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Recensione: Bonaventura da Bagnoregio, Vita di san Francesco. Legenda maior. A cura di Pietro Messa

 
 
 
Foto Guida Marco , Recensione: Bonaventura da Bagnoregio, Vita di san Francesco. Legenda maior. A cura di Pietro Messa, in Antonianum, 85/1 (2010) p. 165-168 .

Pubblicata nell’importante collana Letture cristiane del secondo millennio delle Edizioni Paoline, la Vita di san Francesco scritta da Bonaventura da Bagnoregio si conferma quale vita per eccellenza del santo di Assisi, a motivo della grande diffusione e lettura di cui e stata fatta oggetto durante gli otto secoli di storia francescana. Diffusione e posizione dominante dovute non solo all’autorevole nome del suo autore ma anche alla sorte subita dalle vite di Francesco precedenti a quella di Bonaventura, e da quest’ultima sostituite e censurate. A fr. Pietro Messa, autore di apprezzati studi sul francescanesimo delle origini, si deve la cura di questo volume che si compone di una Introduzione (pp. 9-125) e del testo della Legenda maior di Bonaventura (pp. 139-336), tradotto dal curatore avendo come riferimento principale quello pubblicato dalle Editrici Francescane nelle ben note Fonti francescane.

L’Introduzione si compone di quattro capitoli: il primo (La Legenda Maior: un’agiografia) presenta l’agiografia come lettura teologica della storia, e in questo particolare genere letterario colloca la Vita scritta da Bonaventura proponendone ≪una lettura che colga l’opera per come essa e nata, indipendentemente da ciò che e diventata e da come sia stata collocata all’interno dell’ampio panorama costituito dalle fonti inerenti a Francesco d’Assisi≫ (p. 12). Lo sforzo del padre Messa e quello di ribadire il valore dell’agiografia per la storia (e lo fa appellandosi principalmente all’autorità degli studi di Giovanni Miccoli e Raimondo Michetti), riconoscendo, pertanto, valenza storica alla dimensione religiosa dell’agire narrata nelle vite dei santi, contro ogni “storiografia del sospetto”. Il secondo capitolo (Le fonti della Vita di san Francesco) spiega le motivazioni della Vita scritta da Bonaventura a pochi anni dalla sua elezione a ministro generale dei Minori, le modalità compositive del testo – che utilizza le precedenti Vitae di san Francesco –, e le fonti teologiche di quest’opera, dal momento che ≪Bonaventura mise le proprie capacità esegetiche e intellettuali a disposizione di una lettura teologica della vicenda di san Francesco≫ (p. 60). Dal testo, infatti, ≪emerge non tanto un Bonaventura agiografo, ma un Bonaventura teologo, che offre una speculazione teologica sull’esperienza ascetico-mistica vissuta da san Francesco≫ (p. 65). Nel terzo capitolo (Il contesto della Vita di san Francesco) l’opera di Bonaventura e inquadrata ed interpretata alla luce delle vicende ecclesiali e minoritiche che avevano sollecitato la composizione di questa Vita: lo sviluppo dell’Ordine dei frati Minori, il gioachimismo e la contesa con il clero secolare. La Legenda maior di Bonaventura ≪e un’opera che ha ben presenti le domande che si poneva l’Ordine in quel momento, ma la prospettiva sottesa e molto più ampia delle vicende dei Minori, ed e rivolta non solo a tutta la Chiesa, ma alla storia intera, presentando san Francesco in relazione ad avvenimenti escatologici≫ (p. 65). L’ultimo capitolo offre delle indicazioni di metodo su come leggere la Vita di san Francesco.

La ricca schedatura sugli studi riguardanti Bonaventura e la sua Vita di san Francesco offerti al lettore nella Introduzione al volume, caratterizzano quest’ultima come un utile e aggiornato compendio di agiografia, e di agiografia francescana in particolare (l’abbondante schedatura porta l’autore a ripetere in alcuni casi citazioni letterali dagli studi utilizzati: cf. pp. 52/66; 65/68; 69/70-71; 58/74-75).

All’Introduzione segue la traduzione italiana del testo integrale della Legenda maior bonaventuriana, arricchito dalle molto utili note del curatore che chiariscono ed illuminano diversi passaggi della narrazione di cui diversamente non si coglierebbe il senso e la portata. Tra i tanti, sottolineo solo due aspetti della narrazione che il padre Messa ha efficacemente evidenziato: 1) il riferimento esplicito di Bonaventura alle Costituzioni di Narbona – promulgate dal capitolo generale del 1260 presieduto dallo stesso Bonaventura – e alle sue opere teologiche e di contenuto francescano. Ciò è spiegato dal fatto che Bonaventura ≪eletto ministro generale, per risolvere i gravi problemi di fronte ai quali si trovava, penso bene di aggiornare le costituzioni e di scrivere un nuova vita del fondatore e guida dell’Ordine dei frati Minori≫ (p. 52): ≪la vita di san Francesco costituiva quindi per i frati un solido punto di riferimento tanto quanto, per non dire di più, le stesse costituzioni≫ (p. 51). Nello speculum della Legenda maior riguardante le virtù di san Francesco si trovano frequenti riferimenti impliciti al dettato delle Costituzioni di Narbona: circa i cibi (LegM,V,1; Cost. Narb. De forma interius conversandi. IV rubrica,1-9), circa l’abito (LegM,V,1; Cost. Narb. De qualitate habitus. II rubrica), riguardo ai rapporti con le donne (LegM,V,5; Cost. Narb. De occupationibus fratrum. VI rubrica,5-6), circa le costruzioni dei frati (LegM,VII,2; Cost. Narb. De observantia paupertatis. III rubrica,14-17). Francesco e il modello che aiuta i frati a conformarsi al dettato delle Costituzioni. Traspaiono anche riferimenti ad altri testi di Bonaventura, quali l’Epistola de tribus quaestionibus e l’Epistola scritta all’Ordine minoritico in occasione della sua elezione a Ministro generale nel 1257.

