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Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani – Pontificia Univesitā Antonianum (Roma, 22 febbraio 2006), Temi e strategie di archivistica. Seminario in margine alla collana Archiva diretta da Andrea Maiarelli

 
 
 
Foto De Prosperis Annarita , Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani – Pontificia Univesitā Antonianum (Roma, 22 febbraio 2006), Temi e strategie di archivistica. Seminario in margine alla collana Archiva diretta da Andrea Maiarelli , in Antonianum, 81/2 (2006) p. 402-406 .

Lo scorso 22 febbraio, nell’aula San Francesco della Pontificia Università Antonianum, si è svolto il seminario Temi e strategie di archivistica.

Il seminario, organizzato dalla Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani – con il patrocinio dell’Ufficio Nazionale per i beni ecclesiastici della Segreteria generale della Conferenza Episcopale Italiana – ha analizzato le importanti ricerche della nuova collana Archiva, di cui è curatore il professor Andrea Maiarelli. La collana, come si legge nel primo volume, «ha l’intento di mettere a disposizione degli studiosi inventari di archivi ecclesiastici elaborati secondo adeguati criteri scientifici e corredati da accurate introduzioni storico-istituzionali e da idonei apparati di consultazione».

Oltre al curatore Maiarelli, all’incontro di presentazione della collana sono intervenuti il professor Attilio Bartoli Langeli, il dottor Domenico Rocciolo e don Stefano Russo.

Il seminario si è aperto con il saluto del preside della Scuola di Studi Medievali e Francescani prof. Pietro Messa che, dopo aver ribadito l’importanza storica e culturale degli archivi quali custodi delle fonti cui bisogna continuamente appellarsi per ricostruire una storia non ideologica, ha sottolineato la necessità di condividere sia le prospettive di futuri lavori sia i risultati raggiunti dall’archivistica, tra i quali ha ricordato il riordinamento e l’inventariazione degli archivi provinciali delle Province dei Frati Minori dell’Umbria e della Toscana e dell’archivio della Curia Generalizia delle Suore Francescane Missionarie di Gesù Bambino.

Quindi hanno sono poi intervenuti padre Maurizio Faggioni, ministro della Provincia minoritica della Toscana e il professor Andrea Ciampani, responsabile del master in archivistica attivato presso l’Università LUMSA.

Padre Faggioni, che si occupa del ricco archivio provinciale dei Frati Minori di Firenze, ha elogiato l’impegno di «consegnare alla Chiesa ed all’Ordine le memorie» dell’esperienza francescana «carica di bellezza ... e di eventi», per poi lasciare la parola al professor Andrea Ciampani, che ha indicato nello sviluppo della conoscenza delle istituzioni una delle maggiori novità emerse dai recenti lavori effettuati negli archivi, ed ha posto l’accento sulla positività del dialogo tra mondo religioso e mondo scientifico.

È seguita la relazione del professor Bartoli Langeli, che, partendo dagli argomenti trattati nei primi due volumi di Archiva, ha dapprima tracciato le principali linee storiche che segnano l’evoluzione dell’archivio del convento di Monteripido a Perugina, considerato uno specimen degli archivi conventuali. Tale archivio, sopravvissuto alle soppressioni ottocentesche, contiene materiale di assoluto interesse, accumulatosi sopratutto nel ’400 e nel ’500. Alle sezioni più importanti di questo archivio, quella diplomatica e quella dei carteggi, si aggiunge quella degli atti del cronologo.

Riguardo poi al lavoro svolto sui quattro archivi aggregati presso l’Archivio storico del convento di Monteripido, si è voluto mettere in risalto la loro importanza, accresciuta dal fatto che gli archivi religiosi, rispetto a quelli statali, hanno il vantaggio derivato dalla possibilità di trasferire i documenti da un luogo all’altro, e quindi di ricostruire una certa unità in raccolte di materiale arichivistico disperso. Si è successivamente passati ad esaminare il secondo volume curato da Maiarelli, considerando in particolare la problematica riguardante gli archivi dei conventi chiusi e gli archivi di concentrazione; questi ultimi fanno parte di una strategia dell’Ordine, volta appunto a concentrare in un unico punto la documentazione a rischio di dispersione e di perdita. Il professor Bartoli Langeli ha tenuto a sottolineare l’interesse per la ricomposizione attenta che il Maiarelli fa delle precedenti ordinazioni degli archivi, che vanno collocate nel generale quadro di salvaguardia che caratterizza l’Ordine a cominciare dal ’700. La gerarchia archivistica divisa in tre gradi, così come tracciata da Maiarelli, è considerata di alto livello, dal momento che individua nella struttura archivistica la stessa organizzazione piramidale che divide in tre gradi fondamentali l’Ordine stesso. Tale suddivisione permette di comprendere che una delle caratteristiche principali dell’archivistica francescana è la mobilità, dovuta appunto alla circolazione tra i tre livelli della gerarchia. A seguito di ciò, le considerazioni di Bartoli Langeli hanno portato a riflettere sul fatto che, se i criteri di archivistica moderna si sono formati principalmente sul corpo degli archivi pubblici, per gli archivi dei Frati minori è necessaria una diversa modulazione; anche perché un’altra caratteristica che differenzia l’Ordine francescano rispetto agli altri ordini religiosi è la patrimonialità, che ha portato alla conservazione soprattutto di documenti di tipo testamentario e libri di conti. Il merito principale riconosciuto a Maiarelli è dunque l’aver portato alla ribalta elementi che meritano una riflessione non solo da parte dei Frati minori, ma anche delle altre famiglie francescane e, in generale, dell’archivistica religiosa. La riflessione conclusiva di Bartoli Langeli riguarda la necessità assoluta di perseguire la conservazione degli archivi: tutto il materiale in essi custodito deve essere reso disponibile perché, quand’anche esso (per assurdo) non dica nulla, è comunque fondamentale per cercare di raggiungere l’erudizione, intesa come capacità e voglia di descrivere il passato.

