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Recensione: JURE BRKAN, Zupa u zakonodavstvu katolicke Crkve

 
 
 
Foto Papez Viktor , Recensione: JURE BRKAN, Zupa u zakonodavstvu katolicke Crkve , in Antonianum, 80/2 (2005) p. 374-377 .

L’Editrice cattolica “Biblioteka sluzbe bozje” di Spalato (Split, Croazia), ha recentemente pubblicato il libro Zupa u zakonodavstvu katolicke Crkve (La parrocchia nella legislazione della Chiesa cattolica). L'Autore di quest’opera è il Professore francescano di diritto canonico p. Jure Brkan, già Ministro Provinciale della Provincia minoritica del Santissimo Redentore in Dalmazia e autore di molte pubblicazioni giuridiche. Questo libro è tanto più prezioso perchè nell'area di lingua croata finora mancava un'opera che trattasse questa materia del Codice di Diritto Canonico (CIC) e cioè: la parrocchia, il parroco e il vicario parrocchiale nella legislazione canonica attuale. L'Autore tratta questo argomento dai punti di vista storico-giuridico, canonico-esegetico e canonico-pastorale. A partire da questi tre aspetti vengono presentati i canoni 515 - 552 del CIC. Nell'esposizione dell'argomento, l'Autore applica la metodologia giuridica, usando sia le fonti che una ricca bibliografia degli Autori più noti nel campo del Diritto Canonico (pp. 274 - 286).

 Dopo una breve Introduzione (pp. 11-16), seguono in ordine logico sette capitoli. Nel primo capitolo (pp. 17 - 57) viene presentato brevemente l'aspetto storico di questo argomento, e cioè dalle prime comunità cristiane al Codice pio benedettino del 1917.

Nei primi secoli, le parrocchie si identificarono con le diocesi. Il Concilio di Calcedonia (451), parla della "paroecia rustica" che probabilmente indica la diocesi (p. 31). Il Concilio ecumenico Lateranense IV (1215) è il primo concilio che ufficialmente opera una distinzione netta tra il termine “parrocchia” e quello “diocesi” (p. 29). Nel Concilio di Trento (1545-1563), le strutture parrocchiali ricevono forme stabili e precise. Le decisioni di questo Concilio faranno più tardi parte della legislazione del CIC 1917. Qui la parrocchia viene definita come una parte del territorio della diocesi con fedeli, chiesa parrocchiale e parroco il quale è “pastore proprio” ed è responsabile per la cura d'anime (can. 217 CIC 1917). Il parroco, sempre secondo il CIC 1917, non è soltanto una determinata persona fisica: può esserlo anche una persona giuridica quando la parrocchia viene incorporata ad un Istituto religioso clericale, al Capitolo dei canonici etc. (pp. 52-53). Dopo la pubblicazione del Codice pio-benedettino, sono stati pubblicati molti commenti dei canoni da parte degli Studiosi ed anche interpretazioni autentiche di essi da parte della Commissione apposita fondata da Papa Benedetto XV, che hanno arricchito notevolmente la giurisprudenza parrocchiale.

Il secondo capitolo (pp. 58 - 121) è dedicato alle parrocchie e quasi parrocchie e al personale appare responsabile per l'attività pastorale dei fedeli appertenenti alla parrocchia. Il Concilio Vaticano II ha introdotto nelle strutture parrocchiali molti cambiamenti per poter rispondere meglio alle esigenze del nostro tempo. La parrocchia viene definita come una determinata "comunitas christifidelium" nella Chiesa particolare, che ha un parroco quale suo pastore proprio (can. 515). Si tratta di una "definizione teologico-canonica" (p. 66), che esprime nello stesso tempo una profonda distinzione tra la Chiesa particolare e la parrocchia. Se la parrocchia viene affidata ad un Istituto religioso clericale, il parroco deve essere sempre una persona fisica (pp. 76-79). Il parroco persona giuridica è infatti stato abolito. Aiutano il parroco due Consigli: il Consiglio pastorale e il Consiglio per gli affari economici. Il primo consiglio viene costituito "de iudicio Episcopi" affinché "adiutorium praestet" al parroco; il secondo, invece, "in unaquaque paroecia habeatur"  perché "adiutorium sit" al parroco.

