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Recensione: Martin Jan Mulder (ed.), Mikra. Text, Translatėon, Reading and Interpretation of the Hebrew Bible in Ancient Judaism and Early Christianity

 
 
 
Foto Nobile Marco , Recensione: Martin Jan Mulder (ed.), Mikra. Text, Translatėon, Reading and Interpretation of the Hebrew Bible in Ancient Judaism and Early Christianity , in Antonianum, 65/1 (1990) p. 105-106 .

La collana di cui si è parlato nella recensione precedente, si è arric­chita di un nuovo, ponderoso volume, che vuole fare il punto della situazione degli studi attorno al testo biblico (appunto Mikra), nella sua versione originale e nelle traduzioni, nell'ambiente antico-giudaico e in quello cristiano-primitivo. Questo volume, in particolare, offre le carat­teristiche che qualificano il progetto dei Compendia. Al lavoro vi vediamo studiosi ebrei e cristiani che, da un lato, compiono un'operazione ecu­menica, dall'altro, proprio perché autenticamente ecumenico, il loro ap­porto consiste in una informazione rigorosa ed aggiornata sui suddetti studi.

Apre l'opera una introduzione del curatore, MJ. Mulder, il quale orienta e spiega il senso del presente libro, precisando anche, contro voci come quella di G. Vermes, che non è affatto vero che l'operazione dei Compendia abbia come punto di partenza o come centro d'attenzione il Nuovo Testamento: in realtà, si vuole ricostruire insieme e scientìfica­mente una realtà della quale fanno parte sia gli ebrei che i cristiani. Se­gue il primo saggio di A. Demski e M. Bar-Ilani, che tratta argomenti preliminari e generali circa il testo sacro, nel perìodo biblico e in quello postbìblico o antico-giudaico. Tra l'altro, vengono affrontati anche i «realia» attinenti le Scritture. Nel secondo saggio R.T. Beckwith parla della formazione della Bibbia ebraica, mentre nel terzo, molto interes­sante, il Mulder tratta della trasmissione del testo biblico, argomento questo, insieme al precedente, estremamente importante come punto di partenza per la disposizione e l'esercizio metodologici.

Nel quarto studio, C. Perrot parla dell'uso della Scrittura nell'antica Sinagoga. Segue lo stimolante saggio di E. Tov sulla traduzione greca dei Settanta, il quale apre la serie degli studi seguenti sulle varie tra­duzioni: il Targum Samaritano (A. Tal); i Tarqumin giudaici (P.S. Ale­xander); la siriaca Peshitta dell'AT (P.B. Dirksen); le traduzioni latine (B. Kedar).

A questa serie di saggi, ne segue un'altra sull'uso, l'autorità e l'inter­pretazione delle Scritture ebraiche nel cosiddetto periodo intertestamen-tario, largamente inteso: rispettivamente, presso la comunità di Qumran (M. Fishbane); nella letteratura apocrifa e pseudoepigrafica (D. Dimant), nell'ambito della quale vi sono delle opere che per i cattolici sono cano­niche; presso Filone (Y. Amir) e Giuseppe Flavio (L.H. Feldman); nella letteratura giudaico-ellenistica minore (P.W. van der Horst); nella let­teratura rabbinica (R. Kasher) e nella tradizione samaritana (R. Boid); infine, nella letteratura gnostica. Come si può osservare, il panorama è ampio e le angolature rispettate.

Gli ultimi tre studi sono invece dedicati all'uso e all'interpretazione dell'AT nella Chiesa primitiva e nei Padri. Più precisamente, il primo riguarda il canone dell'AT nella Chiesa primitiva (E.E. Ellis); il secondo saggio l'interpretazione delle Scritture nel Nuovo Testamento (E.E. Ellis) e, infine, l'ultimo l'interpretazione che i Padri danno dell'AT (W. Horbury).

Una  ricca bibliografia  e  utili  indici  concludono  questo bel  volume.