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Recensione: CONGRESSO NAZIONALE DI DIRITTO CANÓNICO xxvui (9-12 sett. 1996, Cagliari),ylí-ti del Congresso: La giustizia nella Chiesa: fondamento divino e cultura processualistica moderna (Studi giuridici, n. 45), a cura dell'Associazione Canonistica Ital

 
 
 
Foto Schoch Nikolaus , Recensione: CONGRESSO NAZIONALE DI DIRITTO CANÓNICO xxvui (9-12 sett. 1996, Cagliari),ylí-ti del Congresso: La giustizia nella Chiesa: fondamento divino e cultura processualistica moderna (Studi giuridici, n. 45), a cura dell'Associazione Canonistica Ital, in Antonianum, 72/4 (1997) p. 711-714 .

II presente volume contiene tutte le relazioni e i contributi presentad al XXVIo Congresso Nazionale di diritto canónico dell'Associazione canonistica Ita­liana, tenutosi a Cagliari dal 9 al 12 settembre 1996.

Tarcisio Bertone, nella sua relazione «La Chiesa e l'impegno per la giustizia -legalitá, giustizia, moralitá» (7-23), tratta dell'impegno della Chiesa, fondato nella divina rivelazione, di promuovere la giustizia, che consiste soprattutto nella prote-zione dei deboli. Secondo l'Enciclica «Sollicitudo reí socialis», di Giovanni Paolo II, i due elementi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa sonó la tutela della dignitá della persona e la promozione della pace (8-9). La carita penetra tutto l'am-bito dell'esercizio delle funzioni dell'autoritá ecclesiastica perché non é un princi­pio extragiuridico ma il principio fondamentale, giuridicamente rilevante in quanto anima dell'ordinamento giuridico della Chiesa, a cui si chiede di manifestare visibil-mente la giustizia di un Dio d'amo re (14). Dinanzi al cambiamento dei sistemi di si-gnificato, dei valori, e degli imperativi etici, si evidenziano le condizioni per uno svi-luppo di autentici principi di legalitá che coincidano con un'autentica moralitá; e questo perché la societá non sará giusta se non sará virtuosa fino in fondo (20).

Paolo Moneta - «La funzione giudiziaria nella dinámica della potestá di go-verno della Chiesa» (25-46) - ribadisce che la necessitá dell'unitarietá fondamenta­le della potestas regendi si esprime non solo nella concentrazione soggettiva in un unico titolare (Papa, vescovi) perché la convergenza verso la salute eterna è ele­mento comune alla potestà legislativa, esecutiva e giudiziale (26). L'unità si espri­me, ad esempio, nella natura strettamente vicaria della potestà del vicario giudiziale a livello diocesano. La costituzione apostolica «Pastor bonus» ribadisce il carattere vicario di tutti i dicasteri. Dalla natura pastorale dell'esercizio della potestà nella Chiesa scaturisce la necessaria accentuazione della posizione del giudice e il ridi­mensionamento del ruolo delle parti, subordinate al giudice (40). Viene criticata la tradizionale diffidenza nei confronti degli avvocati, che scoraggia ogni tentativo ad istituire un organo di autotutela, interno all'avvocatura, come avviene negli ordina­menti giuridici contemporanei e tende a privilegiare una figura di avvocato pubbli­co inserito nell'apparato istituzionale di amministrazione della giustizia (41).

Joaqufn Llobell - «Pubblico e privato: elementi di comunione nel processo ca­nonico» (47-84) - presenta il problema della pubblicizzazione dell'ordinamento ec­clesiale, avvenuta nell'ottocento, messa in luce soprattutto dalla codificazione del 1917, in cui si possono notare molte contrapposizioni: persona - istituzione; privato - pubblico; singolo fedele - autorità gerarchica (55). Papa Giovanni Paolo II ha su­perato l'antinomia (56) chiamando l'uomo la prima fondamentale via della Chiesa e ribadendo la sua vocazione comunitaria (56). Nell'esercizio della potestà di gover­no la pubblicità appare armonicamente compenetrata dalla dimensione privata, se­condo l'esempio del buon pastore che cerca ogni singola pecora. Il fine ultimo della singola persona umana viene posto come primo principio della giustizia legale pub­blica (66). Per un rapporto equilibrato fra pubblico e privato non basta dare pre­valenza ad un ambito rispetto all'altro ma bisogna rendere conformi entrambi se­condo il piano di Dio (84).

