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Libri nostri: Umberto Betti, La costituzione dommatica “Pastor aeternus” del Concilio Vaticano I ,
in
Antonianum, 76/1 (2001) p. 197-198
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Il libro del P. Umberto Betti costituisce un classico per l’esatta comprensione del Vaticano I, grazie ad una meticolosa analisi degli Atti, cui fa seguito la presentazione della dottrina, sintetica ma fondata e chiara. Come è stato affermato anche di recente, essa resta ancora l’”analisi più dettagliata della costituzione”[1].
Si comprende, pertanto, il generale consenso con il quale il libro è stato ricevuto. Non esiste uno storico o un teologo del Vaticano I che non lo abbia ampiamente citato. Una rassegna completa evidentemente non è possibile. Basta richiamarsi ai riferimenti che si trovano negli Atti del Vaticano II. Il contesto è quello della collegialità, fonte di esplicite apprensioni e oggetto di vivaci discussioni[2]. Il numero 22 della futura Costituzione dommatica Lumen gentium afferma la piena e suprema potestà nella Chiesa anche del Collegio dei Vescovi. Un’affermazione del genere, più per diffidenza di principio che altro, era ritenuta inconciliabile con la verità di fede del primato papale, e si traduceva in aperta sconfessione dell’operato della speciale Sottocommissione che aveva redatto il testo. Il volume continua ad essere attuale nell’odierno dibattito sulla natura ed esercizio del primato, specie in riferimento al rapporto primato/collegialità e in campo ecumenico.
Anche all’interno della Chiesa Cattolica, non mancano, qua e là, proposte che suonano come “un imperativo dei nostri tempi”, di una “corretta interpretazione del Vaticano I”[3], di una sua rilettura – anzi, una ri-recezione –, dalla quale dovrebbe emergere una nuova visione del primato: da quello che si è sviluppato nella storia, ad un primato inteso come ministero di comunione nel contesto della collegialità e della conciliarità. La stessa rilettura operata dal Vaticano II con l’affermazione della collegialità, non è sufficiente e non ha comunque trovato piena applicazione, a causa del persistente centralismo romano. Di qui la presunta contrapposizione tra primato e collegialità, anzi tra Vaticano I e Vaticano II.
La critica al Vaticano I, assai viva anche in ambito cattolico, è molto più sviluppata in ambito ecumenico. Va sempre più facendosi strada un certo riconos-cimento della necessità di una autorità superiore nel governo della Chiesa, e si nota un certo accordo nell’attribuire tale autorità al suo tradizionale detentore, il Vescovo di Roma. Tale riconoscimento è però collegato a precise condizioni e proposte concrete di rinnovamento. Si riscontra perciò il ritornello costante che il primato rappresenta a tutt’oggi una pietra d’inciampo appunto perché presentato nelle formulazioni del Vaticano I, le cui definizioni sono dei “theologoumena”, valide al più per la sola Chiesa cattolica, la sola rappresentata al Concilio.
Dal quadro appena descritto appare dunque evidente un fraintendimento dell’invito rivolto da Giovanni Paolo II ai responsabili ecclesiali e ai loro teologi ad instaurare con lui “un dialogo fraterno, paziente” per “trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all'essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova”[4]. Mentre il Papa parla di forma di esercizio, si ha chiara l’impressione che, sia in certa letteratura cattolica come nei testi del dialogo ecumenico, si ponga in discussione l’esistenza e la natura stessa del primato.
Allo scopo di “evitare le ricadute sempre nuovamente possibili nelle parzialità e nelle unilateralità del passato”, la Congregazione per la Dottrina della Fede recentemente ha richiamato i punti essenziali della dottrina cattolica sul primato del Successore di Pietro, nella certezza che “la riaffermazione autorevole di tali acquisizioni dottrinali offre maggior chiarezza sulla via da proseguire”[5].
Tali acquisizioni dottrinali sono chiaramente esposte nel libro del P. Betti, che dunque dovrà necessariamente esser tenuto presente nella ricerca, oggi imprescindibile, di nuove forme di esercizio del primato, senza rinunciare a ciò che è e permane essenziale. Esso costituisce ancora un prezioso strumento non per una ri-lettura, ma per una lettura obiettiva e spassionata del Vaticano I, che renda possibile una adeguata comprensione e accettazione delle sue definizioni. Questo lo scopo della presente ristampa.
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