potum lactis, e non cibum solidum qual era la sua formula vitae. Per il pontefice, nell’Ordo Sancti Damiani – del quale i monasteri di Assisi e di Praga facevano parte – si doveva osservare una sola ed unica regola, al fine di evitare turbamento e scandalo per le coscienze.
Alla morte di Gregorio IX, l’Ordo Sancti Damiani non possedeva ancora l’unitarietà giuridica tenacemente voluta dal pontefice. Nell’ottavo capitolo, Il pontificato di Innocenzo IV (91-103), si presenta la politica di papa Fieschi, tesa a porre rimedio alle problematiche legislative dell’Ordine. Nel 1247 questi promulgherà una sua forma vitae che, modificando la formula vitae di Ugolino, sostituì la regola di Benedetto con quella bollata di Francesco, limitatamente alla professione dei consigli evangelici. Altra novità è che le monache dovevano dipendere dai frati Minori in spiritualibus et temporalibus: ed è proprio in questo «stretto rapporto che la regola di Innocenzo stabiliva tra i monasteri e l’Ordine dei Minori» (99) che le autrici intravedono la ragione del suo insuccesso, superando così la posizione tradizionale che ne addebitava la causa alla possibilità, contemplata da questa forma vitae, di avere possessi. In conclusione, le clarisse si soffermano sulla testimonianza del Memoriale in desiderio animae di Tommaso da Celano, nel quale si fa esplicito riferimento alla Forma vivendi e alla Ultima voluntas di Francesco, segno questo che «l’Ordine, committente dell’opera, riconosca nel 1247 la promessa di Francesco a San Damiano come un dato originario» (103).
Il nono capitolo, Verso la meta (105-114), ripercorre gli ultimi anni di vita di Chiara fino all’approvazione della sua forma vitae. Il fallimento della forma
vitae di Innocenzo IV, che non trovò accoglienza tra i monasteri dell’Ordo Sancti Damiani, contribuì a che Chiara stessa si accingesse a scrivere una Regula propria, che il cardinale Rainaldo di Jenne approvò nel 1252, e che – con una procedura non conforme alla prassi ordinaria – Innocenzo IV confermò il 9 agosto 1253, due giorni prima della morte della santa. L’approvazione e l’osservanza della forma vitae di Chiara era limitata – è bene ricordarlo – al solo monastero di San Damiano, anche se il Testamentum e la Benedictio di Chiara, e le «testimonianze al Processo di canonizzazione mostrano la coscienza dell’intera comunità di essere punto di riferimento di molti altri monasteri» (109).
L’Epilogo (115-118) mostra che l’approvazione della Regula di Chiara non risolse i problemi giuridici dell’Ordo Sancti Damiani, sebbene la sua canonizzazione fu per il papato una forte “propaganda” in tale direzione. A dieci anni dalla morte di Chiara, Urbano IV, con la Beata Clara del 1263, pose fine alla confusione legislativa che caratterizzava l’Ordo Sancti Damiani, sancendo così la nascita dell’Ordo Sanctae Clarae, che da quel momento avrebbe dovuto osservare la forma vitae promulgata dallo stesso pontefice.
A questo punto del volume segue una ricchissima ed utilissima Appendice così composta: Documenti (121-150): vengono proposti i testi latini con traduzione italiana di 9 documenti (il primo del 1218 e l’ultimo del 1243) utili per la comprensione dell’iter storico della Regola di Chiara; Regesto (151-165): si offre il regesto di 30 documenti notevoli accompagnati dalla relativa bibliografia; Elenco cronologico dei principali documenti citati (167-175): 123 documenti di cui si dà la datazione, il titolo, l’autore e il destinatario, il contenuto probatorio o dispositivo, l’indicazione bibliografica; Tavola cronologica (177-185): dall’anno 1181 all’anno 1266, suddivisa in “Francesco e Ordine dei Frati Minori”, “Chiara-San Damiano”, “Monasteri delle Donne incluse”, “Chiesa-Vicende ecclesiali”, “Vicende politiche”; Bibliografia (187-200) e in conclusione la Postfazione (201-208) di Felice Accrocca che segue come tutor esterno il lavoro delle clarisse della Federazione di Umbria – Sardegna, nella quale lo storico delinea le modalità del lavoro svolto dalle clarisse indicandone puntualmente i pregi ed i risultati raggiunti, sempre condivisibili. Tuttavia, per la questione dell’autenticità del Privilegium paupertatis di Innocenzo III, Accrocca si dichiara «meno possibilista» (205)
– pur non condividendo l’analisi di Maleczek, riguardante la menzione di questo privilegio da parte della Legenda sanctae Clarae, che definisce «fragile e non priva di forzature» (206) – e sostiene che «tale testo […] può essere stato confezionato dopo la morte di Chiara, prendendo a modello il Privilegium del 1228, per sostenere le sorelle del monastero di Assisi nella loro resistenza alle pressioni della Sede Apostolica, perché adottassero la Regola di Urbano IV» (207). Chiudono il libro gli Indici: dei Nomi di Persona (211-214), dei Nomi di Luogo (215-217) e quello Generale (219-221).
Al termine della lettura di questo lavoro si può affermare che il fine delle autrici di condurre uno studio di rigorosa ricerca storica e di offrire una sintesi propria sia stato ampiamente raggiunto, e con successo. La loro continua attenzione alle fonti (documentarie e narrative), la non comune capacità di districarsi nella sterminata storiografia sull’argomento, le nuove acquisizioni raggiunte, di non poca importanza, e le ipotesi di lavoro per ulteriori sviluppi della ricerca, fanno di questo studio a più mani un’ottima pubblicazione scientifica.
Non va sottovalutato il fatto che questo studio sia il frutto del lavoro di più autrici che vivono in clausura e in differenti monasteri. Perciò si comprende la fatica nel dare una forma unitaria e coerente alla stesura finale del lavoro, e si giustifica se questo non si ottiene in tutte le pagine del libro. Alla clausura, e perciò alla necessità di accedere a pubblicazioni presenti in tutti i monasteri, credo sia da attribuire il frequente utilizzo del Dizionario degli Istituti di Perfezione nei primi due capitoli del libro, anche per quelle voci di cui si dispone di ricerche e contributi aggiornati. Lo stesso vale per le edizioni critiche usate: per la Chronica fratris Jordani e il Tractatus de adventu fratrum minorum in Angliam le autrici hanno adottato il testo edito in Analecta Franciscana I e non quello più recente, rispettivamente del Böehmer e del Little. Così pure per laCronica di Salimbene si è preferito il testo edito in Monumenta Germaniae Historie e non quello di Scalia.
Adesso non ci resta che aspettare la pubblicazione del terzo volume della collana “Secundum perfectionem sancti evangelii. La forma di vita dell’Ordine delle Sorelle povere”, dedicato al commento della forma vitae di Chiara. Sicuramente anche questo volume, come i primi due, si porrà all’attenzione degli studiosi, offrendo il proprio contributo scientifico alla ricerca riguardante Chiara d’Assisi e l’originalità della sua proposta cristiana.
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