Nobile Marco ,
Recensione: Wolfgang Richter, Bibita Hebraica transcripta BH'. 9. Ezechiel ,
in
Antonianum, 69/2-3 (1994) p. 380-381
.
Il nome di W. Richter è ormai famoso da molti anni per i suoi studi di natura letterario-formale, cioè per le sue teorie d'interpretazione dei testi biblici quali testi di letteratura ai quali applicare dei modelli formali.
Di questa sua passione è frutto anche la presente collana, di cui abbiamo scelto un campione: il libro di Ezechiele. Il R. intende perseguire una trascrizione morfologica dell'ebraico della tradizione tiberiense, per uscire finalmente da quella zona d'incertezza nella quale regna lo studio linguistico-formale dell'ebraico antico. In altre parole, il R. suppone legittimamente che alla base del sistema tiberiense vi sia una struttura morfologica sistematica, nell'ordine della fonologia, della fonetica e della prosodia, che permette di poter capire perché una vocale vada intesa come lunga o breve e, all'interno di una parola, una vocale debba essere intesa breve e un'altra lunga come in /qara(')/. Il lavoro del R. ha da servire le giuste esigenze del linguista e del semitista, che si aspetta dall'ebraista una presentazione formale delle leggi a cui sottosta la fonologia ebraica.
La bontà del progetto non favorisce solo la comprensione del sistema tiberiense, ma anche, per via comparativa, qualsiasi altro sistema, come quello d'iscrizioni o quello di Qumran o ancora quello dell'ebraico di Origene.
Per raggiungere i suoi scopi, il sistema del R. fa ricorso a tutta una serie di convenzioni trascrittive a riguardo dell'ortografìa tiberiense: le consonanti doppie vengono sempre riportate, anche nel caso di gutturali o in quello di perdita di una consonante, causata dallo shewà (vedi ha=m.baq/qi/sim per hambaqsiym), le vocali vengono studiate ed identificate tramite un inventario prestabilito, così come una lista di convenzioni permette l'identificazione formale dei vari aspetti morfologici della lettera o della frase.
L'applicazione di questo sistema ottiene come risultati utili non solo il riconoscimento di lettere e parole ad un livello formale, secondo le esigenze delle regole masoretiche; esso si occupa bensì anche del superamento integrativo della suddivisione del testo in capitoli e versetti e offre la più scientifica delimitazione a livello di frase, di una o più parole. Ogni frase è contrassegnata da una lettera latina (a,b,c...), che rende facile il riconoscimento, e da un segno convenzionale che rimanda a note critico-testuali, ridotte all'essenziale.
Non è da dimenticare infine che tutto questo sistema è stato riportato in un programma computerizzato, che permette di offrire all'utente il testo trascritto che egli di volta in volta richiede.
A detta dello stesso R., il suo progetto non ha avuto molta risonanza nel mondo degli studiosi. Del resto, anche il suo famoso metodo formale-letterario è rimasto solo un interessante tentativo, frutto di una temperie culturale contingente che premeva contro i bastioni di una stereotipata e ormai troppo rigida metodologia storico-critica. Mutatìs mutandis, si può dire lo stesso del presente metodo. Lo sforzo del R. è notevole e va considerato con attenzione sullo sfondo di quella esigenza odierna di una formalizzazione del testo nel quadro delle scienze linguistiche. Il suo apporto sarà parziale e da qualcuno messo in discussione, contribuirà comunque ad una conoscenza dell'ebraico biblico, che non può essere data per scontata.
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