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Recensione: Giovanni Bissoli, // Tempio nella letteratura giudaica e neotestamentaria. Studio sulla corrispondenza fra tempio celeste e tempio terrestre

 
 
 
Foto Nobile Marco , Recensione: Giovanni Bissoli, // Tempio nella letteratura giudaica e neotestamentaria. Studio sulla corrispondenza fra tempio celeste e tempio terrestre , in Antonianum, 70/2 (1995) p. 304-305 .

Il libro riporta, lievemente modificata e aggiornata nella bibliografia, la disser­tazione dottorale che l'autore difese il 22-1-1994 al Pontificio Istituto Biblico. Il la­voro era stato condotto sotto la direzione di Roger Le Déaut.

Lo studio svolge un tema interessante, che si presta ottimamente per la cono­scenza della mentalità premoderna (non arretrata!), riflessa nella letteratura giu­daica antica e in quella neotestamentaria: la corrispondenza del tempio terrestre di Gerusalemme con il suo archetipo reale nel cielo; l'arco di tempo scelto per l'inda­gine va dal II sec. a.C. al II d.C. Lo studio di tali tematiche ha l'utilità di far calare l'uomo moderno, rinchiuso nella sua concezione del mondo tecnica e secolarizzata, nella visione che invece avevano gli antichi, certo non all'altezza delle moderne ac­quisizioni scientifiche, ma altrettanto valida per la conoscenza dell'altro modo (il primo modo è il nostro) di accedere alla realtà, quello mitico, non logico, come ha mostrato nei suoi studi C.G. Iung. Il codice logico e quello non logico sono diversi nel loro meccanismo, ma simili nella finalità, e non necessariamente escludentisi, bensì complementari.

L'a. del presente studio articola la ricerca nel seguente modo. In un primo ca­pitolo indaga nella letteratura giudaica antica, e più particolarmente esamina il li­bro di Ben Sira, Tobia, il documento frammentario aramaico del Testamento di Le­vi, Enoch Etiopico, il Testamento di Mosé, il libro dei Giubilei e i documenti di Qumran. Il bottino è magro, perché non si riscontra con chiarezza la tesi che inte­ressa al B. Tutt'al più si parla di una dimora celeste di Dio, ma senza una necessaria corrispondenza con il santuario terreno, anzi talora in antitesi con esso (Enoch, Qumran). Riguardo a Qumran, la comunità vede piuttosto in se stessa la riprodu­zione di un santuario, in attesa dell'instaurazione del tempio futuro.

Nel secondo capitolo viene esaminata la letteratura giudaico-ellenistica: il Li­bro della Sapienza, Giuseppe Flavio e Filone Alessandrino, i Testamenti dei Dodici Patriarchi e gli Oracoli Sibillini. Solo in Filone e nella Sapienza è dato di trovare espressamente la corrispondenza tra tempio celeste e tempio terreno. Naturalmente la concezione che interessa l'a. non è totalmente assente, né nei documenti di questo capitolo né in quello del capitolo precedente, specialmente in Ben Sira (cf. il e. 24), ma la rigorosità talora positivistica richiesta ad una dissertazione di laurea, costringe al minimalismo...

Dal capitolo terzo in poi si esplica tutta la preparazione eccellente del B., per­ché riguarda il campo di sua diretta competenza. Innanzi tutto, viene affrontata la letteratura targumica: Tg a Gn 28,17 e Tg a Es 15,17, sui quali viene condotta un'accurata e magistrale esegesi. Attraverso il modo comparativo, che pone sotto esame testi di tradizioni ed epoche diverse, è possibile riscontrare la concezione in questione.

Il capitolo quarto affronta la letteratura neotestamentaria (Me 14,58, At 7,44-50,Gv l,50-51,Eb 8,1-2; 9,11-12; 10,19-21) e scorge come il fenomeno cristiano sia profondamente radicato nel giudaismo contemporaneo. La tensione tempio terre­no o « manufatto » contro tempio celeste non fatto da mani d'uomo, anima ampia­mente la comunità cristiana. L'originalità della sua posizione sta nel fare del corpo di Gesù risorto il tempio escatologico. Anche in questo capitolo, l'esegesi è accu­rata e rigorosa.

Nel quinto ed ultimo capitolo, il B. esamina infine la letteratura giudaica po­steriore al 70 d.G, data della distruzione del secondo tempio di Gerusalemme. Qui bisogna distinguere tra letteratura apocalittica (Apocalisse siriaca di Baruc, Apoca­lisse di Esdra) e letteratura rabbinica (halakot, agadot, midrashim, talmud babilo­nese e t. palestinese). Mentre la prima, relativizzando il valore del tempio terreno, esalta quello dell'eone futuro, la seconda si tiene fortemente legata, anche a tempio sparito, alla realtà terrena di Gerusalemme.

Una nutrita bibliografia ed una serie dovuta d'indici completano questo stu­dio, che si presenta come un lavoro esemplare.