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Recensione: Giorgio Gozzelino, 7/ mistero dell'uomo in Cristo. Saggio di protologia

 
 
 
Foto Battaglia Vincenzo , Recensione: Giorgio Gozzelino, 7/ mistero dell'uomo in Cristo. Saggio di protologia , in Antonianum, 69/1 (1994) p. 127-129 .

Come apprendiamo dalla Introduzione imperniata sulle questioni epistemo­logiche preliminari (pp. 7-17), l'antropologia teologica fondamentale «analizza l'uomo nella sua struttura salvifica nativa e quindi viene detta per l'appunto pro­tologia, o discorso su quanto è primo dal punto di vista costitutivo» (p. 8), per cui in questo caso l'aggettivo «fondamentale» sta a dire «riguardante la costituzione primordiale o nativa dell'uomo» (nota 1, p. 8).

Il volume è il rifacimento, rinnovato sul piano letterario e dell'assetto tipo­grafico, di un saggio apparso nel 1985 con il titolo «Vocazione e destino dell'uomo in Cristo». Inserito al primo posto nella collana «Corso di studi teologici», pre­senta tutte le caratteristiche di un «manuale». È uno studio completo per quanto concerne le tematiche che appartengono all'area disciplinare della protologia; utile per l'abbondante materiale desunto dalle «fonti» della fede ed esposto se­condo i canoni del metodo storico-evolutivo; interessante negli approfondimenti sistematici e nelle puntualizzazioni riguardanti le varie problematiche oggetto di discussione; valido, infine, perché aiuta a capire l'importanza di una disciplina che contribuisce a delucidare sempre meglio la verità sull'uomo garantita dalla rivela­zione ed annunciata dalla Chiesa.

L'articolazione dei cinque capitoli in cui è suddiviso segue uno schema unita­rio: dopo la presentazione dell'insegnamento fornito dalla Sacra Scrittura, ripar­tita nei due ambiti corrispondenti all'Antico ed al Nuovo Testamento, si ha l'ap­porto dato dalla tradizione cristiana rivisitata secondo la scansione delle epoche, da quella patristica fino a quella contemporanea; l'ultima parte è riservata alle in­dagini di carattere sistematico concernenti sia le varie sfaccettature della tematica principale, sia gli argomenti connessi, sia, infine, le questioni controverse.

Viste l'ampiezza della materia e la molteplicità degli argomenti trattati, mi soffermo solo su alcuni degli spunti più interessanti ricorrendo ad una lettura tratteggiata.

Il primo capitolo, dal titolo: «L'uomo creatura di Dio nel Cristo Gesù» (pp 19-85), fa entrare immediatamente in tema l'impostazione cristocentrica che orienta e regola la riflessione antropologica sviluppata dall'autore. Nell'ambito dell'argo­mentazione svolta nella parte sistematica sostiene, tra l'altro, che la creazione va considerata all'interno dell'alleanza e come sua condizione: posta questa pre­messa, dichiara che ogni uomo, in quanto tale, è correlato, legato intrinsecamente al Cristo. In proposito preferisce parlare, a differenza di Rahner, non di esisten­ziale soprannaturale ma di «esistenziale cristico», precisando però che «se l'essere cristico è di tutti, l'essere cristiano qualifica solo chi si appropria esplicitamente del cristico» (p.62). Con questa chiave di lettura affronta poi sia il discorso sulla predestinazione dell'uomo in Cristo, - «l'essere creato per Gesù, in Gesù e con Gesù» ne rappresenta il contenuto autentico (p.62) -, sia il delicato problema del soprannaturale e del suo rapporto con il creaturale. Dopo aver precisato che l'uomo, in quanto essere cristico, è costituito dall'esistenziale cristico e dall'essere creaturale, sostiene che «l'essere cristico va inteso come il tutto, e l'essere creatu­rale come una sua imprescindibile componente» (p. 69). Naturalmente essere cri­stico ed essere creaturale (il primo corrisponde al soprannnaturale e l'altro al na­turale) formano una unità inscindibile pur restando distinti. Infine, sottolinea che «l'esistenziale cristico coinvolge direttamente la sola dimensione religiosa; l'essere creaturale invece implica direttamente tanto la dimensione religiosa, quanto quella profana» (p.71). Nell'ultimo paragrafo vengono poi esaminati gli aspetti ed i risvolti inerenti al mistero della creazione.

