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Libri nostri: PRIAMO ETZI OFM, Attivitā di governo e prassi della consultazione negli Istituti di Vita Consacrata. Una lettura dei canoni 627 e 127 del Codice di Diritto Canonico,
in
Antonianum, 76/2 (2001) p. 382-383
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La prassi della consultazione, come espressione di partecipazione e corresponsabilità, è oggi un fenomeno evidente nella vita di tutta la Chiesa e si estende a ogni livello di governo. Basti pensare, per esempio, al Consiglio presbiterale o a quello pastorale posti accanto al Vescovo diocesano. Questi ed altri organismi, previsti del resto dal diritto universale, sono spesso di antica origine e di solito si configurano giuridicamente come realtà istituzionalmente chiamate alla cooperazione fattiva nell’attività di governo, specialmente attraverso la dinamica realizzazione della propria funzione consultiva. Le cose si presentano un po’ diversamente nella vita consacrata, dove il Consiglio del Superiore ha un’incidenza maggiore in quanto, talvolta, la libertà d’azione del Superiore può dipendere dal consenso dei suoi Consiglieri. Orbene, proprio la figura giuridica del Consiglio del Superiore, nota fin dai primordi della vita consacrata comunitaria e poi sancita dalle leggi ecclesiastiche, è oggetto del libro che presentiamo.
Nell’ambito della normativa universale dedicata alla vita consacrata, la Chiesa si è sempre dimostrata molto attenta ai problemi di governo degli stessi Istituti e a tutte le mansioni legate a questo non semplice “ministero”.
Specialmente a seguito dell’accommodata renovatio delle strutture organizzative della vita consacrata, auspicata e iniziata dal Concilio Vaticano II e realizzata costantemente nel periodo post-conciliare fino al Codice di Diritto Canonico di Giovanni Paolo II, si è fatto sempre più reale il principio della partecipazione al governo degli Istituti attraverso le forme nate alla base, sancite dalla tradizione, diventate norme legislative nel diritto universale o particolare. Infatti tutti i membri di un Istituto, sotto la guida e l’autorità dei Superiori, hanno l’obbligo di prendere parte attivamente alla vita di esso, alla sua crescita interna e alle sue opere di apostolato, ragion per cui i Capitoli e i Consigli, espressioni privilegiate della partecipazione, sono elementi fondamentali dell’organizzazione societaria ma anche comunionale di una Famiglia religiosa.
Pertanto, in questo studio, l’A. si occupa del Consiglio del Superiore nel mosaico dell’attività di governo e di corresponsabilità nell’animazione di un Istituto di vita consacrata.
La divisione del lavoro risulta di due parti fondamentali, suddivise in tre capitoli, che riflettono anche il tipo di indagine svolta: storica e giuridico-dottrinale.
Nel primo capitolo (che coincide con la prima parte), a partire dalla presentazione delle antiche Regole che contemplano l’esistenza dei Consigli e passando per il Codice Pio-benedettino, vengono in seguito esaminati i vari documenti conciliari, post-conciliari e precedenti la promulgazione del vigente Codice, soprattutto in riferimento alle opinioni dottrinali, più o meno nuove, che si sono venute creando circa la natura e le finalità dell’organismo in questione. Di particolare interesse, al fine di un’esatta comprensione dell’attuale legislazione canonica, si rivela lo studio degli atti della Commissione di revisione del Codice.
Nella seconda parte del lavoro (capitoli secondo e terzo), l’esame della normativa codiciale è stata fatta cercando di entrare in dialogo con le principali posizioni emerse dalla dottrina canonica. L’importanza del Consiglio viene alla luce anzitutto dall’analisi della sua natura giuridica di organo di partecipazione e corresponsabilità. Il cerchio si chiude (terzo capitolo), radunando e vincolando i cann. 627 e 127, intorno alla questione disputata del rapporto Superiore-Consiglio, ovvero sulle domande: “An Superior sit membrum Consilii” e, conseguentemente, “An Superior possit dare suffragium in Consilio”. Com’è noto l’argomento, tutt’altro che marginale, è stato oggetto di un’interpretazione autentica da parte del competente dicastero della Curia Romana (5 luglio 1985). Di qui la vasta discussione tra gli Studiosi, tra i quali, in riferimento a questo tema si costata l’esistenza di varie sensibilità che conducono anche a diverse conclusioni pratiche. Tale realtà, ha indotto l’A. a lasciare nel suo lavoro ampio spazio al pensiero e agli scritti dei Canonisti ritenuti scientificamente più autorevoli in riferimento all’argomento, senza diffondersi troppo in personali chiose: le conclusioni sono il più delle volte suggerite anziché “imposte”. E’ questa la scelta di fondo che connota positivamente l’opera che, nonostante l’agilità del volume, è una ricerca vasta, concreta e chiara, condotta con rigore e metodo scientifico ma dal taglio volutamente “divulgativo” in quanto oltre che testo di studio, nelle intenzioni dell’A., dovrebbe anche “risultare in qualche modo utile a quanti, al di fuori delle discussioni accademiche, sono chiamati a svolgere nella «quotidianità» dei differenti Istituti di vita consacrata, il delicato e insostituibile servizio di Superiori e di Consiglieri” (dall’Introduzione).
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