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Inaugurazione dell'Anno Accademico 1997-98. I - Saluto del Gran Cancelliere

 
 
 
Foto Bini Giacomo , Inaugurazione dell'Anno Accademico 1997-98. I - Saluto del Gran Cancelliere, in Antonianum, 73/4 (1998) p. 773-775 .

In occasione dell'inaugurazione di questo anno accademico, vorrei condividere con voi alcune riflessioni sul valore dello studio e sulla sua importanza per il nostro Ordine in questo momento storico che stiamo vivendo.

È inutile, in questa sede, ricordare la centralità di questo tema nella vita e nella coscienza dell'Ordine fin dalle sue origini. Una centralità spesso sottolineata anche attraverso polemiche aspre, che tendevano a contrapporre la vita secondo il Vangelo, rivelata dal Signore a Francesco, e la via della dottrina, della sapienza acquisita attraverso lo studio serio e l'utilizzo degli strumenti necessari. Vorrei solo ricordare alcuni interventi autorevoli di questi ultimi anni sul nostro tema.

Già nel Capitolo generale straordinario di Medellin, nel 1971, si sentiva la necessità di una "solida preparazione culturale per tutti ", che non sia inferiore a quella dei loro coetanei esterni all'Ordine. Proprio l'attenzione ai rapidi mutamenti sociali e culturali motiva il rinnovato appello del Capitolo straordinario del 1976: lo studio è visto come un mezzo necessario per non trovarsi impreparati alla formidabile evoluzione dei tempi.

Fu il Ministro generale John Vaughn, nel 1981, a far risaltare un dato che emerge dalla storia: nel nostro Ordine, sin dall'inizio, lo studio è stato visto in funzione del mandato di evangelizzare ricevuto dalla Chiesa. Il mandato de poenitentia praedicanda esige una preparazione teologica e scritturistica non superficiale.

Lo stesso Ministro generale, nel 1987, esorta alla formazione di frati che sappiano leggere, accogliere e vivere con serenità e intelligenza i valori cristiani della cultura contemporanea.

Il Capitolo generale del 1991, a partire dalla lettera del Santo Padre allo stesso Capitolo, inserì nel documento finale «L'Ordine e l'evangelizzazione oggi» la constatazione della necessità di promuovere nel nostro Ordine la formazione intellettuale, vista come esigenza fondamentale per l'evangelizzazione.

Da ultimo, vorrei citare una riflessione del mio predecessore, Fra Hermann Schalück: «La presunzione, la superficialità, l'indifferenza per le scienze umane e sacre, sono da considerarsi un'offesa al dono della vita, all'uomo e alla Verità. Con tali atteggiamenti non esiste né un servizio di qualità, né una qualità sicura di testimonianza e di vita. Penso che presentarsi a servire una causa tanto nobile, come è il Vangelo e l'uomo, senza la debita preparazione o senza capacità di dialogo o di lettura dei segni dei tempi, è un abuso e una mancanza di rispetto. Per questo credo che l'impegnarsi nello studio è un dovere fondamentale per tutti i frati, secondo i doni propri di ciascuno».

Ci chiediamo: qual è il motivo per questa insistenza unanime? Su quali basi possiamo giustificare la necessità dell'impegno serio e approfondito negli studi? E in quale modo inserire armonicamente il momento dello studio nella formazione integrale del frate minore oggi?

Gli studi fatti con serietà e profondità sono elemento costitutivo della sequela, espressione di obbedienza, di radicalità, di fedeltà. Potremmo dire che costituiscono una condizione per una vocazione religiosa profetica: ci aiutano a trovare il nostro posto, con serietà e convinzione, come pellegrini verso il Regno.

Lo studio, e in particolare lo studio della teologia, deve farci crescere verso una fede adulta, passando attraverso una "crisi" generata dall'incontro e dall'accoglienza di un Dio "diverso" da quello progettato da noi stessi, e da noi immaginato sin dall'infanzia. In questo senso lo studio ci fa gustare la gioia dell'adulto che scopre il suo posto nel mondo e la sua missione nella vita. Una fede adulta che cerca di interpretare gli eventi della storia per assumerli e integrarli nella propria vita, e quindi gioia legata alla "memoria - presenza" di un Dio che si scopre sempre più vicino; la capacità di «discernere una Presenza là dove altri vedono la casualità, il non senso, il banale» (M. Buber).

Fratelli carissimi, il desiderio del Ministro e del Definitorio generale è che questo Centro sia strumento che aiuti tutti i Professori e gli Studenti nell'accoglienza e nell'incontro con Dio e, allo stesso tempo, offra la possibilità concreta di incontrare i Fratelli, uno strumento il più possibile aperto, internazionale. Da anni lavoriamo per superare il provincialismo, il nazionalismo, le tentazioni di razzismo: abbiamo bisogno di frati "internazionali". Questo deve essere un compito del nostro Ateneo: aprire all'accoglienza dell'altro, della sua diversità culturale e linguistica; aiutare (anche con lo studio delle lingue) ad accogliere la sfida dell'unità che si nutre della ricchezza della diversità.

Ma, allo stesso tempo, il nostro Ateneo vuole essere anche un centro di ricerca qualificata, ricerca che deve caratterizzare l'atteggiamento dei professori e degli studenti. Spesso ci lamentiamo perché i nostri Centri mancano di professori: ma quanti vi lavorano fino a che punto sanno suscitare il desiderio della ricerca? Fino a che punto sanno creare un ambiente sereno e fraterno, serio nell'impegno, così da attirare altri ad impegnarsi? Solo a queste condizioni possiamo far amare lo studio, a renderlo oggetto di desiderio ed esperienza di gioia. È necessario che tutti prendiamo coscienza della necessità di rinnovare il corpo docente e di favorire alcune istituzioni, come la Scuola superiore di Studi medievali, che dovrebbero qualificare il nostro Ateneo. Penso ugualmente all'opera così benemerita e importante per il nostro Ateneo svolta con grande perizia e pazienza dalla Commissione Scotista; e ancora vorrei ricordare l’attività della Pontificia Accademia Mariana Internazionale, così legata al nostro Ateneo, dopo la convenzione di collaborazione firmata quest’anno.

 

Se si tengono presenti queste caratteristiche, allora lo studio diventa davvero una condizione necessaria perché anche il nostro annunciare il Vangelo sia fatto "responsabilmente", con la capacità, cioè, di rispondere, di «rendere ragione della speranza» che il Signore ha acceso nei nostri cuori. Lo sforzo intelligente di comprendere le ragioni della fede condurrà necessariamente alla preoccupazione della sua corretta comunicazione. Non esiste, oggi, problema più urgente di questa necessità di "dire" efficacemente la Parola del Vangelo alle persone e al mondo che ci vivono accanto, senza cadere in formule stereotipate, ormai incomprensibili, e senza dover inventare un messaggio che anche noi abbiamo già ricevuto. L'impegno costante di intelligenza della fede aiuterà ciascuno di noi, l'Ordine e la Chiesa a "dare carne" alla Parola di Dio nel cuore inquieto dell'uomo di oggi. E questo significa formare alla missione, alla evangelizzazione.

A tutti voi auguro un anno accademico ricco di impegno, di lavoro e di risultati. Vi invito a impegnare tutte le vostre energie nel compito per cui vi trovate in questo Ateneo: il mondo di oggi non ha bisogno di dilettanti, ma di persone che con serietà e con costanza sappiano mettere se stesse al servizio della Verità. E allora potremo anche sperimentare la gioia della gratuità, la letizia che proviene dal donarsi totalmente alla Verità di Dio, dalla quale la nostra vita è custodita e portata a compimento.