Cacciotti Alvaro ,
Dalla Scuola Superiore di studi medievali e francescani: 1) Lezioni di giudaismo medievale ,
in
Antonianum, 71/3 (1996) p. 587-589
.
La «Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani» del Pontificio Ateneo Antonianum ha voluto per l'anno accademico 1995-'96 ampliare i suoi orizzonti per dare uno sguardo anche al di fuori di quella che comunemente è considerata la tradizione medievale del nostro «occidente» culturale. In un momento storico in cui la multietnicità, l'integrazione razziale e quella culturale si impongono come problemi emergenti, soprattutto all'interno del contesto europeo in cui ci troviamo, è parso opportuno esaminare come già nel passato situazioni analoghe si siano presentate e come le soluzioni allora adottate possano essere chiavi di comprensione del nostro tempo. Dell'intera programmazione accademica vanno menzionati, tra gli altri, i corsi che hanno affrontato in maniera specifica questi temi, quali: quello del prof. J. Perarnau La polemica giudeo-cristiana a livello popolare e l'Inquisizione medievale: processo a tre ebrei dell'Aragona 1341-1342; quello della prof. V. F. Piacentini Ragion militare e Ragione di Stato: la dottrina del Jihad; quello del prof. G. Passarelli II Medioevo a Bisanzio: tra storia e letteratura; infine le lezioni pubbliche di Giudaismo Medievale del prof. F. Manns.
Non potendo in questa sede dar conto di ciascuno di questi contributi, ci si limiterà a presentare per sommi capi quello del prof. F. Manns, visto il carattere conferenziale e pubblico delle lezioni da lui tenute, accolte con notevole ed evidente favore ed entusiasmo dal numeroso pubblico. Il prof. P. Frédéric Manns O.F.M., Preside dello Studio Biblico di Gerusalemme, noto esperto di giudaistica è autore di numerosi studi sulla tradizione giudaica.
Nei cinque incontri del mese di marzo u.s. in cui si sono tenute le lezioni, il prof. Manns ha richiamato l'attenzione sull'importante ruolo del giudaismo, che a partire dalla letteratura biblica ha elaborato un peculiare approccio filosofico alla realtà, che proprio nel nostro secolo vive una nuova primavera in esponenti quali F. Rosenzweig, M. Buber, E. Lévinas; ha messo poi in luce la rilevanza che la tradizione giudaica riveste, non senza la riflessione filosofico-religiosa araba, per la comprensione del pensiero cristiano medievale nel suo costituirsi, come nelle sue grandi intuizioni: basti, a modo d'esempio, il richiamo costante che personaggi come fr. Alessandro di Ha-les, Guglielmo di Alvernia, e certamente non ultimo san Tommaso d'Aquino, fanno, implicitamente e non, del dux neutrorum del Rabbi Moyses.
Prendendo le mosse da quelle che devono considerarsi le tre caratteristiche fondanti (1. il dialogo non sempre pacifico con la filosofia greca, nel concreto con Aristotele e con il platonismo; 2. la costante tensione alla fedeltà con la originaria e originante tradizione rabbinico-talmudica; 3. il confronto con la vivacità dell'Islam, le sue scuole, i suoi pensatori) e le fonti (la Bibbia e il Talmud) del giudaismo medievale, il prof. Manns ha tratteggiato i momenti salienti della storia del pensiero ebraico.
Le varie visioni del mondo sottese dai libri biblici si trovarono nella diaspora alessandrina a doversi confrontare con l'astratto quanto rigoroso pensiero greco. Nacque in questo contesto la figura della Sapienza che costituì il primo tentativo di coniugare e di far dialogare due tradizioni così radicalmente diverse, dialogo che, superata la crisi dell'epoca macca-baica, ritrovò in Filone d'Alessandria, alla vigilia dell'era cristiana, rinnovato slancio.
La distruzione del Tempio e la crisi ad essa conseguente riportarono il giudaismo della diaspora a preoccuparsi di salvaguardare la propria identità religiosa e culturale. Fu in questi secoli che si costituirono la Mishna prima e il Talmud poi, anche se dal X secolo, in seguito al contatto con il mondo filosofico arabo, si sentì nuovamente l'esigenza di confrontarsi con il pensiero ellenistico.
Dall'XI e XII secolo il giudaismo conobbe un nuovo impulso che diede i suoi frutti migliori in pensatori, ora non più solo della diaspora medio-orientale, ma anche sud-europea, quali Ibn-Gebirol (Avicebron) e Mosé ben Maymun (Maimonide).
È concentrandosi sulla figura di Maimonide che il prof. Manns, nel suo stile limpido e brillante, ha potuto offrire un saggio del variegato panorama culturale giudaico.
Di Maimonide - nato nella mozarabica Cordova il 3 marzo 1138, ma formatosi prima nella sinagoga di Fés in Marocco e poi alla sinagoga dei caraiti del Cairo, dove trovò asilo come medico di corte di Sal-ah ai-Din -il prof. Manns, dopo averne schematicamente presentato la complessiva produzione letteraria, ha sinteticamente illustrato il pensiero attraverso una lettura guidata di testi tratti dalle opere principali: 1. Il Commento alla Mishna, 2. il Mishne Torah; 3. il Moreh Nebukim o Guida dei Perplessi.
È emerso come nel Rabbi Moyses il dialogo tra pensiero filosofico e religione ebraica raggiunga il suo momento più fecondo, senza peraltro ingenerare, nel con-fondersi delle due matrici del pensiero occidentale, quello che a prima vista potrebbe essere scambiato per un compromesso: ragione e fede sono due modi di accostarsi all'unica verità, essi non possono giungere a conclusioni opposte fra loro, pur conservando ciascuna un proprio metodo. Riconoscendo dunque alla fede religiosa la dignità di autentica forma di conoscere, d'altro lato Maimonide, in forza dell'unicità della verità, introduce anche nel giudaismo uno spirito di libertà intellettuale tale da garantire uno spazio per l'intelletto che, con una dignità propria, soccorre l'uomo nella comprensione della verità rivelata. Non si può perciò, né si deve, parlare di subordinazione della fede alla ragione, o viceversa, ma si deve accogliere la provocazione di un pensiero che vive senza la paura dell'autentico confronto in forza di un'unica meta.
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