L’Autore dedica il terzo capitolo all'affidamento della parrocchia ad un Istituto religioso clericale (pp. 122-158), riportando anche il modulo della convenzione che, in questi casi, deve essere stipulata fra il Vescovo diocesano e il Superiore competente (can. 520). Anche in questo campo troviamo alcuni dei cambiamenti sostanziali riguardo al Codice precedente. Non esistono più le parrocchie incorporate ad un Istituto religioso clericale e perciò l’Istituto come tale non può essere il parroco, perchè il parroco è sempre una persona fisica. Non è previsto più l’affidamento della parrocchia "ad nutum" del Vescovo diocesano perchè la cura delle anime richiede una certa "stabilitas parochi". Le parrocchie “incorporate” vengono d'ora in poi considerate "in perpetuum" affidate all'Istituto religioso. Si deve accentuare che la parrocchia viene affidata alla comunità religiosa, e non alla persona del parroco religioso. Il parroco religioso è sottoposto all’autorità del Vescovo diocesano e al proprio Superiore religioso (can. 678). L’Autore insiste molto sulla precisione della convenzione scritta, la quale deve chiaramente prescrivere tutto ciò che riguarda l'attività pastorale, le persone e le questioni economiche. Noi, personalmente, pensiamo che se tutto viene stabilito e prescritto minuziosamente, probabilmente si restringe troppo l'ambito della libertà d’azione del parroco.

L'ufficio del parroco quale "pastor proprius" viene presentato nel capitolo quarto. Si tratta dell’immagine biblica del Buon Pastore. Come "pastor proprius" dei fedeli affidatigli, il parroco ha un rapporto speciale con il Cristo, col Vescovo diocesano e con i presbiteri, i diaconi e laici suoi collaboratori. La cura delle anime da parte del parroco comporta una triplice dimensione, e cioè l'ufficio d'insegnare, santificare e guidare. Questi tre doveri fondamentali vengono più precisamente elencati nei cann. 528 - 529. Alcuni doveri del parroco obbligano in modo grave, ad es.: il dovere di residenza (can. 533), la Messa pro populo (can. 534). Siamo del parere che gli obblighi provenienti dai canoni 528 – 529, avrebbero dovuto essere presentati in un modo più dettagliato.

Nel capitolo quinto viene presentata una struttura parrocchiale nuova, cioè la parrocchia "in solidum". La cura pastorale di una parrocchia o di più parrocchie contemporaneamente, può essere affidata a più sacerdoti, di cui uno è il moderatore della vita pastorale ed è responsabile di fronte al Vescovo (can. 517). Questa forma è, secondo il parere dell'Autore, quella più vicina e consona all'identità degli Istituti religiosi.

La parrocchia è la persona giuridica pubblica ipso iure e gode della capacità di acquistare, possedere, amministrare e alienare dei beni materiali. Questi beni sono necessari affinchè la parrocchia possa svolgere le attività proprie (can. 1254; 1259). Il parroco “gerit” la parrocchia in tutti i negozi giuridici ed è responsabile per una retta amministrazione dei beni parrocchiali (can. 532). Nell'amministrazione dei beni parrocchiali devono essere osservate anche le norme del CIC, quelle emanate dal Vescovo diocesano e quelle della legislazione civile e concordataria, se esiste. La cattiva amministrazione dei beni temporali è una delle cause per la rimozione del parroco (can. 1741, 5). Di tutto ciò l’Autore tratta nel capitolo sesto (pp. 203-249).

Il settimo ed ultimo capitolo del libro è dedicato al vicario parrocchiale (pp. 250-269), ai suoi doveri e diritti. Il vicario parrocchiale viene affidato al parroco e non alla parrocchia come tale (p. 253), e in questa prospettiva deve essere vista la sua attività pastorale. Egli è il cooperatore del parroco e svolge il suo ministero pastorale in stretta dipendenza e sotto l’autorità del parroco.

Nell'Appendice I vengono elencati i numeri dei testi conciliari e i canoni del CIC e del CCEO; nell'Appendice II invece sono elencati i canoni del CIC 1983 e del CIC 1917.

Il libro del Professor I. Brkan rappresenta senz’altro un contributo notevole alla conoscenza del "diritto parrocchiale" e un aiuto prezioso e pratico sia per il clero sia per i laici della Croazia.