Borzumato Francesca ,
Recensione: DARIO FIORENSOLI (a cura) Bibbia e mito: il linguaggio della fede,
in
Antonianum, 80/3 (2005) p. 574-575
.
Il volume raccoglie una serie di interventi realizzati nel ricordo di Rudolf Bultmann, teologo luterano, che nel 1941 tenne una conferenza dal titolo “Bibbia e mito”.
Il primo intervento è quello di Rostagno, che in un rapido excursus sintetizza lo status questionis relativo al mito nelle Sacre Scritture. Quindi affronta la discussione sull’ermeneutica dei Libri Sacri condotta da Barth e Bultmann, che da premesse identiche giungono alla polemica relativamente alla Parola di Dio. L’autore termina l’intervento chiarendo lo iato e l’inconciliabilità tra storia e mito.
Si occupa poi dell’interpretazione del mito di Bultmann, Ulrich H. J. Körtner, rilevando come la concezione del teologo sia stata criticata, ma non sia stato prodotto un contributo paragonabile al suo. Il mito è visto come una forma di concezione del mondo e viene sviscerato il suo rapporto con la metafisica. L’autore conclude affermando l’importanza e la validità di Bultmann.
Sarà Armido Rizzi ad occuparsi del Gesù della storia e del Cristo della fede in Bultmann, il quale riconobbe l’impossibilità di costruire una biografia di Gesù dai Vangeli, che non si prestano a questo scopo, ma offrono una testimonianza di fede. Lo stesso autore traccerà l’abbozzo di una critica tramite esempi con cui sarà possibile almeno in parte ricostruire il Gesù storico.
Il mito tra fede e storia è invece l’argomento di cui si occupa Roberta Gimigliano nel puntare l’attenzione sulla disillusione a cui pervenne Bultmann, ovvero il poter pervenire a un nucleo autenticamente storico nei Vangeli.
Riguardo alla demitizzazione, la relazione di Dieter Kampen chiarirà almeno tre diversi significati della parola in Bultmann: riguardo una concezione superata del mondo, riguardo parti del racconto secondarie, riguardo il messaggio essenziale. Per descrivere ciò Bultmann utilizzerà un linguaggio alternativo e la teologia sarà incentrata sulla fede, concepita come incontro con Dio.
La seconda parte del volume è interamente dedicata al mito del giardino dell’ Eden: se ne occupa Aldo Magris, considerando i capitoli 2-3 del Libro della Genesi. Egli constata come il mito sia solo apparente perché l’autore del racconto aveva precise intenzioni riguardo alla morale. Distingue quindi almeno due fonti principali nel racconto delle origini (Gen. 1, 27 e Gen. 2, 7), giungendo al riconoscimento di una cosiddetta “storia agricola” (cioè l’origine della civiltà umana legata al lavoro della terra) e una “storia del Giardino” (cioè il racconto di un evento mitico di natura mitologica). Con altrettanta perizia analizza la compresenza di due alberi nel Giardino dell’Eden, ovvero l’albero della Vita e l’albero della conoscenza del bene e del male. Segue l’interessante confronto con il mito di Gilgameš e alcuni parallelismi con il Libro di Ezechiele.
Segue una terza parte su fede e linguaggio, nella quale Dario Fiorensoli chiarisce che la fede viene prima della lettera del testo e che occorre quindi demitizzare, ossia “deletteralizzare”, non fermarsi all’espressione letterale.
Di “Mito e cristianesimo in Eugen Drewermann” tratta Franz Reinders, che preliminarmente distingue tra mito, fiaba, leggenda e saga. Quindi si concentra sull’interpretazione dei testi biblici mediante la psicanalisi e il riconoscimento del mondo di immagini che vi si riscontrano.
Chiude il volume un glossario dei termini maggiormente usati nelle disquisizioni precedenti, assai utile a puntualizzare e chiarire i passaggi più oscuri.
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