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Recensione: Michal Heller - Józef Zycinshi, Dylematy ewolucji (Dilemmi dell'evoluzione)

 
 
 
Foto Olejnik Roman M. , Recensione: Michal Heller - Józef Zycinshi, Dylematy ewolucji (Dilemmi dell'evoluzione) , in Antonianum, 67/2-3 (1992) p. 451-453 .

L'estensione del termine «evoluzione» si allarga sempre piú. Nella teoría del-l'evoluzióne di Darwin questo termine significa una successione di cambiamenti che procedono dalle forme semplici di vita a quelle sempre piü complesse e diffe-renziate. Solo piü tardi si é notato che anche altre cose (natura, l'attivitá umana, la cultura, la scienza) vi sonó soggette.

Quest'opera, scritta a piú mani, presenta un tentativo di daré una risposta a varié domande: Quale é il concetto proprio di evoluzione? Appartiene aU'essenza dell'evoluzione il passare dal meno perfetto al piú perfetto? Ció che viene identi­fícate con il termine «evoluzione» é veramente l'evoluzione? Nello stesso tempo gli autori tentano di dimostrare, contro le vecchie opinioni, che né la teoria del­l'evoluzione degli esseri viventi, né i modelli che descrivono l'evoluzione dell'uni-verso sonó in contraddizione con la religione.

Gli autori hanno usato una forma interdisciplinare, favoriti dal fatto che il libro ha due o addirittura tre autori poiché il capitolo 12 «Problemi del moderno evoluzionismo» é stato scritto da un biologo. Vedere lo stesso problema da vari punti di vista determinati dalle specializzazioni scientifiche rende possibile la responsabilitá interdisciplinare (ognuno degli autori si assume la responsabilitá di ció che ha scritto, tuttavia tutti sonó responsabili per il fatto di aver deciso di pubblicare un libro insieme).

Gli autori analizzano anzitutto il concetto stesso di evoluzione. Soggetto del­l'evoluzione é un certo sistema che cambia in modo ordinato, passa dal meno per­fetto al piú perfetto, realizza le forme che nei precedenti stati del sistema non erano assolutamente presentí, e qualche volta sembra rivelare di tendere ad un fine. Gli autori awertono pero, che i concreti segni di certi sistemi variabili non costituiscono gli elementi costitutivi della definizione dell'evoluzione.

Nell'antichitá, l'inizio della filosofía europea fu dominata da due concezioni diametralmente opposte: da una parte la visione eraclitea del mondo (non c'é nulla di stabile, tutto é un continuo ed inarrestabile cambiamento), dall'altra, la visione di Parmenide della realtá (única, indivisibile, immutabile ed eterna). Alia fine nella cultura europea si impose l'opinione di Aristotele: l'immagine dell'uni-verso, con la Terra come centro, con il cielo visibile, con la luna, il sole e le stelle che giravano intorno alia Terra. In quest'universo soltanto gli elementi terrestri erano sottomessi ai cambiamenti, quelli celesti invece erano immutabili e giravano eternamente intorno alia Terra. Anche le specie delle piante e degli animali erano eterne; eterna infine era anche la specie dell'uomo. Nella visione aristotélica non c'era posto per l'evoluzione.

Nei primi secoli del cristianesimo incominciarono a sentirsi voci che awerti-vano e facevano notare la discrepanza tra il racconto bíblico e la visione dell'uni-verso approvata nei circoli delle persone colte. L'interpretazione allegorica dei testi biblici aiutava a superare queste difficoltá. Nei secoli posteriori il modello aristotélico dell'universo con le necessarie correzioni venne comunemente accet-tato. Quando Copernico pubblicó la sua rivoluzionaria teoria, il congedo dal mo­dello dell'universo di Aristotele risultó piú difficile che non la sua introduzione.

La teoria di Darwin, elaborata nei secólo scorso, trovó opposizione da parte di quelli che la consideravano una minaccia per la religione, ed accoglienza calo­rosa da parte di coloro che speravano di averia come arma nella lotta per la co-siddetta «concezione scientifica del mondo». Ancora oggi esistono awersari della teoria dell'evoluzione, ma i teologi, assicuratisi che non fosse contraria alia reli­gione, l'hanno accolta.

Gli autori di questo libro si occupano dei campi della realtá ai quali si appli-cava l'evoluzione dei cambiamenti, analizzando se ed in quale misura questi cam-biamenti abbiano realmente il carattere evoluzionistico, e se le conclusioni che hanno tratte (o almeno si aspettavano di trarre) quelli che attendevano dalla teo­ria dell'evoluzione la definitiva spiegazione del mistero dell'esistenza dell'uni­verso, siano giuste.

