Nobile Marco ,
Recensione: Ceslas Spicq, Note di lessicografia neotestamentaria, voi. II, ed. italiana a cura di Franco Luigi Viero ,
in
Antonianum, 71/2 (1996) p. 359
.
Già in Antonianum 65 (1990) 387-388, ci siamo occupati di quest'opera, recensendone il primo volume dell'edizione italiana. Le osservazioni che facemmo allora, valgono anche per questo secondo volume. Anche qui, l'editore italiano ha fuso i lemmi dei due tomi originari e del Supplementi disponendo il tutto in ordine alfabetico, inoltre, all'indice dei termini greci, ne è stato aggiunto uno con vocaboli italiani, affiancati dal possibile corrispettivo greco: un utile strumento di lavoro.
Per quanto riguarda le voci, ribadiamo anche per questo volume che l'a. ha operato una selezione, così che ci troviamo di fronte ad una collezione di vere e proprie piccole o grandi monografie filologiche. Il giudizio che si può dare sull'insieme dell'opera, dev'essere condotto su due piani, su quello propriamente filologico e su quello ideologico. Riguardo al primo livello, lo S. è un maestro che offre un'ampia e ricca scelta di fonti, utili all'analisi semantica di ciascun vocabolo greco, anche se salta subito all'occhio la mancanza di aggiornamento bibliografico: si cita quasi esclusivamente letteratura degli anni 50-60 (naturalmente, non imputiamo all'a. la mancata conoscenza della eccellente nuova edizione, presso la Paideia, completamente riveduta ed ampliata, della raccolta di E. Gabba del 1958, Iscrizioni greche e latine per lo studio della Bibbia, ad opera di Laura Boffo, del 1994, citata a p. 408, nota 27).
In rapporto al secondo piano, quello ideologico, proprio il legame dello S. con i testi di una certa fascia temporale, sono indicativi anche delle sue predisposizioni ideologiche, di sicuro conservatrici, senza annettere al termine necessariamente una connotazione negativa. Eloquenti sono giudizi di questo tipo: «L'identificazione dei "poveri" del vangelo con i "pezzenti" d'oggidì, privi di risorse pecuniarie, è una deviazione della pastorale moderna; in effetti i "pezzenti" sono molto spesso a-religiosi, aggressivi e contestatari, talora anche ribelli...» (alla voce notKdptoc;, p. 105, nota 29). Nella discussione sul lemma (xOGoc, (pp. 199-205), lo S. esprime il suo dissenso da moderne teorie che userebbero alla maniera junghiana categorie concettuali che non hanno niente a che vedere con concezioni ortodosse della fede cristiana: «È dunque lecito stupirsi che gli esegeti ed i teologi moderni si propongano di demitizzare la Bibbia e che i letterati impieghino il termine e la nozione di mito in modo quanto mai equivoco» (p. 200). L'affermazione semplifica in modo discutibile e ingiusto una problematica molto complessa e profonda, che implica questioni linguistiche, antropologiche e filosofiche.
Tenuto conto di questo aspetto pregiudiziale e di quell'altra caratteristica, notata anche nel primo volume, cioè la fisionomia talora puramente compilatoria di certe voci, l'opera monumentale dello S. rimane tuttavia una grande riserva di dati ai quali è estremamente utile ricorrere.
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