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Recensione: PETER CRAGIE t, PAGE H. KELLEY, JOEL F. DRINKARD, Jr., Jeremiah 1-25; GERALD L. KEOWN, PAMELA J. SCALISE, THOMAS G. SMOTHERS, Jeremiah 26-52

 
 
 
Foto Nobile Marco , Recensione: PETER CRAGIE t, PAGE H. KELLEY, JOEL F. DRINKARD, Jr., Jeremiah 1-25; GERALD L. KEOWN, PAMELA J. SCALISE, THOMAS G. SMOTHERS, Jeremiah 26-52 , in Antonianum, 72/3 (1997) p. 497-498 .

Questo ampio commentario in due volumi al libro del profeta Geremia conta un nutrito numero di curatori e un discreto lasso di tempo per la sua pubblicazione completa. Non si può dire, nonostante ciò, che l'opera nel suo insieme ne soffra. Tutt'altro. È stata sapientemente mantenuta una coerenza metodologica, fedele ai criteri del primo responsabile del commentario, prematuramente scomparso: Peter C. Cragie (1938-1988). Questo studioso era riuscito a preparare l'introduzione, la bibliografia generale e il commento solo fino a Ger 8,4. Si è reso così necessario l'intervento di altri studiosi, i quali hanno lievemente aggiornato la bibliografia, specialmente nel secondo volume (G. Morris, G. Keown) e ampliato l'introduzione (Th. Smothers). Page Kelley ha assunto il commento da 8,4 al e. 16; Joel Drinkard dal e. 17 al 25; nel secondo volume, Pamela Scalise ha curato il commento dei ce. 26-34; il Keown i ce. 35-45 e, infine, lo Smothers i ce. 46-51.

La metodologia seguita dai curatori, il compianto Cragie in testa, rispetta i cri­teri della collana: fedeltà al metodo storico-critico classico, rapidità, rigorosità e chiarezza del commento, agganci teologici (invero scarni nel presente commenta­rio). Da segnalare la presenza di sette «excursus»: uno nel primo voi. sulle «confes­sioni» di Geremia e sei nel secondo, rispettivamente sulle formule introduttive, su Silo, sulla cifra geremiana dei «settant'anni», sull'identità dei Recabiti, sulla «regina del cielo» (tema affrontato specificamente anche nel commento a 7,16-20) e sulla «coppa dell'ira».

Il libro di Geremia è un testo estremamente difficile e complesso, che chiama in campo da sempre la passione e le energie degli studiosi. Il testo si presenta, per usare l'espressione del Cragie, come «an anthology of anthologies» (il McKane, nel suo commentario del 1986, ha parlato di «rolling corpus», per spiegare il processo di formazione del libro). Da molto tempo ormai, si è comunque d'accordo nel di­stinguere sostanzialmente tre fonti, che il Mowinckel designò come A, B e C: 1) il materiale poetico autenticamente geremiano; 2) prose narrative, di natura storica e biografica, da attribuire con ogni probabilità al segretario di Geremia, Baruc, e 3) brani vari in prosa, che la maggioranza degli studiosi definisce materiale deutero-nomistico. Il Cragie prende atto dello stato della questione e ne vede anche i fon­damenti giustificativi, tuttavia, egli mantiene una posizione conservatrice, più vicina a quella di J. Bright e di H. Weippert, più propensi a dichiarare quanto più esten­sivamente possibile il carattere geremiano anche dei testi in prosa. Pur ammettendo questo, però, il Cragie sa che anche la sua posizione si fonda su di un'ipotesi, che certamente non può vantare una certezza sulle altre: si tratta di una candida am­missione della propria pregiudiziale propensione metodologica. Una propensione illuminatamente conservatrice che sì riflette anche nel modo di trattare e di risol­vere la questione del rapporto tra le due recensioni del testo geremiano, quella del TM e quella della LXX, molto diversa e più breve della prima. Nonostante la spi­nosa difficoltà del problema, il C. afferma che egli accetta come prioritario il TM, dato che la «Vorlage» ebraica della LXX, esistendo solo in alcuni frammenti qum-ranici, è una pura ipotesi indeterminata. In realtà, questa posizione ci sembra trop­po dogmatica e poco critica; ma, quel che colpisce è che la posizione sembra fatta propria anche dagli altri curatori. Essi, soprattutto nel secondo volume, rilevano le differenze tra le due recensioni, ma in modo rapido e senza una presa di posizione critica. Il testo di Geremia, invece, è uno di quelli che maggiormente pongono la gravità del problema delle versioni greche dell'AT.

Per quanto riguarda il commentario vero e proprio, si è già detto che è di ot­timo livello e sa coniugare la semplicità e la copiosità rigorosa di dati storico-ar­cheologici e letterari. Dati gli scopi della collana, anche quando si affrontano argo­menti specialistici, come la storia della città di Silo (voi. Il, pp. 16-19) si offrono le linee essenziali della questione, senza appesantire il discorso con una congerie di ri­ferimenti ad altri problemi inevitabilmente connessi e di dati bibliografici, com'è purtroppo vezzo in un certo tipo di studi non specialistici, pur notevoli.

Il commentario è corredato da una serie utile d'indici che coronano un'opera agile e moderna da raccomandare.