L'evoluzione dell'universo, a partiré dal momento che si puó chiamare il suo inizio, ossia dalla Grande Esplosione, non ha i segni di un processo che va verso uno stato piü perfetto. Né l'espansione dell'universo, che conduce al vuoto ed al ghiaccio, né il suo contrario owero il processo di condensamento dello stesso cosmo che, se un giorno dovesse accadere, condurrebbe ad un grado inimmagina-bile di densitá e di pressione, porterebbero l'universo ad uno stato che si potrebbe considerare piü perfetto. É indubitabile che l'esperienza del passare, che contem­poráneamente é anche un'esperienza del tempo (che a differenza delle altre di-mensioni dello spazio é diretto solamente in una direzione) condiziona i cambia­menti negli stati del sistema chiuso — l'universo sarebbe proprio un tale sistema — che causano Faumento della cosiddetta entropía. Giungere alio stato della su­prema entropía significherá per l'universo arrivare alia totale dispersione della energía, cioé al caos nei quale cesseranno i cambiamenti della energía su vasta scala. Poiché non si puó considerare questo stato come piú perfetto di quelli che l'hanno preceduto, allora non si puó affermare che l'evoluzione dell'universo con­duce a stati sempre piü perfetti. Del resto, nelle scienze naturali non ci sonó dei giudizi valutativi, perché il valore si misura secondo l'utilitá per raggiungere un certo fine, ed i metodi delle scienze naturali non sonó in grado di scoprire o con-fermare i fini. II fine si puó notare attraverso l'intuizione oppure la contempla-zione, ma non mediante l'esperimento o la misurazione.

La finalitá dell'universo appare come premessa nella particolare teoria sul principio antropico. I simpatizzanti di questa teoria accettano che la vita, quindi anche l'uomo, poteva cominciare ad esistere soltanto grazie al fatto che «i valori delle costanti fisiche sonó come sonó» nei nostro universo e che, con altri valori costanti piü appropriati alia realtá del mondo materiale, la vita non sarebbe po-tuta sorgere. Si puó almeno supporre che tra molti possibili cosmi ne é stato scelto proprio uno, affinché in esso potesse nascere l'uomo. Ma si puó parlare di piü o meno perfetto nei mondo degli esseri viventi? Eppure l'evoluzione parte dagli es-seri imperfetti e va a quelli piú perfetti, per arrivare infine alia specie homo sapiens. Ma dichiarare che uno é piü perfetto dell'altro ci puo ingannare. Possiamo forse considerare Fistinto delle api, formiche o termiti piü o meno perfetto del-l'intelletto umano quando esse hanno costruito impressionanti sistemi sociali, mentre il genere umano — nonostante gli sforzi — non ci é ancora riuscito?

Le opinioni sull'evoluzione hanno súbito anch'esse un processo evolutivo. All'inizio si salutava Pevoluzione come un annuncio della definitiva soluzíone del-l'enigma dell'universo, senza dover ricorrere alia finalitá ed al Creatore. Nei tempi piü recenti si é cominciato a vedere la necessitá di riferirsi alia finalitá e alia forza soprannaturale. La soluzione delPenigma dell'universo non puo consistere nell'affermazione di Alexander Oparin, autore della famosa teoría sulla vita: «Pi-nizio della vita é stato possibile grazie al fatto che l'evoluzione del cosmo viene retta dalla legge della dialettica». Un punto di vista diverso da Oparin é quello presentato da sir Julien Huxley, ñipóte di Thomas Huxley. Egli non condivide le illusioni del nonno che aspettava la piena spiegazione della natura dall'evoluzione delle scienze naturali. Sir Julien Huxley é arrivato alia conclusione che le scoperte scientifiche ci obbligano ad accorgerci del mistero dell'essere ed a capire che il mondo non é una macchina dalle necessarie determinazioni, ma «é una luce che ha in sé la vita spirituale» (Sir J. Huxley, Man in the Modern World, New York 1948, p. 7s).

Gli autori non possono tralasciare la considerazione della causalitá divina dell'universo. Don Michal Heller nei capitolo 14 presenta la concezione tradizio-nale della filosofía, e con essa anche quella della teología, sull'azione di Dio nei mondo. Iddio non é soltanto la causa della prima «Spinta» e non abbandona af-fatto la corsa dei cambiamenti nell'universo all'agire delle forze créate. Dio come la Prima Causa é continuamente presente nella sua opera. Ma la causalitá divina non ha niente a che fare con la casualitá delle cause naturali, sottomesse alie leggi della meccanica, física, chimica, biología. La causalitá della Prima Causa é irraggiungibile alie analisi delle scienze sperimentali e si nasconde dietro le azioni delle cause créate. L'agiré caúsale di Dio non annienta Pazione delle cause créate né le sostituisce. Esso é qualcosa che non siamo in grado di comprendere o spie-gare. Possiamo soltanto chiamarlo Pagire soprannaturale, trascendente, o in un altro modo, ma nominarlo non significa ancora spiegarlo.

In conclusione si puo affermare che Popera considerata é un insieme di saggi, scritti in una lingua semplice, fácilmente comprensibile da un vasto circolo di lettori che conosca un po' il linguaggio delle scienze naturali. Gli autori hanno preso in considerazione le opere di vari autori inglesi, tedeschi e francesi, sia vec-chi che piü recenti. Grazie a ció il lettore che desiderasse approfondire la sua co-noscenza in questo campo, trovera aiuto e indicazioni nei molti esempi e nelle varié considerazioni contenute in questo libro.

Mi congratulo con gli Autori di questa opera, fatta con scrupolositá scientifica, onestá ed umiltá, ed auguro loro che essa possa essere tradotta in varié lin-gue e diffusa in vari ambiti, alio scopo di sostenere il dialogo tra la vera scienza e la religione.