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Recensione: C.V. POSPÍŠIL, Soteriologie a teologie kříže Bonaventury z Bagnoregia [Soteriologia e teologia della croce di Bonaventura da Bagnoregio],

 
 
 
Foto Zak Lubomir , Recensione: C.V. POSPÍŠIL, Soteriologie a teologie kříže Bonaventury z Bagnoregia [Soteriologia e teologia della croce di Bonaventura da Bagnoregio], , in Antonianum, 78/1 (2003) p. 384-387 .

Il libro di Pospíšil, ordinario alla Facoltà teologica di Olomouc e invitato alla Facoltà teologica di Praga, rappresenta il frutto di una lunga ricerca nel campo degli studi bonaventuriani, ma anche di un’intensa partecipazione al carisma e alla spiritualità francescani. Una ricerca e una partecipazione grazie ai quali l’autore è riuscito a produrre un’opera di alto livello scientifico, in grado di offrire con grande abilità e acuta intelligenza una presentazione concisa e competente delle principali idee del Doctor Seraphicus e, allo stesso tempo, di introdurre il lettore nel cuore delle intuizioni spirituali e teologiche più importanti dei suoi scritti.

Il primo capitolo ricorda le tappe più significative della vita e dello sviluppo teologico del celebre francescano, evidenziando quelli che sono i due tratti peculiari del suo pensiero e della sua opera: da una parte, la presenza costante di una logica simbolico-estetica legata, in particolare, allo schema logico del cerchio (il paradigma geometrico); dall’altra, la centralità dell’Itinerarium mentis in Deum, quale espressione di una svolta sia spirituale che teologica, determinata dall’esperienza mistica vissuta sul monte La verna nel 1259. Secondo la convinzione dell’autore, tra i due tratti vi è un profondo legame che si verifica nella comparsa, a partire dall’Itinerarium, di un’originale ricomprensione – in chiave staurologico-trinitaria – della «logica del cerchio» che, successivamente, animò tutto il pensiero di Bonaventura. La dimostrazione di questa convinzione e delle sue conseguenze sia per la soteriologia che per la dottrina trinitaria, rappresenta uno dei contributi più innovativi dell’opera di Pospíšil.

Tale dimostrazione inizia subito con il secondo capitolo. Esaminando criticamente le teorie di alcuni autorevoli interpreti di Bonaventura, l’autore ribadisce che la struttura logica di fondo della soteriologia bonaventuriana è, appunto, quella del cerchio, cosa che permette di intravedere con maggior chiarezza il carattere prettamente dinamico e spirituale-sapienziale di quest’ultima. Tutto ciò è possibile soprattutto se viene considerata, come centrale, la funzione soteriologica dell’incarnazione e della morte di Cristo sulla croce. La contemplazione di tali eventi alla luce dell’esperienza della Verna, porta Bonaventura a elaborare una soteriologia sapienziale della croce, ossia «la soteriologia delle stigmate».

Il capitolo seguente cerca di dimostrare che l’intenzione del teologo francescano, dopo il 1259, fu appunto quella «di fare del mistero della croce di Cristo principio architettonico centrale di tutta la sua riflessione teologica» (p. 89) e, quindi, anche della sua soteriologia. Ponendosi in questa prospettiva, Pospíšil non condivide la teoria di R. Guardini circa l’influsso di Anselmo nel pensiero di Bonaventura, ricordando che la soteriologia della croce del Doctor Seraphicus ha dei tratti che spesso contraddicono quella del vescovo di Canterbury, in particolare per la sua comprensione squisitamente staurologico-soteriologica della purificazione, dell’illuminazione e del cammino verso la perfezione.

Il rapporto tra la gnoseologia bonaventuriana dell’illuminazione e la soteriologia della croce viene affrontato nel quarto capitolo, che costituisce la parte centrale del saggio. La croce viene presentata come unica forma di sapienza in grado di penetrare nelle profondità dell’insondabile mistero di Dio. Tale forma, compresa in prospettiva gnoseologico-soteriologica, viene definita, in Bonaventura, con un termine di straordinariamente significativo: la «croce intelligibile». Un termine che, tra l’altro, fa intuire il nesso tra la croce e il tipo di epistemologia teologica elaborata dal maestro francescano.

Il quinto capitolo introduce in pieno nell’intuizione dell’autore circa la centralità dell’Itinerarium mentis ad Deum per quanto concerne la fondazione staurologica della teologia e della spiritualità bonaventuriana. Alla luce di un’attenta analisi della breve ma straordinariamente ricca opera del Doctor Seraphicus e sottolineando il fondarsi di quest’ultima nell’intensa contemplazione spirituale dell’esperienza delle stigmate di san Francesco, emerge con chiarezza l’intenzione di Bonaventura di perfezionare la sua dottrina della reductio ripensandola radicalmente in chiave staurologica. Nel senso che alla reductio compresa come un «salire lineare» verso Dio aggiunge la reductio come «ritorno circolare» in Dio attuato, per mezzo di e in Gesù Cristo, nella direzione di discesa kenotica il cui «culmine» è l’abisso della croce. Tale perfezionamento rappresenta il passo definitivo di Bonaventura nell’elaborare «una soteriologia straordinariamente complessa e, al contempo, completa», come anche nell’indicare la via verso «una mistica kenotica della croce assolutamente originale» (p. 209).

