L'introduzione si occupa del significato e del valore dell'indissolubilità secondo il magistero del nostro secolo (9-18).
Il libro è diviso in due parti: nella prima parte l'autore analizza le risposte teo-logico-pastorali date al problema dell'indissolubilità oggi. Questo percorso passa attraverso molti paesi dell'Europa occidentale e dell'America del Nord considerando sia le direttive del Magistero sia anche alcuni modelli pratici, più o meno adeguati, per la prassi.
Sempre in questa prima parte si entra in merito e si tratta dell'accesso dei divorziati risposati ai sacramenti; viene percorso prima il cammino del magistero dal Codice Pio-Benedettino fino al 1994 (19-35), senza trascurare il magistero della Conferenza Episcopale italiana con i suoi due documenti (36-40): la nota pastorale, «La pastorale dei divorziati risposati e di quanti vivono in situazioni matrimoniali irregolari o difficili», 26 aprile 1979 e, dalla stessa, il «Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia. Annunciare, celebrare, servire il Vangelo della Famiglia», 25 luglio 1993.
Il dibattito teologico-canonistico viene diviso a seconda della «via» proposta. Si parla così della «via indolore» (41-70), propagata specialmente negli Stati Uniti e in Germania, dove il problema delle nuove nozze viene considerato soprattutto sotto l'aspetto morale, e della «via dolorosa» (71-88), fondata sulla tradizione orientale delle seconde e terze nozze non-sacramentali. Si pone infine, a proposito delle lettere pastorali dei vescovi dell'Oberrhein, il problema del rapporto tra l'unità del Magistero dottrinale e una apparente nuova pluralità del Magistero pastorale (89-102).
Dopo aver spiegato la diversità delle opinioni, l'autore inserisce la pastorale dei divorziati risposati nel contesto della pastorale del matrimonio e accenna ad alcune linee guida per l'accoglienza pastorale dei divorziati risposati (103-112).
La seconda parte si occupa della valutazione delle nozze dei vedovi nella tradizione latina a partire dei Padri della Chiesa fino al Magistero contemporaneo, dando ampio spazio al problema della svalutazione delle nozze vedovili e della sussistenza del vincolo coniugale dopo la morte (117-168).
L'autore considera giustamente il problema della morte del coniuge e del nuovo matrimonio come sintomo di crisi di evidenza nel Magistero contemporaneo. Esiste un dualismo tra la morte come fine canonica del vincolo matrimoniale e la persistenza, con nuove modalità, oltre la morte secondo la teologia e accenna alla fine ad alcuni modelli di soluzione della dicotomia (169-204). L'ultima parte del secondo capitolo è dedicata alle seconde nozze secondo l'apostolo Paolo (1 Cor 7) e l'applicazione della sua dottrina nella storia della Chiesa per concludere con la questione della sacramentalità di seconde nozze non-vedovili (205-246).
Alla conclusione generale (247-250) seguono tre appendici: una sulle proprietà essenziali del matrimonio secondo il diritto canonico vigente (251-254); il ruolo della morte nelle formule del consenso matrimoniale secondo i rituali po-stconciliari nelle varie lingue (255-258); e la storia dell'impedimento dell'affinità (259-270) e, infine, la quarta appendice che riporta il testo delle preghiere di carattere penitenziale utilizzate dagli ortodossi nelle seconde nozze (271-272). Un indice dei nomi alla fine serve per trovare velocemente le opinioni dei diversi autori.
L'autore, considera il problema dei divorziati risposati non solo come una questione pastorale di grandi e dolorose dimensioni che provoca un disagio tra gli operatori pastorali che sono chiamati a dare una risposta; ma anche, anzitutto, come un problema che riguarda i punti centrali della dottrina canonica e della teologia del matrimonio. L'evoluzione dottrinale specialmente di questo secolo ha portato a una dicotomia tra teologia e diritto, tuttora irrisolta. Quella contraddittorietà raggiunge il suo culmine nella considerazione della vedovanza cristiana e delle seconde nozze vedovili.
La tentazione per i pastori di fronte ad una serie di opinioni così varia e intricata è di cedere a semplici soluzioni pastorali occasionali e per lo più in foro interno. Così molti operano «praeter» o persino «contra legem». Anziché edificare la Chiesa, queste soluzioni facili aumentano lo stupore, facilitano il dubbio sul diritto nella Chiesa o portano all'ipocrisia con illusorie scuse.
L'autore, nato nel 1946 in Italia da genitori greci, è laureato in filosofia e teologia morale; ha trascorso un anno di studio alla «Holy Cross School» di teologia greco-ortodossa negli Stati Uniti e un semestre alla facoltà di teologia di Thessalo-niki. Insegna teologia morale patristica greca presso l'Accademia Alfonsiana e il Pontificio Istituto Orientale a Roma. Questo curricolo spiega la sua profonda conoscenza delle Chiese Ortodosse e della loro teologia e pastorale del sacramento del matrimonio. È dunque da considerare una voce autorevole quando sconsiglia di recepire con troppa leggerezza e facilità le tradizioni cristiane orientali riguardanti il matrimonio. È improbabile che «l'espianto dell'economia ecclesiastica orientale dal contesto della tradizione greca e il suo impianto in quella latina riesca a ristabilire una funzionalità organica della latina senza suscitare reazioni di rigetto» (249). Un tale intervento non costituirebbe una mera terapia ma una vera e propria modifica della tradizione latina del matrimonio cristiano.
L'autore non ha voluto propagare simili soluzioni importate, ma ripercorrere di nuovo la tradizione latina per trovare le soluzioni in essa stessa. Si è quindi posto nuovamente la domanda sul perché della convinzione comune che la morte sciogliesse in qualche modo il vincolo coniugale.
La Chiesa ha, conformemente alla dottrina dell'apostolo Paolo, la potestà di sciogliere matrimoni tra non battezzati. Ora, la Chiesa esercita questa potestà anche sui matrimoni rati ma non consumati tra i battezzati. Per citare le parole dell'autore, egli conclude così: «Niente impedirebbe di conseguenza che tale potestà potesse estendersi, in piena continuità con l'attitudine paolina e "prò bono anima-rum", ai matrimoni irreversibilmente finiti sul piano della oggettività storica e come tali determinabili da un giudizio della Chiesa» (250), una soluzione che è molto discutibile e che non condividiamo in nessun modo perché rimane inconciliabile con la tradizione latina ribadita frequentemente e con autorità dai Sommi Pontefici che lo scioglimento di matrimoni rati e consumati tra battezzati eccedesse la loro potestà. Non è qui il luogo di entrare in una discussione prolungata.
La nostra critica riguarda la frase conclusiva dell'opera. Per il resto, si tratta senz'altro di un lavoro approfondito e veramente creativo che non si accontenta di ripetere i soliti luoghi comuni su una materia molto discussa. Esso li supera, non solo per la completezza ed internazionalità della bibliografia consultata, dei modelli di soluzioni pastorali applicate nelle varie diocesi del mondo e la loro valutazione secondo le esperienze fatte senza omettere eventuali interventi correttivi del Magistero, ma anche per l'originalità dello schema dell'opera. Convince anche la profonda conoscenza della morale patristica, la chiarezza del pensiero nonché la prudenza e cautela nella valutazione dei modelli delle Chiese ortodosse. Questi pregi fanno della monografia un'opera di indispensabile lettura per gli operatori pastorali in campo familiare e per gli studiosi che si propongono di pubblicare in futuro in materia.