Messa Pietro ,
Recensione: Verba Domini mei. Gli Opuscula di Francesco dAssisi a 25 anni dalla edizione di Kajetan Esser, ofm,
in
Antonianum, 78/4 (2003) p. 746-750
.
L’importanza di questo volume che raccoglie gli atti del relativo convegno celebratosi nel 2002 è evidenziata dal curatore, Alvaro Cacciotti, fin dalla Presentazione (pp. 7–9). L’iniziativa del Pontificio Ateneo Antonianum, suffragata dal contributo di tutte le famiglie francescane e dai centri di studio francescani, si impone come momento importante intorno alla riflessione sugli Scritti di s. Francesco. Nella stessa presentazione, tra l’altro, si ricordano il p. Kajetan Esser e il padre Giovanni Pozzi, deceduto il 20 luglio 2002, pochi giorni dopo aver inviato il suo prezioso contributo.
Dopo i saluti delle autorità (pp. 21–35), tra i quali segnaliamo quelli del cardinale Zenon Grocholewski, Prefetto della Pontificia Congregazione per l’Educazione Cattolica e di frà Giacomo Bini, Ministro Generale OFM e Gran Cancelliere del Pontificio Ateneo Antonianum, il volume riporta tutte le relazioni tenute nel convegno.
La relazione iniziale di Johannes B. Freyer: ‘Antwort der Liebe’. Kajetan Eßer, Wissenschaftler und Franziskaner: Biobibliographie und Opuscula (pp. 39–53), presenta l’iter degli studi francescani di Esser. Carlo Paolazzi, con l’intervento Nascita degli «Scritti» e costituzione del canone (pp. 55–87), accenna alla questione delle capacità culturali di Francesco e rimarca che alcuni degli stessi Scritti sono un primo abbozzo di canone in quanto rimandano ad altri suoi testi dei quali raccomanda la conservazione, riproduzione e diffusione mediante i frati stessi. Certamente il codice 338 della Biblioteca Comunale di Assisi è la prima raccolta di suoi “Scritti” e serviva per la lettura pubblica. Attilio Bartoli Langeli: Ancora sugli autografi di frate Francesco (pp. 89–95), ribadisce che la lettera di Spoleto fu scritta in due tempi e che alcune correzioni sono dello stesso Francesco. Riguardo invece alla chartula di Assisi anche lui accoglie, dopo incertezze degli studi precedenti, l’idea che sia stata rifilata con la conseguente perdita dell’ultima riga di scrittura. Marina Bicchieri: Analisi non distruttive della chartula di Assisi (pp. 97–115), ha fornito numerosi dati su questo reperto tra cui anche quelli inerenti l’arrangiamento follicolare per cui è «possibile formulare l’ipotesi che l’animale di origine della pergamena fosse una capra». Molto interessante anche l’ipotesi, in base alla presenza di fori sul lato lungo della pergamena, che la carta in origine fosse contenuta in un volume e che, essendo già scritta, subì una rasura per essere riutilizzata. Luigi Pellegrini: Gli Scritti e la reinterpretazione della proposta francescana nella storia dell’Ordine minoritico (pp. 117–148), ha focalizzato l’importanza del codice Assisano 338 dal quale traspare che frate Leone ebbe «una sua presa di posizione non contestativa, ma collaborativa nei confronti della dirigenza dell’Ordine» e che ci fu un rapporto tutt’altro che conflittuale tra la Porziuncola e il Sacro Convento negli anni quaranta del secolo XIII. Anche il codice di Volterra è preso in considerazione, soprattutto perchè autonomo rispetto a quello assisano. Giovanni Miccoli nel suo contributo Gli Scritti di Francesco come fonti per la storia delle origini minoritiche (pp. 149–171), evidenzia che molti sono gli elementi che connotano un’evoluzione storica trasmessi dagli opuscula, come quello inerente i rapporti con le donne, o meglio la volontà di «interrompere drasticamente quei legami che avevano unito alle origini i “fratres” e le “sorores minores”».
