Nobile Marco ,
Recensione: EMMANUELE NAZARENO TESTA, Gesù vero uomo, figlio di Maria,,
in
Antonianum, 78/4 (2003) p. 715
.
Padre Testa è uno studioso benemerito dello Studio Biblico Francescano di Gerusalemme. Egli è stato tra coloro che hanno amato, ricercato e vissuto per tale istituzione, dando ad essa lustro per vari decenni, insieme ad altre luminose figure di archeologi e biblisti come Bellarmino Bagatti, Virgilio Corbo, Stanislao Loffreda, per fortuna ancora vivente, e tanti altri.
Per poter comprendere il presente libro del P. Testa, bisogna innanzi tutto tenere a mente il criterio che lo ha guidato: la testimonianza della sua fede ferma, in maniera tale che il suo discorso si trasforma in una vera e propria confessione di fede, sostenuta sì dalla sua lunga esperienza di studio e da una grande congerie di dati esegetici, archeologici ed epigrafici, ma confidente soprattutto in quella libertà sapienziale dell’anziano scriba che non ha più bisogno di accreditazioni scientifiche: egli desidera parlare più a Dio che agli uomini. Immergersi immediatamente nella lettura del libro, senza tenere conto di questa premessa, rischierà di deludere le attuali generazioni di studiosi, ormai abituati a tutt’altra metodologia e a diversi statuti epistemologici.
P. Testa intende trattare della figura umana di Gesù, per difenderne la storicità, così come viene tramandata dai vangeli e dalle testimonianze epigrafico-archeologiche e letterarie della chiesa primitiva. Pertanto, dopo una lunga premessa introduttiva, affronta i singoli argomenti in modo dettagliato: vangeli dell’infanzia, le beatitudini, le parabole, i discorsi di missione, Gesù esorcista, il mistero della passione di Gesù e infine il discorso escatologico di Gesù. Come si può notare, P. Testa usa come canovaccio della sua trattazione lo stesso schema dei vangeli. Egli ne spiega ciascuna parte con una “overdose” di dati impressionante. Ma quello che commuove in modo particolare è, come si è detto sopra, il desiderio di professione di fede, che si fa strada ad ogni piè sospinto, talora con quella “verve” polemica che, per chi lo conosce, lo ha reso famoso.
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