Nobile Marco ,
Recensione: Karrer Martin, Gesù Cristo nel Nuovo Testamento,
in
Antonianum, 87/4 (2012) p. 807-809
.
Lo studio di M. Karrer, professore di Nuovo Testamento alla Kirchliche Hochschule di Wuppertal, è una indagine originale di cristologia neotestamentaria, enunciata dall’autore all’inizio in un modo che segna tutta quanta la sua ponderosa trattazione dell’argomento. Difatti, dopo aver detto che “con il presente volume si affronta la cristologia” (p. 11), più sotto egli afferma: “Il titolo del presente volume… Gesu Cristo nel Nuovo Testamento è sostitutivo di Cristologia” (p. 12). L’apparente contraddizione starebbe nel fatto paradossale che il Nuovo Testamento si colloca sulla linea di confine tra i fatti storici e le prime prese di posizione delle comunità postpasquali, per cui, se da un lato “tutte le fonti su Gesù sono postpasquali” (p. 22) e quindi sono già delle operazioni cristologiche, tuttavia esse, appartenendo intrinsecamente alle recenti esperienze storiche interpretate e formulate, non possiedono ancora quella sistematicità richiesta da una teologia cristologica, così che alla fine ci si trova, col Nuovo Testamento, di fronte ad una cristologia frammentaria. Questa ambivalenza si riflette, come già detto, su tutta l’indagine dell’autore, rendendone spesso la formulazione circonvoluta e di non sempre facile comprensione (penso che anche il traduttore debba aver avuto un compito difficile, come si evince da passi quali: “Le parole sul battesimo di passione… meritano la massima attenzione. Dicono che Gesù immerso. Lo significa un supplizio come un annegamento” (?) (p. 321).
Ad ogni modo, lo studio ha una chiara articolazione il cui significato viene illustrato da Karrer: data l’origine postpasquale delle fonti, non è possibile seguire un criterio genetico evolutivo di esse che parta da un preciso contesto storico e si sviluppi poi coerentemente in un concetto teologico. Così, egli sceglie di affrontare gli argomenti cristologici in maniera tematica, dando ai vari temi quella che è la più probabile progressione temporale e concettuale. Dopo il primo capitolo che serve da introduzione si ha pertanto una trattazione che ha inizio con “la risurrezione di Gesù, il Salvatore” (cap. 2), si continua con la “morte e passione di Cristo, il Messia” (cap. 3) e si completa con “il Figlio e la sua azione terrena” (cap. 4). Un epilogo conclude consuntivamente lo studio (cap. 5).
La sequenza degli argomenti sviluppa la convinzione dell’autore che il primo e più antico materiale cristologico vada ricercato nelle affermazioni sull’evento della resurrezione, come dimostra in particolare Paolo, che a sua volta era immerso in comunità che si fondavano esclusivamente sulla resurrezione di Cristo, senza alcun interesse per le sue vicende terrene che arriveranno per ultime. Stimolanti le riflessioni esegetiche relative al “fatto” della resurrezione.
Di grande interesse è anche l’argomento seguente, che tratta della passione e morte di Cristo. L’autore ricostruisce in maniera meticolosa gli addentellati che il tema ha con l’Antico Testamento e le tradizioni giudaiche (una particolarità della trattazione è la dovuta considerazione del carattere ebraico degli eventi in questione e, di conseguenza, della componente dialogica che uno studio come questo deve adoperare per essere corretta). Il passaggio graduale dell’interesse delle comunità credenti dall’evento centrale della resurrezione, come sbocco della passione e morte, alla preesistenza di Cristo ha condotto a considerare come colmo di significato anche il passaggio terreno di Gesù Cristo. La sua vicenda terrena veniva letta ormai come l’esplicitazione dei piani del Padre celeste attraverso il ministero esercitato dal Figlio disceso sulla terra come Messia, servo sofferente e salvatore: argomento finale trattato dall’autore. Che le vicende terrene, però, non siano state narrate come semplici affabulazioni biografiche, lo dimostra la selezione degli argomenti ritenuti validi: all’inizio, il battesimo ricevuto da Giovanni Battista, poi la predicazione consistente nell’annuncio del regno di Dio, i discorsi in parabole e i miracoli presentati come segni; infine, un’altra caratteristica della vicenda terrena di Gesù sarebbe stato il carattere provocatorio del suo parlare e agire. In questa sezione Karrer tratta anche del tema del Figlio dell’uomo, conferendo ad esso un ruolo riduttivo a fronte delle varie elucubrazioni in proposito (p. 329-350).
L’indagine di Karrer è condotta con l’acribia tipica di tutta una tradizione esegetica tedesca, anche se talvolta ci sembra che proprio tale acribia conduca a delle riflessioni speculative non troppo in sintonia con la povertà dei dati, confermata dallo stesso autore: insomma, troppo ragionare occidentale. Tuttavia, vi sono anche degli spunti di riflessione che rendono affascinante la ricerca dell’autore. In breve, una messa a punto di cristologia neotestamentaria con cui fare i conti per una correttezza e fecondità di indagine.
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