Leonhard Lehmann: Gli Opuscula e la riscoperta del carisma francescano: il contributo di Kajetan Esser (pp. 173–209), evidenzia che gli studi del suddetto frate erano in parte determinati pure dal pensiero circolante nel tempo; così «la costante attenzione di Esser all’utilizzo del Vangelo da parte di Francesco nei suoi scritti era sicuramente influenzata anche dal movimento biblico presente in Germania in quel tempo» (p. 179). Molti dei suoi studi sugli Scritti di Francesco sono frutto di occasioni di riflessione ecclesiale, come l’Anno mariano del 1954, il Congresso Eucaristico di Monaco di Baviera, ma soprattutto l’opera di rinnovamento avviata dal Concilio Vaticano II che richiedeva uno studio approfondito sulla Regola. Thaddée Matura: La Parole de Dieu dans les Écrits de François (pp. 211–219), si sofferma sulle capacità esegetiche di Francesco da lui definito «un laïc théologiquement inculte» che si accosta al mistero divino secondo la prospettiva trinitaria giovannea. Secondo lui, a differenza di quanto affermato da Miccoli nel suo intervento, «les écrits de François ne sont pas, en premier lieu, un matériel pour l’historie d’un homme (sa vie, sa psycologie, son œuvre), ils sont, avant tout, des écrits spirituels, objet de l’histoire des idées (théologie, spiritualité, littérature...)».
Felice Accocca: Insistenze ed oblii. Gli Opuscula negli scritti degli Spirituali (pp. 221–240), mette in luce che uno degli effetti dell’interesse degli Spirituali per gli Scritti di Francesco fu «un formidabile recupero della figura di frate Leone» (p. 224), tanto che Ubertino da Casale per conoscere la vera intentio del Santo di Assisi considera più importanti i famosi rotuli del compagno che gli Opuscula stessi. Cesare Vaiani: Linee di teologia spirituale francescana negli ultimi decenni (pp. 241–252), richiama l’importanza del rapporto tra storia e spiritualità, soprattutto in seguito al fatto che la pubblicazione delle traduzioni delle fonti riguardanti Francesco d’Assisi ebbe il limite di fomentare una lettura concordista delle fonti e di eliminare ogni attenzione al francescanesimo per poter risalire nella ricerca fino a trovare il “puro” Francesco. Un approccio storico e spirituale agli Scritti tuttavia richiede una conoscenza reciproca dei due campi, onde evitare “incursioni” dell’uno nell’altro senza però la necessaria competenza. Enrico Menestò rivisita L’edizione degli Opuscula di p. Kajetan Esser (pp. 253–277), evidenziando che mentre il termine opuscula risulta inadeguato, meno imperfetto è quello di scripta. Circa l’ordine di edizione suggerisce di seguire l’ordine cronologico così da mostrare l’evolversi della proposta cristiana di Francesco. Ugualmente importante è la distinzione tra autenticità e originalità, tra opuscula scripta e opuscula dictata, mentre fondamentale è la ricostruzione dello stemma codicum, cosa sostanzialmente trascurata da Esser nella sua edizione.
Giovanni Pozzi: San Francesco “di seconda mano” (pp. 279–327), esamina le citazioni presenti negli Scritti dell’Assisiate ricordando che il citare richiede due operazioni, ovvero la lettura o ascolto e la scrittura o parola. Scrittura e liturgia sono riconosciute come i luoghi da cui Francesco attinge. Desta una certa perplessità la sua convinzione, espressa come una certezza, che il testo della Admonitio I derivi da uno scritto attribuito a Bernardo di Clairvaux. David Flood: Regulam melius observare (pp. 329–361), affronta il problema dell’autore della Regola, visto, ad esempio, che Onorio III definisce la Regola del 1223 come identica a quella approvata da Innocenzo III. Egli riafferma la sua distanza da Miccoli ritenendo che non è il Testamento il testo base per conoscere Francesco, ma la Regola e precisamente quella sine bulla: «I propose we have to read the Testament in the light of the Early Rule and not the other way around» (p.348). Niklaus Kuster analizza Gli Scritti di Francesco a Chiara. Autenticità e importanza (pp.363–381) e afferma che Francesco non indirizza i suoi Scritti a Chiara bensì alla comunità e che essi, vista anche la somiglianza con ciò che scrive a tutti i fedeli, contengono un propositum che è per tutti. Antonio Ciceri: I codici degli Opuscula sancti Francisci emersi dopo l’edizione di Kajetan Esser (pp. 383–426), evidenzia che i nuovi codici ritrovati non aggiungono cose essenziali a quanto studiato da Esser, ma sono importanti per lo studio della diffusione di questi testi e quindi per cercare di comprendere «l’evoluzione della forma mentis francescana ad essa connessa» (p. 417).
