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Recensione: G. Zarri - R. Chiacchella, Memoriale di Monteluce

 
 
 
Foto Messa Pietro , Recensione: G. Zarri - R. Chiacchella, Memoriale di Monteluce , in Antonianum, 79/3 (2004) p. 583-585 .

Dopo la pubblicazione nel 1983 del Memoriale di Monteluce. Cronaca del monastero delle Clarisse di Perugia dal 1448 al 1838 con introduzione di U. Nicolini, le sorelle clarisse del Monastero di Sant’Erminio in Perugia pubblicano in un secondo volume il prosieguo di quella cronaca, dal 1839 al 1927.

Dopo la Presentazione del Ministro Provinciale dei Frati Minori dell’Umbria, fr. Massimo Reschiglian (pp. V-VI), l’Introduzione è affidata a Gabriella Zarri (pp. IX-XVIII) e Rita Chiacchella (pp. XIX-XXX). Gabriella Zarri, ponendo attenzione alla caratteristica femminile di tale documento e alla cultura delle monache, trova nel Memoriale di Monteluce una ulteriore conferma che è il «“particolare” contrapposto all’“universale” la peculiarità della storia “al femminile”» (p. XVII). Rita Chiacchella, da parte sua, evidenzia l’intreccio presente nel testo tra quotidianità e fatti inerenti la più ampia realtà ecclesiale e società civile, come elezione di pontefici, nomina di vescovi, cambiamenti politici, terremoti, guerre e epidemie. Ci sono episodi che segnano un passaggio nella storia della comunità, come l’entrata dei Piemontesi a Perugia nel 1860, l’accoglienza delle Cistercensi di Santa Giuliana, la chiusura definitiva dell’educandato nel 1900, l’abbandono definitivo di Monteluce il 12 maggio 1910, con la conseguente fusione “forzata” con le Terziarie francescane di Sant’Agnese, il ritorno alla giurisdizione dell’Ordine serafico nel 1916, la radiovisione delle due comunità monastiche nel 1921, il definitivo trasferimento alla nuova sede di Sant’Erminio nel 1924.

Nella Premessa (pp. XXXI-XXXII) le clarisse curatrici dell’edizione segnalano i diversi cambiamenti di grafia dovuti a diverse croniste, delle quali solo le prime due sono identificabili.

Il testo del Memoriale di Monteluce (pp. 1-273) è trascritto ponendo soltanto alcune note di edizione. Alla lettura esso appare come un vero intreccio di fatti domestici, come la nascita dei pulcini (pp. 22-23), l’entrata della figlia di Angiolo Morettini la cui vestizione «riuscì decorosa per l’intervento di circa 60 professori di musica che in merito del celebre organista di lei padre, accompagnarono la detta funzione» (p. 29), i tumulti del 1859 (p. 48), il nuovo focolare «accomodato dai piemontesi assai periti in tale arte» (p. 95; allora non portarono solo distruzione!), la morte del re Vittorio Emmanuele (p. 104, nella speranza che il figlio Umberto sia migliore!), l’«uccisione a Monza del re Umberto» (p. 150), la prima volta che una religiosa corale esce «per recarsi all’ospedale civile affine di subire un’operazione allo stomaco» (p. 154), il dono fatto al monastero di «due lamine di zinco utilissime per la stiratura di corporali, tovaglie di altare e veli delle religiose» (p. 180), le «sollevazione popolare» del 1919 (p. 243).

I fatti da segnalare sono molteplici, tuttavia importanti sono anche le assenze, alcune delle quali giustificabili, altre meno; così che nel 1854 non è segnalata la definizione del dogma dell’Immacolata proclamato l’8 dicembre da Pio IX, tenuto conto anche del grande coinvolgimento del mondo francescano in quella dichiarazione dottrinale. Soltanto nel 1856 si celebrò un triduo per la ottenuta definizione dogmatica, ma anche in questo caso non di propria iniziativa, ma «avendo il nostro eminentissimo mandata circolare» (p. 45).