Una relazione rivolta soprattutto all’archivistica ecclesiastica in età moderna è stata quella del dottor Domenico Rocciolo che, in qualità di direttore dell’Archivio storico del Vicariato di Roma, ha presentato il rapporto tra archivi dei mendicanti e archivi della Chiesa in generale. Guardando alla realtà storica di Roma, si sono ricostruite le fasi della formazione degli archivi cittadini, realtà che nasce col pontificato di Leone XII (Annibale della Genga, 1823-1829). Si è inoltre evidenziato il fatto che la documentazione della città precedente al 1527 è andata perduta, dato che in occasione del sacco di Roma gran parte degli archivi venne distrutta. Altro avvenimento di capitale importanza fu l’avvento dei giacobini, che al grido di «gli archivi sono liberi», cancellarono l’idea degli archivi visti come scrigni. Il passo cronologicamente successivo riguarda appunto il pontificato di Leone XII che, nel 1824 emanò una bolla per la riforma delle parrocchie, nelle quali dovettero confluire i documenti di Roma. Questi luoghi rappresentarono l’anagrafe della città fino all’avvento della Repubblica. Al giorno d’oggi, siamo in una fase in cui «la conservazione delle memorie è interesse di tutti» e ciò è confermato, ad esempio in Italia, dagli interventi delle autorità sia ecclesiastiche che civili, istituzionalizzati nel 1996 mediante un’intesa tra la CEI e lo Stato Italiano per la conservazione degli archivi ecclesiastici. Rocciolo ha ricordato che da qui partono i progetti di conservazione, riordinamento e valorizzazione, che sono poi le tre fasi di lavoro in archivio proposte dallo stesso Maiarelli. Ricordando che il Consiglio Internazionale degli Archivi ha proposto uno standard di inventariazione, cui anche la città di Roma sta cercando di uniformarsi, Rocciolo ha in conclusione sottolineato la necessità di legare le moderne tecnologie di comunicazione all’erudizione.

In seguito è intervenuto don Stefano Russo, direttore dell’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Segreteria generale della CEI, ufficio nato nel 1996 con il compito di mantenere vivi i rapporti tra coloro che si occupano di beni culturali, stimolando soprattutto le diocesi alla salvaguardia dei beni ecclesiastici, poiché essa rappresenta anche un segno di custodia della fede stessa. Un risultato fondamentale è stato quello della creazione di un inventario dei beni storico-culturali, cui hanno partecipato a tutt’oggi 214 delle 215 diocesi italiane, 66 delle quali hanno già concluso il lavoro inventariale. Quest’opera, pur richiedendo l’ausilio delle moderne tecnologie, non può essere delegata agli informatici, ma deve essere affidata a professionisti dell’archivistica.

L’intervento conclusivo della relazione è stato affidato allo stesso Maiarelli, che ha contestualizzato la nascita di Archiva e ha poi parlato delle varie attività collegate alla collana. Infatti, nella famiglia dei Frati minori, il vaglio delle proprie radici come scoperta visibile della propria identità è sentito come una esigenza primaria. Ad Assisi, quindi, nasce Archiva, che l’Istituto Teologico _ in collegamento con le Edizioni Porziuncola _ ha accettato di editare. L’interesse per l’archivistica ha avuto nel pontificato di Giovanni Paolo II un punto di riferimento; in particolare ci si rifà alla Costituzione Apostolica Pastor bonus del 1988, che colloca i documenti e gli archivi in una posizione privilegiata, benché essi rispetto ai beni di interesse artistico vengano ancora oggi considerati in secondo piano. A questo proposito Maiarelli, ha citato il Discorso di Paolo VI agli Archivi ecclesiastici del 26 settembre 1963, nel quale si afferma: «l’avere il culto di… carte, dei documenti, degli archivi, vuol dire, di riflesso, avere il culto di Cristo, avere il senso della Chiesa, dare a noi stessi, dare a chi verrà la storia del passaggio di questa fase di transitus Domini nel mondo». Nel delineare la formazione dei primi due volumi di Archiva, Maiarelli ha evidenziato la difficoltà riportata nel rintracciare l’interezza dell’archivio del convento di Monteripido; non solo perché le stanze in cui esso era ubicato si trovavano in disordine, ma anche perché parte dei documenti di archivio erano sparsi nella biblioteca ed in varie stanze. Si è inoltre sottolineata la necessità di distinguere i vari archivi dell’Ordine, dato che molti di essi hanno avuto tappe di formazione variegate e diverse tra loro. Ultimo elemento sottolineato da Maiarelli è il carattere di internazionalità degli archivi francescani.

Alla relazione, che ha suscitato notevole interesse nell’uditorio, è seguito un vivace ed interessante dibattito, cui hanno preso parte, tra gli altri, i proff. Fortunato Bozzelli e Alvaro Cacciotti, i quali, operando nel settore dell’archivistica, hanno conferito alla discussione ulteriori spunti di approfondimento, tramite il racconto e la relazione delle loro esperienze dirette maturate in questo campo.

La presenza di circa novanta partecipanti, molti dei quali giovani, ha evidenziato l’attuale interesse per l’archivistica; proprio a tale attenzione vuole rispondere lo stage di archivistica che la medesima Scuola Superiore di Studi Medievali ha organizzato per il prossimo novembre.