Kopiec Maksym Adam ,
Recensione: Radice Roberto Valvo Alfredo (edd.), Dal logos dei greci e dei romani al logos di Dio. Ricordando Marta Sordi,
in
Antonianum, 87/2 (2012) p. 400-402
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Il libro raccoglie le relazioni presentate in occasione del Convegno internazionale Dal logos dei Greci e dei Romani al logos di Dio, che si è svolto all’Università Cattolica di Milano dall’11 al 13 novembre 2009. Il convegno è stato dedicato alla memoria di Marta Sordi, scomparsa nell’aprile dello stesso anno, che aveva dato il suo inestimabile contributo lavorando intensamente alla realizzazione di questo evento culturale.
I numerosi interventi dei relatori presentano contenuti assai diversi e variegati, ma comunque finalizzati a mostrare il progressivo processo di interpretare che ha accompagnato il concetto del logos nel passaggio dalla sua connotazione filosofica greca come pensiero, ragione, razionalità, parola a quella teologica, cristiana, identificata con il Verbo fatto uomo. Tale processo ha conosciuto una grande varietà di espressioni e di usi, spesso a carattere autonomo ed esclusivo (p. 7). Non è possibile, quindi, pensare ad un processo omogeneo e fluido, dalle tappe ben marcate. Al contrario, dal punto di vista metodologico, questa indagine deve essere condotta a diversi livelli: filologico – letterario (F. Calabi), semantico (M. Morani), antropologico (A.M. Mazzanti), filosofico – religioso (G.S. Gasparro, M.V. Cerutti), storico – filosofico (G. Fidelibus), filosofico – teologico (R. Radice, M. Fattal, I. Ramelli, Y. De Andía, G. Bolis), biblico – teologico (M.L. Gatti, L. Lugaresi, D. Pazzini, A.P. Bernardini, G. Bettini), teologico (G. Gaspero). Sul piano contenutistico, invece, l’indagine prende in esame le opere di alcuni autori dell’antichità cristiana iniziando dagli autori neotestamentari Paolo e Giovanni e passando poi a Filone d’Alessandria, Giustino, Clemente di Alessandria, Origene, Gregorio di Nissa, Gregorio Nazianzeno, Dionigi Areopagita, Agostino e Gregorio Magno.
In questa sede non intendiamo esporre i singoli interventi inseriti nel volume; il nostro scopo è quello di presentare una tematica che sta sullo sfondo, sintetizzando quanto è stato scritto sull’attuale questione dell’ellenizzazione del cristianesimo.
Il concetto del logos si iscrive in questa storia dell’incontro originario tra il messaggio cristiano e la cultura greco – romana avvenuto con la nascita del cristianesimo, dove la fede biblica si era alleata con la filosofia, anzi con la ragione umana. Papa Benedetto XVI, nella lezione tenuta a Regensburg, ha delineato le tre principali ondate che hanno cercato di infrangere questa originaria alleanza.
La prima è iniziata con la Riforma protestante che con il criterio della sola Scriptura, vedeva la fede troppo ingombrata da un sistema speculativo filosofico – teologico, ed è culminata con E. Kant che aveva relegato la fede nella ragione pratica. La seconda è arrivata con la teologia liberale del XIX-XX secolo (A. Harnack), che propugnava il ritorno ad un cristianesimo cosiddetto puro e al Gesù pre-dogmatico, maestro di vita e di moralità, antecedente alla sua dogmatizzazione identificata con l’ellenizzazione. La terza ondata di de-ellenizzazione è una corrente attuale che considera l’ellenizzazione non come forma essenziale del kerygma, ma come la prima forma di inculturazione, per cui bisognerebbe tornare sempre all’annuncio pre-ellenizzato per procedere ad ulteriori, nuove inculturazioni, specie in aree distanti dalla cultura greco – romana. In alcuni casi si è giunti ad affermare che tale processo abbia fatto perdere qualche cosa dell’annuncio originario o che l’abbia stravolto (p. 21-22).
Di fronte a tali ondate bisogna ribadire che «il patrimonio greco, criticamente purificato, è parte integrante della fede cristiana». Dal punto di vista storico - critico è noto che il messaggio cristiano è stato formulato e trasmesso originariamente in area semitica, poi ellenistico-giudaica, poi greca, ma sempre ad opera di missionari di origine ebraica, anche se grecofoni. La trasmissione del cristianesimo in area ellenica è stato in ogni caso il risultato di un adattamento inevitabile e naturale, ma per nulla estrinseco. L’esegesi biblica più recente e la ricerca teologica mettono in rilievo il fatto che gli elementi di ellenizzazione non toccano l’essenza del kerygma. Anzi la maggior parte degli studiosi contemporanei sostiene che quell’incontro ha modificato soprattutto la cultura di inserimento, per cui si avrebbe non un’ellenizzazione del cristianesimo ma una cristianizzazione dell’ellenismo.
L’ambito greco non è stato solo terreno di inculturazione, ma ha contribuito in maniera decisiva alla formulazione linguistica del messaggio cristiano.
Il Vangelo nasce all’interno di un contesto giudaico – ellenistico; ciò perché il contatto è stato mediato dall’incontro già avvenuto tra giudaismo ed ellenismo.
A questo punto è impossibile immaginare un cristianesimo puro nonellenizzato, perché il kerygma cristiano ingloba la tradizione ellenica. Per cui non si può stabilire come si sarebbe presentato il cristianesimo senza o prima dell’ellenizzazione, perché non esiste un annuncio cristiano prima o fuori della cultura greca o in una cultura di origine diversa (p. 22-23).
La scelta di una ellenizzazione concettuale non conduce ad una ellenizzazione della fede, anzi il cristianesimo ricorre spesso alla ellenizzazione lessicale proprio per contrastare l’ellenizzazione ideologica e per spezzare dall’interno il quadro del pensiero greco (p 23). In effetti, il discorso della de-ellenizzazione si radicalizza nel tema del logos che è interno già al Nuovo Testamento e che comporta un confronto con tutte le culture. È vero che il logos greco è stato accolto dal messaggio cristiano, ma in esso assume un nuovo significato, evidenziando soprattutto il suo aspetto storico, in quanto Logos Incarnato come l’unione ontologica del Logos divino e del logos umano. Il Logos cristianizzato è diventato il primo e decisivo passo della de-ellenizzazione compiuta proprio dal cristianesimo (p. 24).
In tale contesto si inscrivono i singoli contributi dei relatori che sono stati pubblicati in questo volume, dimostrando che il concetto del logos non serve solo come forma linguistico – culturale per esprimere il mistero dell’Incarnazione, bensì, pur essendo un elemento della cultura greca, fa parte integrante del messaggio cristiano sin dall’inizio.
L’unica osservazione che riteniamo di dover fare riguarda la mancanza di una sorta di conclusione che i curatori del volume avrebbero potuto aggiungervi a mo’ di sintesi, al fine di rendere più evidente il filo conduttore che lega le diverse relazioni e lo sviluppo tematico e, dunque, ribadire la finalità raggiunta dagli organizzatori del Convegno.
La profondità dei contenuti e l’alta qualità delle esposizioni oggetto dei vari contributi invitano ad una attenta lettura e stimolano a portare avanti la ricerca.
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