Messa Pietro ,
Recensione: F. Joyce Mapelli, Lamministrazione francescana di Inghilterra e Francia,
in
Antonianum, 79/2 (2004) p. 403-405
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La ricerca di Francesca Joyce Mapelli è frutto del lavoro di specializzazione portato a termine nella Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani del Pontificio Ateneo Antonianum di Roma, ma iniziato già nel periodo universitario sotto la guida della prof.ssa Giulia Barone. Ed è la stessa Giulia Barone ad evidenziare, nella Presentazione da lei firmata (pp. VII-IX), come nell’ambito degli studi francescani il presente studio offra una risposta alla lamentata mancanza di ricerche sulle strutture e il personale di governo, che hanno permesso all’Ordine di diventare in breve tempo il più numeroso d’Europa. Un processo complesso che si definisce dal 1239, anno della deposizione di frate Elia e momento in cui l’elemento provinciale si afferma decisamente e a pieno titolo in una struttura sino ad allora prettamente italiana.
La Premessa (pp. XI-XIV) e la Guida alla lettura (pp. XV-XX) servono all’A. per introdurre il lavoro svolto e spiegare come comprendere il libro nella maniera più corretta e proficua. Insieme alla ricca Bibliografia (pp. XXI-XXIII), esse denotano tra l’altro la meticolosità del metodo di studio applicato.
Chiuse le considerazioni preliminari, il discorso prende le mosse da una lunga Introduzione (pp. 1-40), che è un excursus sulla progressiva strutturazione dell’Ordine minoritico. In essa, l’A. riconosce quattro diverse fasi: il periodo in cui Francesco era ancora in vita; gli anni compresi tra la sua morte e l’emanazione della Quo elongati (1230); il generalato di frate Elia fino alla sua deposizione e, infine, la fase di assestamento della nuova organizzazione fino alle Constitutiones Narbonenses del 1260.
Il lavoro ruota intorno a sei entità dell’Ordine: la provincia di Inghilterra (pp. 41-107) e le cinque province “francesi”, ovvero Francia (pp. 109-175), Turenna (pp. 177-184), Aquitania (pp. 185-219), Borgogna (pp. 221-236) e Provenza (pp. 237-281). Abbandonato l’approccio tradizionale, la storia di ciascuna è però presentata attraverso le figure del personale che ne curò la gestione. Così, passando in rassegna ministri provinciali, vicari, custodi e guardiani (oltre che capitoli e costituzioni provinciali, quando se ne ha notizia), si scoprono per ogni amministrazione caratteristiche proprie, peculiari e talvolta perfino inaspettate. L’Inghilterra, ad esempio, provincia colta sin dagli inizi, resta addirittura estranea all’importante questione degli Spirituali, ma gioca un ruolo da protagonista nella definizione del futuro assetto organizzativo dell’istituzione minoritica, al punto che sono ministri provinciali inglesi (Alberto Pisano e Aimone di Faversham) i due generali eletti dopo Elia. Per suo conto, la provincia francescana di Francia è immersa da subito nella vitalità dell’ambiente universitario e parigino; i suoi ministri sono frati dotti, o per lo meno istruiti, già a partire da frate Pacifico. Eppure, sottolinea l’A., scoppiato il contrasto tra Secolari e Mendicanti all’Università di Parigi, «non è un’impressione che la partecipazione diretta del personale di governo di Francia a tutta la querelle sembri però nulla» (p. 138). Tra i pochi dati esistenti per la Turenna, l’eccezione è poi tra le più eclatanti: pur provenendo da Parigi, pare che John di Kent, il primo provinciale di Turenna di cui si abbia notizia, fosse di origine inglese (nonostante la generale nazionalizzazione dell’Ordine) e docente di diritto (fatto che si ripeterà solo negli anni ’80 del Duecento, in Francia). L’Aquitania mostra scarse testimonianze di contrasti con il clero locale, che nelle altre province sono invece all’ordine del giorno, mentre sfoggia costituzioni provinciali che sin dal XIII secolo pongono gli studi tra le occupationes fratrum. Se poi anche la Borgogna non sembra restare coinvolta dal contrasto che non lontano oppone Spirituali e Comunità, questo, insieme alla questione di Pietro di Giovanni Olivi e all’azione contro l’inquisizione domenicana, è il motivo che caratterizza la provincia di Provenza per gran parte della sua evoluzione, qui, finalmente, con partecipazione diretta e decisiva del personale di governo.