Piero Antonio Bonnet ricorda nella sua relazione, «Attuazione e funziona­mento dell'attività giudiziaria nella Chiesa» (85-114), che tutta l'attività processuale è finalizzata alla ricerca della verità oggettiva (87). Il giudice ha un potere, sacra­mentalmente ed ecclesialmente conferito, che lo rende partecipe dell'unico sacer­dozio di Cristo. La sua sentenza aiuta ad individuare la volontà divina nel caso sin­golo (91). Il formalismo incarnato nella legalità positiva deve essere abbandonato perché non esprime un bene da salvaguardare, in quanto non garantisce la certezza e quindi la verità (95). Il giudice è il garante della giustizia con ampio potere inqui­sitorio e discrezionale: una volta introdotta la causa può sempre procedere d'ufficio e supplire la negligenza delle parti, per evitare una sentenza lesiva alla verità (110).

Emilio Colagiovanni confronta nella sua relazione, «Aspetti dinamici della cultura processualistica moderna» (115-134), i sistemi del Civil law e del Common law, tenendo ampiamente conto dello sviluppo della procedura civile secondo i ri­spettivi codici promulgati nell'Europa continentale a partire del 1895 (120-122). Se­guendo brevemente la storia del diritto processuale viene analizzata l'antitesi tra scrittura e oralità, tra complementarietà e sussidiarietà, tra prova legale e prova li­bera moderna (122-126). Il common law americano si fonda sul costume, la tradi­zione e la giurisprudenza, come fonti di un diritto flessibile e dipendente dalla co­munità. I codici processuali civili invece sono più rigidi (128-130). Alla fine l'autore elenca i principi fondamentali dei processi canonici, chiedendosi se la procedura ca­nonica corrisponde ai criteri di modernità (131-132). Egli suggerisce, in conclusio­ne, un ripensamento riguardo ad alcuni problemi concreti: facilitare la scelta del fo­ro dell'attore (can. 1673, n. 3) e del foro della maggior parte delle prove (can. 1673, n. 4); ridurre i casi di nullità insanabile della sentenza a quelle del diritto naturale (134).

Mario Pompedda - «Il giudice nei Tribunali ecclesiastici; norma generale e ca­so concreto (funzione, competenza professionale, garanzie di indipendenza, giudici laici)» (135-146) - insiste sul principio del contraddittorio, senza il quale non esiste nessun giudizio (139). L'equità non giustifica un'ipersensibilità pastorale nel nome della quale un operatore di giustizia possa giungere fino a sopprimere le norme processuali (142). Il laico può svolgere il ruolo di giudice nel turno, del difensore del vincolo, del promotore della giustizia e del notaio ordinario. Sono invece ille­gittime le spinte registrate in alcune zone della Chiesa di nominare un laico giudice unico o ponente (145).

Luciano Musselli, nella relazione «Il ministero degli avvocati tra difesa del cliente e fedeltà alla verità e alla giustizia» (147-163), descrive a volo d'uccello la storia della figura dell'avvocato nel diritto canonico fino al Codice del 1983 (147-151). In quest'ultima codificazione viene lasciato ampio spazio all'esercizio del di­ritto di difesa delle parti rappresentate dall'avvocato che coincide nella generalità dei casi con il procuratore (151). Dopo aver trattato la deontologia professionale degli avvocati e le sanzioni disciplinari (153) l'autore nota una disuguaglianza tra avvocato e cliente , il quale può revocare il mandato mentre la dismissione dello stesso, da parte dell'avvocato, non viene sanzionata dal codice (154). Il can. 128 rende possibile un risarcimento del danno nascente dall'attività illecita svolta dal­l'avvocato (155). Musselli suggerisce la creazione di un collegio di avvocati presso ogni albo del foro ecclesiastico, con la funzione di favorire la promozione culturale, l'aggiornamento, la collaborazione e la soluzione di questioni disciplinari. Tali or­dini professionali, a vari livelli, potrebbero elaborare un codice deontologico per gli avvocati del foro ecclesiastico, come quello presentato nel 1988 dal Consiglio degli ordini forensi della Comunità Europea (162).

