Nobile Marco ,
Recensione: Michael Fieger, Das Thomasevangelium. Einleitung, Kommentar und Systematìk ,
in
Antonianum, 67/2-3 (1992) p. 435-436
.
Un libro davvero sorprendente quello che si recensisce: il commentario ad un testo copto della Biblioteca gnostica di Nag Hammadi, presentato come dissertazione inaugurale alla facoltà teologica cattolica dell'università Ludwig Maximilian di Monaco nel 1988. Sorprendente, perché raro per un genere letterario qual è quello della dissertazione. Invece, qui si ha un lavoro di alto livello e soprattutto molto utile. Non che non si abbiano già un testo critico ed una sua traduzione, che sono quelli dell'«editio princeps» di A. Guillaumont, H.-C. Puech et alii, Das Evangelium nach Thomas (Koptisch-Deutsch) (Leiden 1959), né che si manchi di una vasta congerie di studi su questo documento gnostico notevole. Tuttavia, l'edizione del Vangelo di Tommaso, curata dal F. ha ugualmente una sua originalità: siamo di fronte ad un lavoro nitido, chiaro ed essenziale (sachlich, direbbero i tedeschi), che fa il punto della situazione attraverso una propria restituzione del testo copto, messo quando occorre in parallelo con i frammenti dei tre papiri di Ossirinco 1, 654 e 655, riportanti anch'essi in greco (ma non è la Vorlage) lo stesso Vangelo.
L'operazione del F. si conduce in tre fasi. Nella prima egli affronta con uno stile asciutto problemi introduttivi. Il Vangelo di Tommaso di Nag Hammadi è un testo gnostico scritto in copto, più precisamente in sahidico con elementi achmi-mici e subachmimici. Esso fa parte di uno dei tredici codici papiracei scoperti e si trova inserito nello stesso codice tra YApokriphon Johannis e il Vangelo di Filippo, l'Ipostasi degli Arconti e uno scritto senza titolo. Il Vangelo si compone di 114 detti di Gesù, circa una metà dei quali riscontrabili nella tradizione sinottica, mentre l'altra metà, ignota alle Scritture canoniche, offre spunti interessanti per l'identificazione gnostica del documento.
Come si è detto, nonostante i paralleli greci di Ossirinco, non si può affermare che essi siano l'originale, ma che, sia essi che il testo copto siano la traduzione di una Vorìage originale situabile nel territorio siriano, composta verso il II sec. d.C. Sia l'originale che le traduzioni sono il frutto di un processo di sviluppo redazionale ed editoriale; lo stesso redattore/redattori copto/i ha aggiunto di suo qualcosa che non doveva esservi nell'originale.Il Vangelo di Tommaso, intitolato a «Didimo Giuda Tommaso», uno dei discepoli del Signore, ha una sua originalità sia letteraria che teologica. Si è visto che esso riporta una buona dose di materiale tradizionale dai sinottici (e non indipendentemente da essi, secondo il F.), ma lo fa situandolo nella cornice della concezione gnostica su cui si regge la comunità di Tommaso che vi è dietro e il cui patrono sembra non aver nulla a che fare con l'omonimo apostolo.
Il testo, oltre che i sinottici, sembra riflettere qua e là anche il Vangelo di Giovanni, di cui ripropone addirittura alcune espressioni.
In realtà, nonostante questi prestiti e trovandoci solo di fronte ad una raccolta di detti, non è possibile situare il Vangelo in un quadro di riferimento storico, così che bisogna basarsi, per l'interpretazione, soprattutto su quei numerosi detti che richiamano elementi gnostici.
La seconda fase del lavoro del F., la più corposa e importante, è dedicata alla traduzione e al commento di ciascun detto. L'articolazione dell'analisi si compone di tre momenti. Il primo si aggancia al testo copto riportato e alla sua traduzione e consiste in un'analisi formale del detto. Il secondo momento consta di un'analisi di confronto con altra letteratura copta o con paralleli sinottici. Il terzo, infine, è dedicato all'interpretazione del brano. Un lavoro puntuale, essenziale e notevole. Essenziali (per non dire scarsi) anche i riferimenti bibliografici, nonostante la ricca promessa fatta nella presentazione del lavoro a pag. IX, ultimo capoverso.
La terza ed ultima fase dalla dissertazione offre, sempre nello stesso stile, alcune note sistematiche circa la soteriologia, l'antropologia e la cosmologia del Vangelo di Tommaso. Nonostante la fede in Gesù (mai chiamato Cristo) Salvatore, fatto carne, l'autore e la comunità del Vangelo non credono nel valore salvifico della vita storica di Cristo, della sua morte e della sua resurrezione. Cristo, uguale e uno (i termini sono interscambiabili) con il Padre, mai chiamato Dio, è il redentore divino o «uomo di luce», che è venuto a risvegliare nell'aspirante gnostico la coscienza dell'origine divina della sua anima o scintilla, caduta in questo mondo preda del corpo e della materialità. La salvezza è acquisibile solo attraverso l'interessato e per lui solo, non nell'ambito di una comunità ecclesiale. Acquisito però lo stato di gnostico, l'individuo ha un compito missionario, quello di risvegliare anche gli altri.
La visione gnostica che il Vangelo ha sia dell'uomo che del cosmo, com'è ormai deducibile, è fortemente segnata da un inconciliabile dualismo, che nega ogni valore al corpo e alla materia. Da qui anche un atteggiamento encratita, ses-suofobico, che, cosa strana ed interessante, vuole che le donne, rinunciando al concepimento, si facciano come uomini (un femminismo ante litteram?...). Una serie d'indici completa quest'opera felice.
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