2) Il rapporto tra “imitazione” e “ammirazione” di Francesco presente nell’opera di Bonaventura. ≪Questo araldo di Dio, degno di essere amato da Cristo, imitato da noi e ammirato dal mondo (imitabilem nobis et admirabilem mundo), fu il servo di Dio Francesco; lo constatiamo con sicurezza indubitabile se osserviamo come egli raggiunse il vertice della santità più eccelsa e, vivendo tra gli uomini, fu imitatore della purezza angelica, fino a diventare esempio per i perfetti seguaci di Cristo (LegM,Prologo 2): in questo caso Bonaventura propone ai frati un modello di Francesco imitabile (da imitatore di Cristo a imitato), riservando al mondo la sua ammirazione.

Narrando del bacio guaritore che Francesco diede sulla piaga di un uomo affetto da un morbo al volto, Bonaventura conclude: ≪Non so cosa ammirare (sit admirandum) maggiormente in questo fatto: se la profonda umiltà in quel bacio cosi benevolo, o la splendida potenza in un miracolo cosi stupendo ≫ (LegM,II,6): l’agiografo qui considera il gesto di Francesco solo da ammirare. A conclusione della predica di Francesco durante la quale – nudo e con una corda al collo – il frate si accusa di aver interrotto l’astinenza durante la malattia, Bonaventura annota che ≪tutti i convenuti, alla vista di uno spettacolo così impressionante, rimasero ammirati (admirati sunt) e, siccome conoscevano bene la sua austerità, profondamente commossi proclamavano che tale umiltà poteva essere più ammirata che imitata (magis admirabilem quam imitabilem)≫ (LegM,VI,2): in questa circostanza l’agiografo riferisce il sentire dei convenuti alla predica, e nulla autorizza a credere che i frati siano da annoverare tra questi che dichiarano l’impossibilita di imitare l’umiltà di frate Francesco. A conclusione del capitolo VI della Legenda maior Bonaventura fa una lode dell’umiltà, che la traduzione italiana del testo definisce una virtù imitabile, nonostante il testo latino dica sectanda est: ≪E quindi doveroso imitare (sic!) l’umiltà di Francesco ... Questa e veramente la virtù che esalta quanti la possiedono e che, mentre manifesta riverenza a tutti, da tutti merita di essere onorata (revera est)≫. Ai testi segnalati dal padre Messa aggiungo un’altra significativa affermazione di Bonaventura: ≪Sentendomi indegno e incapace di descrivere la vita di quest’uomo cosi venerabile, degnissima di completa imitazione … (Ad huius tam venerabilis viri vitam omni imitatione dignissimam describendam …)≫. La vita di Francesco e presentata nel prologo dell’opera bonaventuriana come degnissima di essere imitata (la collocazione di questa affermazione nel prologo e particolarmente significativa).

Da questa carrellata di testi della Legenda maior credo si possa ridimensionare il giudizio di chi vede nell’opera di Bonaventura un Francesco presentato in primo luogo – se non esclusivamente – come un icona da ammirare più che come un esempio da imitare. E vero, tuttavia, che dalle concordanze del Cetedoc si evince che nella Vita bonaventuriana l’utilizzo dell’aggettivo admirabilis (5 occorrenze), del sostantivo admiratio (13 occorrenze), del verbo admiror (15 occorrenze) e superiore a quello di imitabilis (2 occorrenze), di imitatio (3 occorrenze), di imitator (2 occorrenze), di imitor (1 occorrenza), che si riferiscono anche allo stesso Francesco quale imitatore di Cristo. Il tema dell’ammirazione, peraltro, e pienamente giustificato dal fatto che Francesco, alter Christus, manifesta in se una progressiva conformazione a Cristo che ha il suo culmine nell’impressione delle stimmate, e ciò non può che suscitare grande ammirazione.

Il lavoro del padre Messa, pubblicato da una casa editrice non francescana, mette giustamente a disposizione di un ampio pubblico una fonte preziosa per conoscere la storia e la santità di Francesco d’Assisi e, nello stesso tempo, la storia e le esigenze che animavano il suo biografo. L’articolata e aggiornata Introduzione al testo e le note che lo corredano, sono delle utili chiavi che permettono di entrare con fiducia in un antico palazzo senza la paura di perdersi e di rimanerci imprigionati. Il lettore in chiusura del volume troverà un’altrettanto utile sezione di indici: l’Indice scritturistico (pp. 339-345), l’Indice onomastico (pp. 346-350) e l’Indice analitico (pp. 351- 357) composto di 99 voci (da Abito a Volontà). Sono persuaso che la motivazione che ha guidato il curatore del volume sia la stessa che mosse otto secoli fa Bonaventura: narrare una storia di santità e destare nel lettore l’ammirazione, la devozione e l’imitazione.