Zenon Grocholewski nota nel suo contributo, «Pregi e difetti nell'attuale am­ministrazione della Giustizia nella Chiesa» (167-175) la scarsa conflittualità giudi­ziaria che si manifesta nella riduzione delle cause contenziose, nei tribunali, a quel­le di nullità matrimoniale. Un segno positivo è anche il basso numero di processi contenzioso-amministrativi presso la seconda sezione della Segnatura Apostolica (168). Non mancano i difetti che derivano da una mentalità sbagliata; come se ba­stasse la semplice dichiarazione di nullità per risolvere il problema dei coniugi di­vorziati e risposati. In una tale ottica solo la decisione affermativa appare come opera pastorale benefica (170). Mentre i progressi compiuti dalle scienze psicolo­giche e psichiatriche e la maggiore attenzione rivolta agli elementi personalistici della vita coniugale (172) richiedono una preparazione sempre maggiore, l'istruzio­ne impartita dalle facoltà di diritto canonico sembra inferiore rispetto agli anni set­tanta (173). La situazione in Italia è migliore, tra l'altro a causa della forte tradizio­ne canonistica e della cultura giuridica di base (175).

Egidio Turnaturi risponde nel suo contributo, «Verità e processo matrimonia­le canonico» (177-191), ad alcuni problemi pratici, approfittando della sua ricca esperienza forense, sia come vicario giudiziale in Sicilia sia come uditore rotale. Per evitare una facile sostituzione di giudici durante il processo, egli suggerisce il man­tenimento della nomina del collegio giudicante, in ogni singola causa, sin dall'inizio (179). Per motivi di imparzialità conviene seguire un elenco prestabilito di turni giudicanti (180). In riferimento al can. 1598, Turnaturi ricorda che nella sentenza non deve, nemmeno larvatamente, risultare traccia di un certo atto processuale non pubblicato (cf. can. 1598) (185). In molti tribunali si nota la difficoltà di trovare pe­riti idonei, per cui l'autore auspica una rifioritura della medicina e della psichiatria legale canonica, resa necessaria particolarmente dall'aumento delle cause di inca­pacità psichica (187).

Domenico Mogavero - «Il ministero del giudice nel Tribunale di prima istan­za» (193-209) - offre dei consigli pratici per una più rapida e maggiormente qua­lificata amministrazione della giustizia nei tribunali regionali, specialmente per quanto riguarda la scelta del «foro della maggior parte delle prove», le rogatorie, le perizie e la presentazione delle difese.

Luis Navarro - «La tutela giudiziaria dei soggetti senza personalità giuridica canonica» (211-228) - prende in esame una interpretazione autentica del 1987 e le prime due decisioni della Segnatura Apostolica, che negano la capacità di essere parti dei gruppi di fedeli senza personalità giuridica o recognitio statutorum. Essi non possiedono una legittimazione attiva, in quanto gruppo, per il ricorso gerarchi­co contro il decreto del vescovo diocesano (212-214). L'autore propone che una specie di riconoscimento sia portato a termine dal giudice stesso prima di iniziare la causa (226).

Carlo Gullo - «Celerità e gratuità dei processi matrimoniali canonici» (229-244) - analizza le cause della lentezza dell'amministrazione della giustizia nella Chiesa: scarsezza di personale (persino a Roma), insufficiente preparazione, man­canza di remuneratività, ostruzionismo delle parti (231-232). Respinge la proposta di alcuni responsabili della pastorale familiare di creare un volontariato di laureati in legge, che dopo una specializzazione in diritto canonico aiutano le parti, gratis, ad ottenere la dichiarazione di nullità (233). Sembra che si intenda arrivare ad una soluzione «pastorale», per i divorziati risposati: l'avvocato non serve a nulla, perché la nullità si ottiene comunque (234). Dopo alcuni suggerimenti in ambito proces­suale, egli ricorda i probabili effetti negativi di un azeramento delle spese proces­suali tendenzialmente presente nel decreto della CEI: aumento delle cause e dimi­nuzione del personale qualificato (244).

Il volume termina con il documento conclusivo del XXVIII Congresso nazio­nale di diritto canonico (245-248), che contiene proposte concrete per rimediare ai nuovi problemi sorti in campo giudiziario ecclesiastico in Italia.

La maggior parte delle relazioni provengono da autori noti per la qualità e la quantità delle loro pubblicazioni, la lunga esperienza nell'ambito del foro ecclesia­stico e la presenza a moltissimi congressi e convegni. Essi affrontano i vari, e in par­te nuovi, aspetti di un tema tanto vasto quanto attuale: la cultura processualistica moderna nella Chiesa. Concepito in tal modo il libro è destinato a suscitare l'inte­resse degli operatori del diritto non solo in Italia ma in tutta la Chiesa.