De Prosperis Annarita ,
Cronaca del seminario di studio in occasione della presentazione del volume: Francesco d’Assisi, Scritti, edizione critica, a cura di Carlo Paolazzi, ofm, Edizioni Quaracchi, Grottaferrata (Roma), 2009. Pontificia Università Antonianum, Roma, venerdì 22 o,
in
Antonianum, 85/4 (2010) p. 667-669
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La Scuola di Studi Medievali e Francescani, l’Istituto Francescano di Spiritualità e il Centro Culturale Aracoeli hanno organizzato la presentazione del volume Francesco d’Assisi, Scritti, edizione critica a cura di Carlo Paolazzi, O.F.M. Edizione Quaracchi Grottaferrata (Roma) 2009. Per illustrare il testo sono intervenuti Attilio Bartoli Langeli (Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani; Deputazione di Storia Patria per l’Umbria) e Luigi Pellegrini (Istituto Teologico di Assisi). Presente all’incontro anche il curatore dell’opera, Padre Carlo Paolazzi.
Dopo la presentazione e i saluti iniziali che Padre Pietro Messa ofm, preside della Scuola di Studi Medievali e Francescani, ha rivolto ai partecipanti, anche a nome del Ministro Generale ofm p. Jose Rodriguez Carballo, l’incontro si e aperto con la relazione del Professor Attilio Bartoli Langeli, il quale ha ricordato che il volume di Paolazzi costituisce la decima edizione critica degli Scritti di Frate Francesco. Elencando le edizioni critiche precedenti, la prima delle quali fu curata nel 1623 dall’irlandese Luke Wadding, Bartoli Langeli ha sottolineato il fatto che tra le suddette edizioni solo due vanno considerate come ufficiali, perche pubblicate per volere dell’Ordine dei Frati Minori: quella appunto di Paolazzi e quella di Kajetan Esser del 1976, entrambe realizzate in occasione dei festeggiamenti per un centenario.
Non può essere inoltre dimenticato l’importante ruolo svolto dalle traduzioni nelle lingue moderne dei medesimi Scritti dell’Assisiate poichè, ha affermato Bartoli Langeli, ogni traduzione rappresenta uno sforzo per andare avanti nella comprensione del testo. Sono state pertanto citate, tra le altre, la traduzione degli Scritti in francese di Desbonnet e Vorreaux, le edizioni italiane delle Fonti Francescane datate 1977, 1986 e 2004, nonchè l’edizione pubblicata dalla Biblioteca Francescana di Milano nel 2002. Tuttavia, la nuova edizione critica di Carlo Paolazzi impone un confronto anzitutto con quella del suo predecessore ufficiale del 1976, Kajetan Esser. Tra le due edizioni vi e concordanza sostanziale per quanto riguarda il canone degli Scritti di Francesco ritenuti autentici. Nonostante cio Paolazzi, dando per acquisti i risultati raggiunti da Esser e quelli che egli stesso ha ottenuto negli anni di preparazione all’opera, presenta i testi in maniera diretta e chiara, evitando alcune prolissità o ingenuità filologiche del suo predecessore. Oltre alla differenza, non sostanziale, della scelta del titolo Scritti, preferito ad Opuscula, e della decisione di riportare in italiano i titoli dei vari testi, la diversità essenziale tra le due edizioni e infatti di tipo scientifico e filologico. Grazie ad un ragionamento da filologo lackmaniano, riproducendo lo stemma codicum dei vari testimoni degli scritti di Francesco, Paolazzi evita di disporre, come aveva fatto Esser, gli scritti in ordine alfabetico, seguendo invece un criterio di plausibilità storica. Del pari va ricordato che i testimoni manoscritti degli scritti di Francesco sono caratterizzati in prima istanza non dalle lezioni che portano, ma dal modo in cui i testi che essi trasmettono sono assemblati; ne consegue che e necessario evitare di considerare la tradizione manoscritta separatamente e analiticamente. E stato poi notato che, nella divisione dell’opera, Paolazzi segue la tripartizione degli Scritti in tre categorie (Laudi e Preghiere, Epistole, Regole), adottata per la prima volta da Desbonnet.
In conclusione, Bartoli Langeli si e soffermato sul fatto che l’edizione di Paolazzi apporta un miglioramento intrinseco notevole grazie alla scelta di riprodurre la grafia dei manoscritti medievali e che, anche dal punto di vista formale, il volume rappresenta un “capolavoro tipografico”, figlio della stretta collaborazione instauratasi tra la tipografia De Magistris di Grottaferrata da un lato e Paolazzi e i suoi sodali dall’altro, durante gli anni trascorsi nel Collegio San Bonaventura di Grottaferrata.
La seconda parte del seminario e stata aperta dal Professor Luigi Pellegrini, il quale e entrato nel merito di alcuni degli scritti, volendo utilizzare i codici come strumento di ricostruzione storica. In particolare Pellegrini si è soffermato sullo stemma codicum della Regola non bollata, spunto di riflessione per analizzare la storia della tradizione del testo, ai fini di comprendere se esiste un rapporto tra lo stemma codicum e le famiglie che trasmettono tale Regola. In effetti questo rapporto esiste, ed e molto stretto. Pellegrini ha dunque notato che in questo modo anche il lavoro dello storico e del filologo convergono strettamente: attraverso la collezione dei codici e l’analisi delle varianti condotta da Paolazzi viene confermata l’analisi della storia della tradizione dei testi. Per sottolineare la perfetta convergenza tra il lavoro dello storico e quello del filologo egli ha elencato ed analizzato i codici che si trovano nella famiglia a, b, g. In particolare, per quanto riguarda il gruppo a, egli ritiene si tratti di un complesso di testi riuniti – non e chiaro da chi – che compaiono per la prima volta attorno alla meta del Trecento negli ambienti riformistici dell’Italia Centrale. Questa collezione, che Pellegrini chiama “dell’Italia Centrale”, lascia supporre un suo stato tuttora embrionale, dal momento che i testi sono raccolti in modo disordinato. Pellegrini ha poi distinto la tradizione diretta della Regola non bollata da quella indiretta, intendendo la prima come la tradizione che trasmette il testo in maniera autonoma. Per quanto concerne la tradizione indiretta, Pellegrini non concorda con Paolazzi riguardo a quelli che David Flood ha definito gli excerpta alterius Regula. E’ stato in conclusione ripreso l’argomento della Preghiera davanti al crocifisso, già affrontato nella relazione di Bartoli Langeli.
Rispondendo alle obiezioni rivolte al testo per quanto riguarda la sua autenticità e il fatto che Francesco ne sia realmente l’autore, Paolazzi ha riaffermato di voler seguire il principio filologico secondo cui un testo appartiene all’autore al quale è attribuito unanimemente dalla tradizione testuale fino a prova contraria. Egli ha inoltre voluto ricordare che, nelle scelte adottate nella stesura della sua opera, egli ha cercato di mantenersi fedele ad un altro principio, quello per cui si parte dal presupposto che l’edizione critica non sia soltanto per i filologi ma anche per i lettori comuni.
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