Il testo qui riprodotto può essere letto sotto diverse sfaccettature, evidenziando molteplici aspetti. Uno di questi, ad esempio, è quello della apertura esterna della comunità, e in particolare la dimensione ecclesiale e civile della spiritualità delle monache. Leggendo il testo si nota, in riferimento a ciò, che con l’avanzare degli anni sempre più esse diventano partecipi di ciò che accade all’esterno, facendolo oggetto anche delle loro preghiere. Se così nel 1860 fecero «le sacre veglie al santissimo Sacramento giacché la santa Chiesa aveva bisogno di preghiere» perché proposto dal padre confessore (p. 51), alla fine del XIX - inizio XX secolo sono loro stesse che si sentono partecipi degli avvenimenti esterni (ad esempio, il terremoto di Messina del 1908 e, soprattutto, la guerra del 1915-1918, con la successiva epidemia della “febbre spagnola”), facendoli oggetto della loro preghiera e descrivendoli nella cronaca. A questa apertura contribuirono certamente anche le visite di missionari, come «2 religiosi forestieri missionari francescani Minori Osservanti dimoranti in Australia» (p. 130) o «un monsignore arcivescovo parimenti forestiero e missionario» (p. 131), «un vescovo delle Indie Orientali» (p. 139). La comunità “protagonista” del Memoriale riflette in un suo modo peculiare gli avvenimenti esterni e i cambiamenti, tra i quali anche quelli devozionali: così per la prima volta nel 1913, l’8 maggio è segnalato come «festa della Vergine santissima di Pompei», mentre nel 1888 si fa riferimento alla «novena della Madonna di Lourdes» (p. 131).

Altro tema ricorrente, in un crescendo continuo, è quello del desiderio di «essere più conformi [...] all’istituto di S. Chiara» e ai frati Minori (pp. 67, 74, 155, 224-225, 242, 260, 262), anche se pur di non lasciare Monteluce nel 1884 avrebbero acconsentito di mettersi al servizio dei malati di colera eventualmente dislocati nel monastero (p. 120): l’importante è restare «vicino alla nostra amata chiesa» (p. 182)! Interessanti anche i primi accenni a giornali, come il Foglio Cattolico (p. 112), Il Paese (p. 168). Non mancano le raccomandazioni, alle autorità civili come vescovi e cardinali; una volta è lo stesso arcivescovo, «seccato e forzato» che deve cedere alle pressioni di un altro vescovo che vuole la nipote vestita nonostante le proibizioni del tempo (p. 129).

Spesso si ripete che il centenario della nascita di Francesco d’Assisi celebrato nel 1882 fu una grande occasione per la riscoperta del Santo, e leggendo ciò che il Memoriale scrive in merito (pp. 112-115) non si può che essere confermati in tale giudizio; l’eccezionalità di quei giorni fu ribadita anche da fatti straordinari: «il 13 dello scorso settembre tirò il fosso delle Carceri [...]. Come pure che il 1° di ottobre corrente furono sentite cantare anche delle cicale e il giorno 2 da un passeggiero fu veduto un globo di fuoco sopra la montagna del Subasio» (p. 115). Ma nel 1894 sconsolate devono segnalare che a causa di «un decreto pontificio che proibiva i centenari della nascita di qualunque santo o santa» (p. 142) non poterono festeggiare la ricorrenza centenaria della nascita di Chiara d’Assisi. Le vicende del modernismo perugino in un certo senso ebbero ripercussioni anche nel monastero: se nel 1889 era «Umberto Fraccassini vicerettore del Seminario» (p. 132) a predicare la quaresima, successivamente sarà il filippino Ettore Ricci, rappresentante dell’antimodernismo a Perugia, “controllore e informatore” dell’ortodossia dello stesso Fracassini, a essere presente in alcuni momenti salienti della comunità (pp. 158, 167, 189, 203, 206).

Molte altre sono le notizie presenti nel testo che ora è consegnato agli studiosi, che sono facilitati nella consultazione dalle ricche Tavole cronologiche (pp. 275-290) e dal dettagliato Indice analitico (pp. 291-366) comprendente un “prezioso” indice tematico-lessicale. L’indice dei nomi di persona certamente risulterebbe più completo se ci fossero anche i nomi dei santi e venerabili, come Gabriele dell’Addolorata (p. 152). Alcune illustrazioni del manoscritto del Memoriale e foto antiche, sia del monastero di Monteluce che del nuovo monastero di Sant’Erminio, arricchiscono il volume qui pubblicato.

L’opera che le clarisse della “Comunità di S. Maria di Monteluce in S. Erminio” consegnano al pubblico è certamente uno strumento prezioso e l’augurio è che sia seguito da altre edizioni di cronache, strumenti indispensabili per la comprensione di un periodo così importante, quanto convulso, come l’800 e l’inizio del ’900.