L' uomo creato in e per il Cristo è un essere «simbolo», connotato dalla «unità dei distinti» (si veda, per esempio, il binomio anima e corpo), quindi è strutturato in modo tale da poter entrare in relazione con Dio, con i propri simili e con il cosmo. In altre parole, è chiamato all'amore. Questi argomenti vengono affrontati nel capitolo secondo, che si conclude con uno sguardo ai problemi rela­tivi all'origine della specie umana (pp.86-156).

Per lo statuto «terreno» della sua esistenza l'uomo è un essere in divenire, impegnato a camminare verso la pienezza ultima e il compimento definitivo: «creatura in cammino verso la patria della propria identità finale, per ora soltanto abbozzata e da portare a compimento attraverso una attiva gestazione delle vir­tualità eristiche» (p. 216). Il senso della vita terrena -osserva acutamente l'autore -va descritto con il ricorso alle immagini della linea a due tratti - perché vi è di mezzo la morte - e della gestazione. Pertanto la creatura umana deve farsi consa­pevole che «storia, libertà e fatica, o sofferenza, sono le componenti chiave della sua autogestazione» (p.158). Sono questi tre gli aspetti della condizione umana esaminati nel capitolo terzo (pp. 157-235).

Il quarto capitolo (pp.236-313) è dedicato al tema degli angeli e dei demoni: si tratta di una dimensione insospettata inerente alla vita umana, «orizzontale (in quanto stabilita sul rapporto con semplici creature), e tuttavia di natura transu­mana o ascendente (in quanto tali creature risultano strettamente superiori all'uomo)» (p.236). Nel corso dell'approfondimento sistematico, dopo aver di­scusso le diverse difficoltà ed obiezioni sollevate circa la dottrina ecclesiale e dopo aver accertato la fondatezza di quest'ultima, presenta ciò che è da credersi e, da ultimo, rammenta che «degli angeli e dei demoni si deve parlare come parla la Scrittura: non ponendoli al centro del discorso di fede ma lasciandoli alla perife­ria ed all'interno del lieto annuncio della buona novella, subordinando l'ontolo­gico al funzionale, mantenendo intatta, nella riflessione sulla loro dimensione on­tologica, l'originalità che li contraddistingue e delineando i fondamenti di una prassi coerente» (p. 337).

Chiude il saggio il capitolo che riguarda, in armonia con il discorso sviluppato in precedenza, «L'uomo dia-bolo, o l'antiumano nell'uomo: il peccato originale» (pp. 344-430). Alla riflessione sul peccato originale originato,- che viene definito sinteticamente come «il coinvolgimento di ogni uomo che viene al mondo (o coin­volgimento "nativo") nello stato di peccato che è proprio dell'umanità concreta in cui viviamo...» (p. 396) -, allargata anche al rapporto con la mariologia, fa seguito, sempre nella parte sistematica, una succinta riflessione sulla peccaminosità che ha causato quel peccato definita nei termini di peccato originale originante. In con­nessione con quest'ultima viene delucidata la verità concernente lo stato di giusti­zia originale, da descriversi «come una situazione di totale innocenza qualificata cristologicamente (dono della grazia di Cristo) e connotata dalla presenza di par­ticolari proprietà (i doni preternaturali) derivanti da quella innocenza» (p.420). Da ultimo l'autore istituisce il confronto tra la dottrina esaminata e la teoria evo­luzionistica.