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Inaugurazione dell’Anno Accademico 2008-2009. Messaggio del Gran Cancelliere, Fr. José Rodríguez Carballo

 
 
 
Foto Rodríguez Carballo José , Inaugurazione dell’Anno Accademico 2008-2009. Messaggio del Gran Cancelliere, Fr. José Rodríguez Carballo, in Antonianum, 84/1 (2009) p. 195-199 .

Venerdì 17 ottobre 2008, nella Basilica di Sant’Antonio, si è svolta la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2008-2009 della Pontificia Università Antonianum. Agli interventi del Ministro Generale dell’Ordine dei Frati Minori e Gran Cancelliere dell’Università, fr. Jose Rodriguez Carballo, e del Rettore Magnifico, fr. Johannes B. Freyer, O.F.M., ha fatto seguito un concerto di musica sacra della Scuola del maestro Enzo Tei.

Messaggio del Gran Cancelliere

Autorità accademiche, professori, alunni, personale ausiliario: il Signore vi dia la pace!

Sono tre le circostanze che fanno di questa inaugurazione dell’anno accademico 2008-2009 un momento del tutto particolare per la nostra Università Antonianum: il rinnovo delle cariche accademiche, la celebrazione del Sinodo dei Vescovi, e la chiusura del VII Centenario della morte del Beato Giovanni Duns Scoto, il Dottor Sottile e Mariano (1308- 2008).

1. Il rinnovo delle cariche accademiche. Ai fratelli ai quali è stato chiesto o prossimamente sarà chiesto un servizio particolare a favore dell’Università, manifesto la mia gratitudine per la loro disponibilità, accompagnata dalla mia fraterna e cordiale felicitazione per la fiducia in loro riposta. A tutti auguri e buon lavoro.

Tra le sfide che io vedo di fronte a voi in questi momenti ne segnalo due:

- Creare una vera comunità accademica nella quale ci sia una vera sinfonia tra le diverse individualità e il primo compito che vi si presenta. Siate creativi nel ricercare e mettere in pratica i mezzi adeguati per potenziare l’unità della comunità accademica, nel rispetto della pluralità e diversità, epifania di un Dio sempre fecondo. Specialmente in seno alle distinte Facoltà, favorite il lavoro in equipe.

- La seconda sfida che vedo e il lavorare instancabilmente, ed in ogni momento, per passare dal buono al meglio e conseguire cosi l’eccellenza accademica che un’Università come la nostra deve avere, se vuole competere con uguale forza con altri Centri universitari similari. Eccellenza accademica nell’insegnamento, eccellenza accademica nella ricerca. Tutto questo senza rinunciare mai ad essere una vera famiglia universitaria nella quale le relazioni degli uni con gli altri siano animate dalla stima reciproca, il dialogo fatto di ascolto, e la collaborazione fraterna e sincera. Sono convinto che l’ambiente di famiglia aiuterà, senza alcun dubbio, a portare avanti gli obbiettivi specifici di una Università Francescana.

2. Il Sinodo della Parola di Dio nella vita e missione della Chiesa. All’interno dell’anno paolino, voluto dal Santo Padre per ricordare i duemila anni della nascita di San Paolo, la Chiesa sta celebrando la XII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema della Parola di Dio.

In questo contesto desidero ricordare quanto afferma il Vaticano II: “La Scrittura deve essere l’anima della teologia” (DV 24). Questa affermazione, dal momento che pone la Parola di Dio al centro della ricerca e dell’insegnamento della teologia, sta esigendo un dialogo e una stretta collaborazione tra esegeti e teologi.

