Nobile Marco ,
Recensione: Sandro Paolo Carbone - Giovanni Rizzi, Le Scritture ai tempi di Gesù. Introduzione alla LXX e alle antiche versioni aramaiche ,
in
Antonianum, 68/2-3 (1993) p. 401-403
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Per il pubblico di lingua italiana vi è una felice novità nel campo delle pubblicazioni di natura biblica. Gli autori del presente libro, entrambi formatisi scientificamente allo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, stanno curando una nuova collana per le Edizioni Dehoniane, con la quale intendono mettere a disposizione di un più ampio gruppo di lettori quel che finora è stato appannaggio dei soli specialisti, per giunta in lingua non italiana. Così che, come avviene purtroppo di solito per lingue di minoranza, ad un vasto pubblico di medioalto livello culturale, di sacerdoti, di gruppi culturali e religiosi impegnati, ecc., finora si sono parati avanti due ostacoli e quindi due tipi di frustrazione: il non avere a disposizione letteratura importante per un autentico approccio alla conoscenza della S. Scrittura, perché di dominio geloso dei «clerici» e, in più, il non averla in italiano. Ora, con questa iniziativa di alta divulgazione, si vuole rendere possibile ai cultori di formazione biblica, d'introdursi nella conoscenza della Bibbia, a partire dalla sua natura di testo, con una sua storia testuale, quindi, e con tutte le questioni che sorgono da tale realtà. Come fa chiaramente capire il titolo, unitamente al sottotitolo, le Scritture del tempo di Gesù, cioè l'Antico Testamento (chiamato così poi dalla tradizione cristiana) erano accessibili in tre lingue, l'ebraica, la greca dei cosiddetti Settanta e l'aramaica dei Targumin, cioè le parafrasi del testo biblico; ciascuna delle tre presupponeva un retroterra culturale peculiare e ricco, che bisogna necessariamente conoscere, se si vuole sapere come venivano lette le Scritture al tempo di Gesù, quali metodi si usavano e quali erano le condizioni socio-culturali e religiose dell'approccio al testo sacro.
La collana in questione vuole raggiungere proprio tale fine. Comincia con il presente libro, con il quale introduce in modo generale alle varie questioni, indi passerà alla pubblicazione successiva di testi dei profeti minori, scelti all'uopo per la loro brevità, che li rende maneggevoli per il modo d'impiego. Difatti, essi verranno disposti in sequenze sinottiche, al fine appunto di apprendere dalle peculiarità di ciascuna lezione le caratteristiche della Parola di Dio in possesso di quelle generazioni, le quali poi ci daranno naturalmente da parte dei credenti in Cristo, il Nuovo Testamento.
L'opera si apre con una brevissima introduzione, che rende ragione del tema. Da rilevare il concetto dinamico d'ispirazione che gli autori offono, tenendo appunto conto della complessa questione della trasmissione del testo. Segue un primo capitolo, anch'esso breve, sul Testo Masoretico o textus receptus, cioè sul testo ebraico delle nostre edizioni e sulla sua storia, abbastanza complessa. La parte del leone la fanno naturalmente i capitoli seguenti, dal secondo al quarto per la versione greca dei LXX e dal quinto al settimo, più l'ottavo di esemplificazione, per la letteratura targumica. Chiude il libro un capitoletto che, sulla base di quanto svolto fino a quel punto, enuncia i criteri che i curatori seguiranno nelle future presentazioni sinottiche dei testi biblici.
Ci sia consentito solo un paio di osservazioni critiche. Il libro, nella parte che riguarda la versione dei LXX, rappresenta quell'opinione abbastanza diffusa che esalta le qualità critiche del testo greco a disfavore del testo ebraico masoretico (TM). Non si studierà mai abbastanza quel fenomeno ricco e complesso, rappresentato dalla LXX, al fine di venire a capo nel possibile anche della questione del testo/i ebraico premasoretico. E tuttavia, come hanno magistralmente mostrato i curatori, la peculiarità delle metodiche adoperate dai traduttori in vari tempi e in varie condizioni socio-culturali e ideologiche (fatto non sufficientemente rilevato, nella involontaria presentazione generale dell'impresa come di un fenomeno unitario), invita al necessario vaglio del pur fondamentale testo greco di volta in volta indagato, talora realmente superiore al testo masoretico. Per valorizzare il fenomeno della LXX non si ha bisogno però di svalutare il TM, in un modo che stranamente risente, senza che i curatori lo vogliano, di una pregiudiziale confessionale. Ad un certo momento sembra addirittura che l'ebraico voluto dall'«antica alleanza», abbia quasi manomesso l'antico testo originale, a differenza della fedeltà mantenuta dalla «nuova alleanza», per polemica anticristiana... (pp. 33-34). Una maggior cautela critica che sappia scindere il puro piano scientifico da quello confessionale, non guasterebbe.
Un'altra osservazione, più che critica, direi, d'invito anche qui ad una prudenza metodologica, va fatta riguardo all'impiego della letteratura e delle metodiche rabbiniche, specialmente nel quarto capitolo, per spiegare la complessa fenomenologia testuale della LXX. La trattazione è magistrale ed interessante, tuttavia si assume come metro assoluto e modello scontato e sicuro un ambito la cui cristallizzazione scritta, certamente presupponente tradizioni molto antiche, è avvenuta però in epoca post-tannaitica, cioè molto dopo il 200 d.C. Se il ricorso a questo territorio può essere di valore insostituibile, se ne ricordi però anche la peculiarità storica e ideologica. D'altra parte, il rabbinismo, se proprio lo si vuole assumere al fianco della letteratura dei LXX è solo una parte di quel vasto pianeta ancora in buona parte inesplorato che è stato il giudaismo del Secondo Tempio, il quale ha una sua rappresentanza sempre più notevole in quella letteratura cosiddetta intertestamentaria, che oggigiorno viene sempre più e sempre meglio studiata.
Coronano questo agile quanto importante studio, che raccomandiamo vivamente, diversi indici e un'essenziale bibliografia. Da segnalare la prestigiosa prefazione del targumista Roger Le Déaut.
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