A un importante approfondimento di tale prospettiva soteriologica viene dedicato il sesto e ultimo capitolo, in cui l’autore cerca di dimostrare il profondo legame, in Bonaventura, tra il concetto di duplice reductio e quello di Trinità immanente. Secondo Pospíšil, il percorso circolare-soteriologico imita sia quello dell’eterna generatio in Dio-Trinità sia quello dell’exitus di Dio-Trinità «fuori di Sé», un percorso che rispecchia e, anzi, rende vicino il grande e insondabile mistero di Dio trinitario: l’esistenza, nel suo grembo, della Croce. La conferma di una simile interpretazione della soteriologia bonaventuriana, finora poco esplorata, la trova l’autore nella stessa cristologia del Doctor Seraphicus e più precisamente nell’idea di Cristo come «libro» scritto prima di tutto in Dio e, successivamente, fuori di Lui. «Il contenuto del libro è la stessa persona del Figlio, si può dire, lo stesso “racconto” fatto una prima volta in Dio, un’altra nei tempi di storia della salvezza» (p. 222).

Molti sono i meriti del saggio di Pospíšil. Prima di tutto, si tratta di un prezioso contributo per la ricerca bonaventuriana, elaborato con ammirevole competenza e soprattutto capacità di esaminare e valutare criticamente le prospettive interpretative (sia quelle controverse che quelle generalmente accettate) degli studiosi di Bonaventura. Il grande merito di Pospíšil è di aver evidenziato la continuità nello sviluppo della prospettiva soteriologica del Doctor Seraphicus, e, prima ancora, la sua unità interna, giudicando insostenibile ogni tentativo di voler vedere la soteriologia del maestro francescano soltanto come un semplice collage di teorie soteriologiche da lui conosciute. Come tutta la teologia, anche la soteriologia di Bonaventura viene strutturata in un modo organico, avendo il suo centro vitale e propulsore nella contemplazione del mistero della Croce quale mistero, sì, della salvezza, ma ancora di più, della stessa esistenza divina di Dio e, di conseguenza, dell’esistenza dell’uomo e di tutto il creato. Riguardo a una tale centralità della croce, il saggio di Pospíšil offre una ben fondata e convincente dimostrazione che non lascia dubbi: attingendo abbondantemente al carisma di san Francesco, Bonaventura (in modo esplicito soprattutto nel dopo La Verna) è riuscito a concepire una vera e propria theologia crucis, nel senso che egli aveva introdotto e adoperato nella sua teologia una prospettiva e un’ermeneutica decisamente staurologiche.

Vi è, poi, un altro importante merito del saggio qui recensito. Esso riguarda il nesso, nel pensiero bonaventuriano, tra la croce e il mistero trinitario di Dio e, di conseguenza, tra la Trinità economica e la Trinità immanente. Pospíšil non è certo il primo studioso di Bonaventura a richiamare l’attenzione su questo tema. Egli stesso ricorda gli studi di H. Heinz, W. Hülsbusch, A. Gerken, J. Wayne Hellmann, S. Schmidt o L. Giacometti, ribadendo, allo stesso tempo, che si tratta di un tema che merita di essere affrontato con coraggio e serietà in quanto tocca le intuizioni teologiche più geniali del Doctor Seraphicus. La proposta di Pospíšil, come già accennato, è di studiare il nesso tra la croce e la Trinità partendo dallo «schema circolare», rinvenibile nella logica bonaventuriana, che, da un lato, permette di parlare di una comune dinamica o di un comune «ritmo» – quello, appunto kenotico-agapico – che caratterizza la vita di Dio in Dio, la Sua Rivelazione nella persona di Gesù Cristo e tutta l’economia della salvezza; dall’altro, permette di cogliere e evidenziare le necessarie differenze tra l’una e l’altra «sfera» della vita e dell’azione di Dio. Quanto a quest’ultimo aspetto, il teologo ceco, ad esempio, rileva che la logica bonaventuriana del cerchio, formulata in chiave staurologica, fa apparire una certa differenza «strutturale» tra la Trinità immanente e la Trinità economica, invitando, di conseguenza, a un ripensamento assai significativo della celebre Grundaxiom di K. Rahner. Una cosa è certa: un tale sguardo interpretativo al pensiero bonaventuriano fa emergere alcune interessanti convergenze tra la teologia del Doctor Seraphicus e quella, per esempio, di S.N. Bulgakov, ma mette anche in luce i punti di differenza tra la theologia crucis di Bonaventura e quella di M. Lutero o di J. Moltmann.

Il saggio di Pospíšil è scritto in modo scorrevole e con uno stile coinvolgente, a volte narrativo. Eppure non mancano le parti in cui l’autore dimostra di essere un teologo sistematico di notevole abilità speculativa, ad ogni modo sinceramente convinto dell’attualità delle intuizioni teologiche e spirituali del celebre maestro francescano da Bagnoregio. Ci auguriamo che quest’opera, scritta in lingua ceca, possa essere presto tradotta, per essere accessibile a un numero più ampio di studiosi di Bonaventura e di teologi appassionati dell’insegna-mento dei grandi maestri medievali.