Nobile Marco ,
Recensione: Joachim Gnilka, Gesù di Nazaret. Annuncio e storia ,
in
Antonianum, 71/2 (1996) p. 358
.
Il G. vuole dare il suo autorevole contributo di neotestamentarista sperimentato, per fare il punto sulla questione Gesù, lungi da scorrettezze metodologiche, riportando il problema nel suo alveo. Chi è stato il Gesù della storia? Così, al contrario del criterio ermeneutico seguito nella monografia precedentemente recensita, il G. opta per un ritorno ben preciso al problema del Gesù storico. Certo, l'autorevolezza scientifica dell'autore impedisce una ricaduta in quei criteri che hanno caratterizzato la ricerca della fine del secolo scorso e dei primi decenni di questo secolo. Gran parte degli argomenti e della materia topica, è simile a quella dello Schnackenburg. Del resto, il G. è ben consapevole dell'inestricabilità del Gesù storico dal tessuto tradizionale che ha dato origine ai vangeli. Tuttavia, il taglio della sua opera è ben diverso da quello della monografia precedente. Il G. si mostra di gran lunga più ottimista circa il recupero adeguato del Gesù della storia. Solo che l'andamento del suo argomentare provoca talora qualche disagio, dovuto ad una criteriologia che oscilla tra il neopositivismo di certa esegesi storico-critica tradizionale e una velata, ma ben presente, venatura apologetica. È fuor di dubbio che il materiale evangelico sia una creazione che suppone il fondamento storico di Gesù di Nazaret, ma è sufficiente l'acribia dello sceveramento delle stratificazioni tradizionali per arrivare alle ipsissima verba Jesu o a episodi autentici della sua vita? È questo che io chiamo neopositivismo ingenuo. La decontestualizzazione costante a cui sono stati sottoposti detti e fatti dalla comunità primitiva nei suoi immani sforzi di mediazione interpretativa e rimaneggiatrice, richiede un atteggiamento ermeneutico diverso, perché venga soddisfatto il bisogno di sapere che dietro a tutto c'è Gesù di Nazaret. Il voler scindere adeguatamente il Gesù della storia da quello della interpretazione teologica della chiesa primitiva, fa cadere in un'aporia: eliminare le superfetazioni kerygmatiche, le uniche che ci danno il Gesù storico, significa trovarsi di fronte ad un'ombra da rielaborare con l'aiuto positivistico o romantico di mere ipotesi psicologiche o soggettive, buone per la devozione, ma problematiche per la scienza.
I criteri che informano l'opera del G. lasciano naturalmente impregiudicata la maestria con la quale egli apporta ed elabora testi e letteratura secondaria di valore indiscutibile. Il nostro è un discorso di principio che non vuole però mettere in dubbio la fruibilità teologica e spirituale del libro, il quale va senz'altro raccomandato per il suo spessore scientifico, aggiornato e acribico. Oltre ai capitoli che trattano direttamente della materia, basterebbe citare i ricchi capitoli secondo e terzo, i quali presentano in modo ampio e articolato, rispettivamente, la situazione politica d'Israele al tempo di Gesù e la situazione religioso-cultuale e sociale.
Sotto l'aspetto tecnico, poi, sono da rilevare gl'indici e una bibliografia, che, tuttavia, non riporta i tanti titoli citati all'interno, alla fine di ogni sezione, rendendo scomodo il recupero di un nome, quando se ne è lontano nella lettura.
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