Nel suo recente intervento al Sinodo dei Vescovi, sua Santità Benedetto XVI ha affermato: “Per meglio capire la Bibbia, anche dal punto di vista della fede, servono esegeti con una formazione completa”. Benedetto XVI ha insistito sulla necessita di tener presenti nell’esegesi due elementi: quello storico e quello teologico. “Il metodo storico-critico e positivo, ma ha bisogno di essere completato”. “Il metodo storico-critico - ha continuato il Papa - aiuta a capire che il testo sacro non e mitologia, ma vera storia, aiuta a cogliere l’unita profonda di tutta la Scrittura” (cf. L’osservatore Romano, 15 ottobre 2008, 1). Se manca l’elemento storico si cede facilmente alla tentazione, sempre viva, del fondamentalismo, o, per lo meno, di un letteralismo schiavizzante. “Se scompare l’ermeneutica della fede, al suo posto si afferma l’ermeneutica positivista, secondo la quale il divino non appare nella storia” (idem). Di conseguenza, la Sacra Scrittura o Parola di Dio, verrebbe ridotta ad un libro del passato o a una semplice parola umana. Bisogna superare, ha detto in un altro passo il Santo Padre, il dualismo che attualmente separa la teologia dall’esegesi: “una teologia - ha detto sempre Benedetto XVI – che non si basa sull’interpretazione della Scrittura e una teologia senza fondamento, come non ha fondamento un’esegesi che non sia teologica”. Di fatto, ci domandiamo: che sarebbe un discorso su Dio che non tenga presente un’esegesi scientifica e illuminata dalla fede del dato rivelato? E dall’altra parte, a cosa condurrebbe un’esegesi che non tiene conto che ci troviamo di fronte ad un libro rivelato?

Per evitare questi estremi, e necessario, pertanto, superare la distanza che si avverte alcune volte tra la ricerca esegetica e l’elaborazione teologica.

Il teologo deve usare il dato biblico senza strumentalizzarlo, mentre l’esegeta non deve limitare la sua ricerca solo ai dati letterari, ma deve impegnarsi nel riconoscere e comunicare i contenuti teologici presenti nel testo ispirato. Il teologo deve aiutare a comprendere e valorizzare la verità delle Sacre Scritture nella vita di fede e nel dialogo con le culture, riflettendo sulle attuali tendenze antropologiche, sulle istanze morali, sulla relazione tra ragione e fede, e sul dialogo con le grandi religioni. L’esegeta deve essere cosciente che di fronte a se ha un testo rivelato e non semplicemente un testo letterario, e che, come ho ricordato nel mio intervento al Sinodo, presentando come esempio san Francesco, un testo si capisce nella sua profondità solo se si vive, o come dicono i santi Padri, se si fa vita. Questo e un principio ermeneutico che nessuno che si avvicina alle Sacre Scritture può dimenticare.

Gli uni e gli altri, teologi ed esegeti, devo avvicinarsi alla Sacra Scrittura come fonte di acqua viva, nella sorpresa gioiosa di ascoltare il Signore nei contesti della vita. Dalla Parola di Dio alla vita e dalla vita alla Parola di Dio.

In questo modo si porrà in atto il circolo ermeneutico completo: credere per comprendere, comprendere per credere; la fede cerca l’intelligenza, l’intelligenza si apre alla fede. Il racconto di Emmaus e un modello esemplare di incontro del credente con la Parola incarnata (cf. Lc 24,13-35). Incontro a cui sono chiamati anche i teologi e gli esegeti.

D’altra parte, senza rinunciare alla ricerca scientifica più esigente, gli uni e gli altri, teologi ed esegeti, devono offrire al popolo di Dio, anche se ciascuno dal luogo che gli e proprio, “l’alimento delle Scritture, che illumina la mente, corrobora le volontà e accende i cuori degli uomini all’amore di Dio” (DV 23). Con questa finalità e necessario potenziare un dialogo non solo tra esegeti e teologi, ma anche con gli altri agenti di pastorale. Questo dialogo permetterà che l’esegesi sostenga la teologia e che la riflessione teologica si traduca in proposte di evangelizzazione più incisiva.

Mentre ringrazio tutti i Professori della nostra Facoltà di Scienze Bibliche e Archeologia di Gerusalemme per il grande lavoro che fanno in esegesi e archeologia, invito ad intensificare la collaborazione tra detta Facoltà e la Facoltà di Teologia di Roma, con i loro diversi istituti, e a fare studi e pubblicazioni scientifiche insieme. Entrambe le Facoltà ne uscirebbero arricchite.

3. Celebrazione del VII Centenario della morte di Scoto. Siamo quasi alla fine delle celebrazioni del VII Centenario della morte del Dottor Sottile e Mariano, il Beato Giovanni Duns Scoto.

Il capitolo generale straordinario nel suo documento finale ha chiesto di recuperare “criticamente le grandi tradizioni filosofiche, teologiche, mistiche ed artistiche del nostro patrimonio francescano, come sostegno della nostra missione di annunciare il Vangelo […] nel cuore della cultura contemporanea”, e pone come ragione di ciò l’evitare “il rischio di essere facile preda del fondamentalismo e delle tendenze emotive del presente, di smarrire il nostro contributo specifico, con interpretazione scorrette che lo rendono funzionale ad altri ‘padroni’ del pensiero e dell’azione” (Spc 13).

