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Recensione: Sante Babolin, Icona e Conoscenza. Preliminari d'una teologia iconica

 
 
 
Foto Battaglia Vincenzo , Recensione: Sante Babolin, Icona e Conoscenza. Preliminari d'una teologia iconica , in Antonianum, 68/1 (1993) p. 120-121 .

La peculiarità del volume è quella di essere un saggio dedicato alla filosofia dell'arte sacra e cristiana ed incentrato specificamente sulla produzione artistica delle icone. Nella prefazione si legge che l'icona «è sintesi originale di parola e immagine che realizza, per mezzo del disegno e del colore, uno svelamento del­l'invisibile e trascendente Iddio» (p. 9): la definizione riveste la funzione di porta di accesso all'intera trattazione, dal momento che fa già prevedere qual'è la strada da percorrere per arrivare a possedere la chiave che permette di decifrare, e di esprimere, la «parola» contenuta in tante splendide «immagini» di culto create dai cristiani d'Oriente, ì quali hanno saputo coniugare in modo davvero mirabile la fede con l'abilità artistica.

La strada viene tracciata e percorsa nella prima parte (pp. 21-195), dove l'au­tore, avvalendosi di una vasta cultura che gli permette di spaziare con buona pa­dronanza nei diversi campi della filosofia estetica, della simbologia, dell'arte e della teologia, costruisce un solido impianto teoretico, i cui punti nodali sono og­getto di sei capitoli, che trattano, in ordine progressivo, della «Nascita dell'Icona come immagine di culto», del «Significato dell'iconostasi», della «Potenzialità spi­rituale della materia», del «Valore ontologico della bellezza», del rapporto tra «Immagine e Parola», del «Campo semiotico dell'icona».

Più che tentare una sintesi, — che rischia sempre di non risultare esauriente, soprattutto dopo aver concluso la lettura di un testo che si fa apprezzare, e gu­stare, per l'accuratezza, la precisione e la densità dell'argomentazione —, mi li­mito a rimarcare le piste tematiche che hanno attirato maggiormente la mia at­tenzione. Secondo il nostro autore, l'importanza primaria dell'icona sta nel suo essere immagine sacra che fa culto, «simbolo sacro» che rimanda alla Realtà di cui è espressione: per questo «si presenta come un caso di segno e linguaggio vi­sivi» (p. 30), che avvalora in sostanza l'intrinseca correlazione esistente tra parola e immagine nel variegato mondo dei simboli antropologici. Come l'iconostasi che, quale simbolo della persona divina del Cristo, svolge all'interno del tempio cri­stiano la funzione di orientare l'assemblea verso il Cristo Sommo ed Eterno Sa­cerdote, così l'icona, quale simbolo dell'incarnazione del Figlio di Dio e del creato cristificato, introduce chi la contempla con gli occhi della fede «nel sublime mi­stero della conoscenza di Gesù Cristo, Signore del creato e della storia» (p. 90). Questa «immagine artificiale dell'immagine naturale di Dio» (p. 138), è quindi «una scrittura, un testo che va letto, però con gli occhi» (p. 133): adornata di una «bellezza» il cui valore è dato dalla fusione dell'aspetto conoscitivo con quello af­fettivo (cfr. p.97), richiede di essere letta con un metodo originale, esattamente quello in cui «la filocalia si trasforma necessariamente in filosofia» (p. 147). Ne segue così che «l'icona, in quanto pittura, è arte visiva ed imitativa, offre cioè delle immagini piane che fanno pensare alla realtà percepita con gli occhi; in quanto arte, non riproduce la realtà com'è ma la idealizza, senza fare ricorso a forme del tutto astratte come fa l'architettura; ne presenta un equivalente figura­tivo che diventa segno di ciò che fa conoscere e simbolo di ciò che fa pensare»(p-p.170-171).

Una volta stabilita la griglia interpretativa, — in margine, va ricordato il pre­gio di una trattazione capace di innestare la scienza iconografica nel campo dot­trinale del dogma —, l'autore offre nella seconda parte un saggio di lettura pra­tica, tanto accurata quanto particolareggiata, delle seguenti icone: il Santo Volto, la Grande Panaghia, la Natività, la Trasfigurazione, la Trinità, la Dormizione della Madre di Dio (pp. 197-309). E mentre si scopre, con crescente ammirazione, come davvero ogni tratto del disegno ed ogni sfumatura dei colori sono portatori di un messaggio teologico, si ha l'opportunità di apprendere, insieme ai tanti ac­corgimenti tecnici che regolano la manifattura delle icone, anche in che modo, e perché, vanno guardate, ascoltate e contemplate.

Corredato da molte illustrazioni, da tavole fuori testo, da grafici esplicativi, da una ricca bibliografia e da un'utile sintesi dei dodici capitoli posta prima degli indici, il volume di Sante Babolin ha il pregio di essere uno studio profondo, con­dotto con competenza e con passione, che risulterà molto utile a quanti intendono procedere alla elaborazione sistematica di una «teologia iconica». Questo obiet­tivo, indicato espressamente nel sottotitolo, è stato raggiunto egregiamente.