André Vauchez: Les Écrits de saint François: une réponse à la contestation hérétique? (pp. 427–437), ha evidenziato che una delle finalità conseguite da Francesco nei suoi Scritti è stata quella di dare una risposta alla contestazione ereticale allora molto diffusa e influente, nonostante che in questi testi non ci sia mai un riferimento esplicito all’eresia. Francesco infatti non teme di affrontare problematiche molto dibattute nel suo tempo in seguito alle contestazioni ereticali, come la questione del diavolo, la bontà del creato, la mediazione di Cristo e della Chiesa.
Giovanni Grado Merlo: L’incidenza degli Scritti di frate Francesco sul rinnovamento della storiografia francescana contemporanea (pp. 439–457), richiama l’opera determinante di Paul Sabatier affinchè gli Scritti fossero considerati la fonte principale per lo studio della vicenda storica del Santo e nel frattempo rimarca che oggi il problema è nel campo testuale e filologico. Anche il motivo e la modalità con cui gli Scritti di Francesco sono stati trascurati dalle stesse “famiglie francescane”, così come la modalità con cui le fonti agiografiche possono essere utilizzate per una ri-costruzione storica della sua vicenda rimangono tematiche da approfondire.
Il volume riporta anche uno studio, non letto durante il convengo, che Fernando Uribe ha preparato in vista della tavola rotonda finale: L’edizione esseriana degli Opuscula. Bilancio e prospettive (pp.459–479) dove segnala le scelte di Esser di chiamare gli Scritti Opuscula e di disporli in ordine alfabetico e del lavoro che rimane da compiere sia a livello critico–filologico sia a livello culturale.
Al termine sono riportati gli interventi di tutti i diversi relatori alla tavola rotonda dal titolo Verso una nuova edizione critica degli Opuscula? (pp. 481–493). Luigi Pellegrini riguardo alla Regola afferma che quasi ad ogni capitolo usciva una nuova redazione della stessa per cui alcune differenze sono da imputarsi non tanto a errori dei copisti, ma a cambiamenti redazionali dovuti ad aggiunte o soppressioni della stessa. Leonard Lehmann sostiene la necessità di avere delle sigle comuni e unificate. Secondo Carlo Paolazzi uno scritto che merita davvero una nuova edizione critica è la Regula non bullata. Vauchez ritiene che è il latino biblico usato da Francesco che deve essere meglio conosciuto.
L’accessibilità al volume è accresciuta da un indice dei nomi (pp. 495–502), nonché da un iniziale indice delle principali abbreviazioni (pp. 19–20).
Al termine della lettura delle singole relazioni si deve constatare che uno degli aspetti che ritorna continuamente è quello delle capacità culturali di Francesco, riguardo alle quali scrivono ad esempio Paolazzi (pp. 55–58), Attilio Bartoli Langeli (p. 90–91), Thaddéa Matura (pp. 211–219), Cesare Vaiani (pp. 244–246), Enrico Menestò (p. 272), Giovanni Pozzi (p. 324), David Flood (p. 355), Antonio Ciceri (p. 426), Giovanni Grado Merlo (p. 454–457), Ferdinando Uribe (p.477–478). Riguardo a questo aspetto quasi tutti hanno messo in evidenza non soltanto l’ormai assodata importanza dell’aspetto biblico, ma anche quello più trascurato della dimensione liturgica e, conseguentemente, patristica della cultura di Francesco.
Altro aspetto rimarchevole (es. p. 61n), argomento anche della tavola rotonda finale, è quello della necessità di una rigorosa edizione critica di ciascun testo, condizione indispensabile per qualsiasi ermeneutica. Lo studio della tradizione manoscritta degli opuscula, con le differenze dei diversi codici, certamente permette di comprendere la mentalità con cui questi Scritti sono stati trasmessi, letti e interpretati; in questo caso anche le più piccole varianti risultano significative per comprendere una determinata storia e teologia che li hanno considerati importanti.
Dallo studio degli Scritti risalta anche, come hanno evidenziato ad esempio Miccoli, Vaiani e Menestò, l’importanza di una lettura diacronica dell’esperienza di Francesco d’Assisi, cercando di «fissare con precisione le diverse tappe e i diversi momenti» di tale vicenda (cfr. pp. 164–165; 249–251; 260), la quale non fu certamente lineare, ma sotto certi aspetti anche contraddittoria (cfr. p. 171; 251). Ci sarebbe ora da ricostruire, come invita a fare Cesare Vaiani, una vera e propria «“biografia spirituale” di Francesco» e questi atti del convegno Verba Domini mei, frutto soprattutto della capacità organizzativa e del lavoro assiduo di Alvaro Cacciotti, ne sono uno strumento non indifferente.
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