Sono alcuni dei tratti generali evidenziati per le singole province. Ma l’indagine va ben oltre, svolta, per così dire, su un duplice piano. Si parte dal basso, dalle singole azioni legate al quotidiano, il rapporto con il clero, le istituzioni e la popolazione locali, le effettive mansioni e funzioni dei ministri, la gestione interna delle unità amministrative, dalla provincia nel suo complesso fino a custodie e alle comunità conventuali. Allo stesso livello, si studiano le caratteristiche del personale di governo nella persona dei singoli frati che lo incarnarono: origine e provenienza, formazione, status, tratti personali (quando se ne trova traccia) carriera interna all’Ordine o nella gerarchia ecclesiastica. Per questo, la storia che ne emerge è una storia svolta e raccontata nel concreto, più che una costruzione teorica di norme e tradizioni storiografiche. Allo stesso tempo, l’analisi dell’elemento concreto si lega criticamente alle tappe dell’evoluzione istituzionale dell’Ordine, che in quello si riflettono essendone allo stesso tempo determinate. Un’analisi trasversale portata avanti per tutta la durata del libro, attraverso le molte problematiche che garantirono all’Ordine uno sviluppo tanto complesso.
Se questo è l’approccio dell’A., con la seconda parte del libro (pp. 295-577) vengono forniti al lettore strumenti e indicazioni per verificare o costruire analisi ulteriori, parallele o diverse da quella presentata. Si tratta di una lunga serie di Schede che per l’impostazione schematica e la ricchezza di rimandi bibliografici sono un efficace riferimento documentario per chi voglia studiare l’amministrazione delle province analizzate. Ogni scheda, infatti, ripropone in maniera specifica e strutturata le informazioni reperite per ciascun frate della gerarchia provinciale (dai ministri fino ai guardiani), prima, durante e dopo l’incarico amministrativo, con riferimento alla sua esperienza nell’Ordine, ma anche all’esterno di esso. Inoltre, i due distinti Indice dei luoghi (pp. 581-590) e Indice dei nomi (pp. 591-606), insieme alle cartine poste all’inizio della descrizione di ogni provincia, rendono il volume di agevole consultazione.
Nel suo complesso, il lavoro della Mapelli ha il merito di aver proposto, attraverso lo studio di aspetti pratici ed istituzionali, un punto di vista “concreto” per la storia dell’Ordine, individuando un panorama talvolta difforme da certe conclusioni che sono date generalmente per scontate. I Minori del secolo XIII non furono un blocco monolitico, ma ebbero diverse anime, e non soltanto a livello amministrativo. Il fenomeno “spirituale”, la disputa con il clero secolare, la questione degli studi, il rapporto con il territorio: sono aspetti, insieme ad altri, la cui incidenza fu localizzata come lo fu a partire da quel 1239, l’intera struttura dell’Ordine. Per questo, dopo il lavoro della Mapelli, si dovrà finalmente evitare di parlare in astratto dei frati Minori del XIII secolo, senza evidenziarne le diverse sfumature e realtà. Per questo ancora, vanno condivise le considerazioni espresse dall’A. stessa nelle conclusioni al suo lavoro, dove afferma che la ricerca deve essere svolta «provincia per provincia, custodia per custodia, e andare a fondo in ogni questione anche locale, con il confronto davvero sistematico dei dati raccolti e della storia generale – o particolare – in cui si inquadrano» (p. 292).
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