Il magistero di Scoto fa parte di questo ricco patrimonio che siamo chiamati a conoscere e a trasmettere, “senza svincolarlo dai contesti e dalla linfa vitale del tempo in cui si e sviluppato, ma neppure dal contesto attuale” (Shc 13), non per ragioni di scuola, ma perche la sua dottrina e profondamente attuale, come ricorda Paolo VI nella Lettera Apostolica Alma Parens, ed il “suo patrimonio e perennemente valido” (AP 7).

Nella dottrina di Duns Scoto, il “perfezionatore di san Bonaventura” (Paolo VI, AP, 6), non solo aleggia “lo spirito serafico del Patriarca Assisiate” (Paolo VI, AP 9), ma essa ci porta ad una solida ed armonica conoscenza dell’uomo, del mondo e di Dio.

Quanto e attuale la dottrina di Scoto! Quanto ci aiuterebbe nella missione evangelizzatrice la sua dottrina sul primato di Cristo! Quanto ci aiuterebbe nel campo del dialogo ecumenico la dottrina del Dottor Sottile, in modo particolare con la Chiesa Anglicana, che ha fatto sua la dottrina di Scoto per tre secoli, prima della separazione? Ricercatore instancabile dell’unita della Chiesa, si presenta ancora oggi come modello di dialogo, mosso “non dalla contenziosa singolarità del vincere, ma dall’umiltà di trovare un accordo”. E che dire della dottrina sull’Immacolata e quando insegna “l’eccellenza della carità, sopra ogni scienza”? (cf. AP 9).

Quanto insegna a tutti noi, professori e studenti, filosofi e teologi! Egli fu realmente uno studioso critico e mendicante costante della verità, in profondo rispetto e comunione con il magistero della Chiesa (cf. AP 16). Invito tutti i professori e gli studenti della nostra Università ad avvicinarsi alla tradizione filosofica e teologica francescana che trova in Scoto “il rappresentante più qualificato”, come disse Paolo VI, e la cui dottrina, secondo le parole di Giovanni Paolo II, “edifica la Chiesa, sostenendola nella sua urgente missione di una nuova evangelizzazione dei popoli della terra”.

In questi tempi in cui celebriamo l’VIII Centenario della Fondazione del nostro Ordine e nei quali sentiamo “l’urgenza di tornare all’essenziale della nostra spiritualità per nutrire, mediante l’offerta liberatrice del Vangelo, il nostro mondo diviso, diseguale e affamato di senso” (Sdp 2), e urgente recuperare il patrimonio della scuola francescana della quale il Beato Giovanni Duns Scoto e il più alto rappresentante. Chiedo in questo un impegno comune tra le Facoltà di Teologia e di Filosofia.

Approfitto di questa opportunità per ringraziare la Commissione Scotista per il suo encomiabile lavoro nel restituire i testi di Scoto, grazie all’edizione critica delle sue opere. Ringrazio la PAMI per lo studio della mariologia del Dottor Mariano. Ringrazio l’Universita Antonianum perche sta preparando un Congresso Internazionale su Scoto, per commemorare il VII Centenario della morte del Dottor Sottile. Ringrazio vivamente la nostra Scuola Francescana di Studi Medievali e tutti gli studiosi della dottrina di Scoto per il lavoro fatto, e che continuano a fare, per “tradurlo” nel nostro oggi.

Il beato Giovanni Duns Scoto e riuscito ad armonizzare vita e pensiero, mistica e lavoro, contemplazione e azione, persona e comunità, essere e fare.

Scoto e giunto, con grande umiltà e audacia, a mettere la sottigliezza del suo pensiero al servizio della causa di Dio, dell’uomo e della vita. La sua stupenda visione della storia della salvezza, con il suo dinamismo di perfezione e di consumazione nel Cristo omega, può essere la base filosofico-teologica per pensare ed elaborare una mistica del cosmo, un’ecologia per tutto il pianeta ed una teologia del futuro.

Che questo Centenario, che stiamo per chiudere, sia per tutti un’opportunità per conoscere la genialità e audacia di Scoto.